L'enciclica Humanae Vitae è infallibile o no? È questa la domanda affrontata da p. José Eduardo de Oliveira sulla sua rete sociale.
“Ci sono molte confusioni generate gratuitamente”, scrive il sacerdote. “Tentativi di disinformazione, molti dei quali per alzare un polverone, quando non per legittimare rotture inaccettabili dal punto di vista della fede cattolica.
Da ieri, varie persone mi chiedono se Papa San Paolo VI considerasse l'enciclica Humanæ vitæ infallibile. Hanno addotto le memorie dell'arcivescovo Lambruschini, in cui consta il registro per cui Papa Montini gli avrebbe detto che non aveva intenzione di impegnare il carisma dell'infallibilità nella questione.
L'approccio mi sembra apertamente fallace. Mi spiego.
È del tutto manifesto che l'ultimo Papa a impiegare il carisma dell'infallibilità in una definizione dogmatica sia stato Pio XII, quando ha proclamato il dogma dell'Assunzione, nel 1950. Da allora, non lo ha fatto alcun altro Papa.
È ad ogni modo un sofisma piuttosto sofisticato per chi non ha abilità logica o teologica: non è perché il Papa non ha usato il carisma dell'infallibilità in una dottrina che non può insegnare una dottrina in sé infallibile, ancor più quando, per la propria natura, questa dottrina non richiede il potere supremo del Pontefice per essere definita, potere che se venisse usato sarebbe abusivo e perfino illecito”.
Il sacerdote aggiunge che il dogma dell'infallibilità non ha bisogno di essere “azionato” ogni volta che la Chiesa proclama una dottrina che è già infallibile in sé.
“Ci sono molte dottrine infallibili che non sono state definite infallibilmente. Quando San Giovanni Paolo II ha scritto l'enciclica Evangelium vitæ, i teologi moralisti che lo hanno consigliato – di grande rigore teologico e morale – riferiscono della cura che ha avuto la Chiesa nell'usare il massimo grado di autorità papale necessario senza impegnarlo al di là di questo limite, sia per non oltraggiare il supremo potere magisteriale pontificio che per non offendere la ragione.
Ad esempio, quando San Giovanni Paolo II afferma: 'Con l'autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi - che a varie riprese hanno condannato l'aborto e che nella consultazione precedentemente citata, pur dispersi per il mondo, hanno unanimemente consentito circa questa dottrina - dichiaro che l'aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente' (Evangelium vitæ, 62), non sta usando la formula dell'infallibilità pontificia, ma sta insegnando nitidamente una verità infallibile e definitiva.
Perché Giovanni Paolo II non ha usato l'infallibilità per promulgare un insegnamento infallibile? Per un semplice motivo: le verità morali sono verità accessibili con il retto uso della ragione. Impegnare l'infallibilità, in questo caso, sarebbe come 'giurare su Dio' come mezzo per sostenere che 2+2=4, mutatis mutandis”.
P. José Eduardo prosegue:
“C'è un altro caso piuttosto interessante. Nel 1994, Giovanni Paolo II ha dichiarato: 'In virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa' (Ordinatio Sacerdotalis, n. 4).
In questo caso, anche se non si tratta di una verità meramente razionale, San Giovanni Paolo II non ha impiegato il carisma dell'infallibilità, perché questo sarebbe un abuso. Visto che l'ordinazione delle donne è del tutto inesistente nella Sacra Scrittura, nella Tradizione e nel Magistero, non è necessario dichiarare infallibile quella dottrina, anche se è definitiva e irriformabile. In questo modo, nessun Papa ha dichiarato ‘ex cathedra’ che Dio esiste o che esiste l'anima, verità del tutto infallibili”.
Circa il contenuto della Humanæ vitæ, il sacerdote ribadisce che è infallibile in sé:
“È ciò che si verifica con l'insegnamento della Humanæ vitæ. La sua infallibilità appartiene alla natura stessa dell'insegnamento, che è in piena consonanza con la dottrina cattolica di tutto i tempi, soprattutto con l'enciclica Casti conubii di Pio XI.
Quanto al nostro dovere di acconsentire fermamente a queste verità, la 'Professione di fedee' dice che dev'essere realizzata da tutti coloro che assumono uffici canonici: 'Credo pure con ferma fede tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o trasmessa' (§ 2).
Commentando questo passo, San Giovanni Paolo II afferma: 'È di massima importanza questo comma della Professione di fede, dal momento che indica le verità necessariamente connesse con la divina rivelazione. Queste verità, che nell’esplorazione della dottrina cattolica esprimono una particolare ispirazione dello Spirito di Dio per la comprensione più profonda della Chiesa di una qualche verità che riguarda la fede o i costumi, sono connesse sia per ragioni storiche sia come logica conseguenza' (Ad Tuendam Fidem, n. 3).
Nella Nota, la Congregazione per la Dottrina della Fede aggiunge: 'L'oggetto che viene insegnato con questa formula comprende tutte quelle dottrine attinenti al campo dogmatico o morale, che sono necessarie per custodire ed esporre fedelmente il deposito della fede, sebbene non siano state proposte dal magistero della Chiesa come formalmente rivelate. Tali dottrine possono essere definite in forma solenne dal Romano Pontefice quando parla « ex cathedra » o dal Collegio dei Vescovi radunato in concilio, oppure possono essere infallibilmente insegnate dal magistero ordinario e universale della Chiesa come “sententia definitive tenenda”. Ogni credente, pertanto, è tenuto a prestare a queste verità il suo assenso fermo e definitivo, fondato sulla fede nell'assistenza dello Spirito Santo al magistero della Chiesa, e sulla dottrina cattolica dell'infallibilità del magistero in queste materie. Chi le negasse, assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica e pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica'.
Siamo quindi in un campo sicuro e piuttosto chiaro. La dottrina cattolica sulla contraccezione è del tutto lucida e trasparente. Ed è 'definitive tenenda'”.