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Il dono della vita è il nostro ‘talento’, segno della fiducia di Dio

PADRE, FIGLIO, MARE
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Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 26/08/22
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Dio è all'opera nel mondo lì dove ci sono degli uomini e delle donne che ragionano come ragionerebbe Dio e lo rendono presente in Sua assenza

Vangelo di sabato 27 agosto

Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.

(Matteo 25,14-30)

Questo versetto descrive alla perfezione la condizione della nostra vita: noi siamo i destinatari della fiducia di quest’uomo che dovendo assentarsi per un lungo periodo consegna i suoi beni ai suoi servi.

Infatti se ci guardiamo intorno non riusciamo a vedere Dio, eppure Egli è all’opera. Lo è perché vuole che noi che siamo consapevoli che la vita che abbiamo ricevuto è un dono suo, un talento messo nelle nostre mani, e che va gestito con la sua mentalità e non con la paura. Lì dove ci sono degli uomini e delle donne che ragionano come ragionerebbe Dio allora essi rendono presente Dio in Sua assenza. Ma se prende il sopravvento la paura ecco quali diventano i nostri ragionamenti:

Quest’uomo ha così vissuto tutta la sua vita in ostaggio della paura di perdere, gli altri invece nell’adrenalina di averla investita per qualcosa di grande. Sembra che Gesù voglia dirci: siete davvero miei discepoli quando ragionate da figli e non quando assumete l’atteggiamento dei servi. I figli osano, i servi nascondono. I figli gioiscono, i servi invidiano gioisce.  

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