9 anni di maltrattamenti
Una storia terribile arriva da Napoli, addirittura impossibile da immaginare. Grazie a una segnalazione gli assistenti sociali hanno tolto una bambina di 9 anni ai genitori che l'hanno maltratta fin dalla nascita.
Presa in cura dall'Ospedale Pediatrico Santobono di Napoli, sono emersi dettagli sconcertanti sulle condizioni di vita della piccola. Si ignorano, per ora, i motivi di tanta violenza da parte dei genitori che non le davano neppure da mangiare. Agli occhi del personale sanitario si è mostrato un corpo martoriato da botte, la bambina non può neppure stare sdraiata nel letto a causa di una grave deformazione alla colonna vertebrale.
Accudita dai fratelli
Le è stato dato il nome di Elsa, come la principessa di Frozen. Il ghiaccio c'entra con questa storia, come morsa di una violenza muta di pietà. E' una bambina che non parla, anche la voce sua voce sembra essersi congelata. Incapace di chiedere aiuto, l'unico punto di rottura di questa storia è la segnalazione che ha messo fine all'orrore e fatto intervenire i servizi sociali.
Ma le tante domande che questo caso ha sollevato nell'opinione pubblica riguardano anche questo dato: è una vittoria o una sconfitta? Possibile che ci siano stati 9 anni di silenzio, 9 anni di abusi taciuti e invisibili? Possibile che per uscire da certi inferni si debba sperare nella carità di una segnalazione?
Non è chiaro se la bambina sia nata disabile o lo sia diventata a causa delle percorsse e dei maltrattamenti. Si sa che accanto a lei c'erano altri 2 fratelli più piccoli. Da loro ha ricevuto attenzioni e cura, l'hanno nutrita con latte e biscotti. E anche questo è un tassello della storia che solleva domande. Perché l'accanimento dei genitori si è riversato su una figlia in particolare? Cosa hanno visto i fratelli di Elsa in questi anni?
La loro pietà nei confronti della sorella è un pertugio da cui arriva in soffio di stupore. L'hanno tenuta in vita con l'essenziale, bere e mangiare. Ed è evidemente un amore scritto nel fondo nel cuore dell'uomo, più a fondo di un'esperienza quotidiana del tradimento del bene. Cresciuti in una famiglia priva di affetti, capace di violenze e abusi, hanno vissuto da fratelli. Si sono guardati e accuditi a vicenda.
L'educazione dei genitori è una roccia fondamentale nella storia dei figli, e in questo caso ha procurato delle ferite che saranno dure da rimarginare. Ma desta stupore che nel deserto affettivo vissuto tra le mura di casa, un piccolo pozzo di bene reciproco è sorprendentemente stato scavato per la sopravivvenza.
Accolta dalla Casa di Matteo
Non appena questa storia è venuta alla luce, c'è stata una mobilitazione di soccorsi e aiuto.
Primo fra tutti si è mosso Luca Trapanese, assessore al Welfare del Comune di Napoli, che si è recato in visita all'ospedale dove era ricoverata Elsa insieme a Marco Caramanna, presidente della La Casa di Matteo. Ed è proprio in questa struttura che la bimba è stata trasferita.
Chiamarla struttura è, in effetti, riduttivo. La Casa di Matteo è una casa di accoglienza nata dalla storia di un bimbo abbandonato in ospedale, che è stato adottato e ha affrontato la battaglia con un brutto tumore. Da questa esperienza di dolore e cura è nata un'ipotesi di accoglienza e accompagnamento per bambini orfani, disabili e con malformazioni che richiedono assistenza continuativa. Ma è una casa in cui, sopratutto, si vive l'affetto di cui questi bambini hanno patito una profonda mancanza.
Ora Elsa è tra queste mura, accarezzata da mani amorevoli. Da qui un capitolo nuovo di vita è possibile, attraverso e oltre il dolore. In questi luoghi di cura degli ultimi e più fragili siamo certi che si custodisca un nutrimento indispensabile per tutta la comunità umana. Sono luoghi e storie che non sono in trend e non finiscono in prima pagina, parlano la lingua di una dedizione silenziosa e vissuta.
Se la casa dell'uomo traballa ma non crolla è perché esistono nel tessuto delle nostre città queste fondamenta robuste che si oppongono alla cultura dello scarto.
Per questo ci siamo messi in contatto con la Casa di Matteo, e siamo in attesa di potervi raccontare storie e testimonianze di chi, dentro la cornice di abbandono e disabilità, s'impegna per mettere a dimora il seme della speranza.