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Perché i magnati del web vietano gli smartphone ai propri figli?

FOTO CON STEVE JOBS CHE SORRIDE
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Umberto Macchi - pubblicato il 10/08/22
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Il problema dell’onnipresenza dei dispositivi in mano ai più giovani sta ormai dilagando velocemente. Secondo una ricerca dell’associazione Common Sense Media sulla popolazione americana, gli adolescenti trascorrono in media dalle 6 alle 8 ore davanti a uno schermo. E la cosa assurda è che il 45% dei teenager Usa è consapevole di essere dipendente dallo smartphone. Ma c’è qualcuno che tiene lontani i propri figli dalla dipendenza da smartphone e dai social: i creatori di questi dispositivi. Sì, avete letto bene: i manager della Silicon Valley insegnano ai loro figli a limitare drasticamente l’uso dei device.

Le contraddizioni dei pionieri del web

Steve Jobs, il fondatore di Apple, non permetteva alle figlie adolescenti di usare iPhone e iPad. Bill Gates, fondatore di Microsoft, non ha dato ai figli il cellulare prima dei quattordici anni e ha imposto regole ferree come il “coprifuoco digitale”. Satya Nadella, amministratore delegato di Microsoft, monitora i siti web visitati dai figli facendosi mandare rapporti settimanali sul loro uso. Sundar Pichai, amministratore delegato di Alphabet e Google, ha vietato lo smartphone ai due figli fino ai quattordici anni e ha limitato a poche ore al giorno la visione della tv. Chris Anderson, ex editore di Wired e amministratore delegato di 3D Robotics, ha imposto ai figli limiti di tempo e controlli su ogni dispositivo elettronico, oltre a bandire gli schermi dalla camera da letto fino a sedici anni. Evan Williams, co-fondatore di Twitter, Blogger e Medium, ai figli adolescenti compra libri non gadget tecnologici. Susan Wojcicki, Ceo di YouTube, ha autorizzato lo smartphone solo quando i suoi figli hanno cominciato a uscire da soli, ma li sequestra durante le vacanze.

E questi sono solo alcuni dei pionieri del web che, pur avendo contribuito a creare una realtà parallela online, hanno vietato ai loro figli di farne parte (almeno fino a un’età ragionevole e con limitazioni). I genitori della Silicon Valley arrivano a includere nei contratti con le babysitter dei loro figli (che spesso lavorano per il colosso online UrbanSitter) una clausola che vieta di utilizzare, per qualsiasi scopo, smartphone, tablet, computer e tv davanti ai bambini. Viene da chiedersi: che cos’è che questi pionieri del web sanno degli strumenti che promuovono che invece noi consumatori non sappiamo? Ma non è finita qui...

Scuole senza tecnologia

I manager della Silicon Valley non vietano (o limitano) i dispositivi tecnologici solo a casa: scelgono scuole che non sono affatto hi-tech. Se gli istituti pubblici americani che ospitano i figli delle classi medie e più povere diventano sempre più digitalizzati (elemento imprescindibile negli ultimi anni di Covid, affinché anche gli alunni più svantaggiati potessero seguire le lezioni da remoto), e Google/Apple cercano di piazzare sempre di più i loro software nelle scuole pubbliche, nella Silicon Valley e in altre aree abitate da dirigenti del settore tecnologico sono sempre più popolari le “Waldorf Schools”, scuole che promuovono l’approccio educativo sviluppato a partire dal 1919 da Rudolf Steiner: apprendimento attraverso attività ricreative e pratiche. In queste scuole, solo dalla terza media è possibile l’uso limitato di gadget tecnologici. Ma perché questa “guerra” alla tecnologia?

Che cosa dichiara l’Oms?

Probabilmente le scelte dei magnati della Silicon Valley seguono in modo più o meno diretto quello che da tempo cerca di farci capire l’Oms. Le linee guida ormai sono chiare a tutti, ma non tutti le seguono: per i bambini da zero a due anni c’è il divieto assoluto di stare davanti a uno schermo (tablet, tv o smartphone), dai due ai quattro anni non più di un’ora al giorno, dai sei ai dieci anni la soglia critica si ferma a due ore. A quanto pare, infatti, il tempo trascorso davanti allo schermo può danneggiare i bambini e indica correlazioni con sovrappeso, obesità, depressione, problemi di sviluppo motorio e cognitivo e di salute psico-sociale. Inoltre l’eccessiva esposizione ai dispositivi rischia di ledere la capacità di esprimere emozioni e comunicare efficacemente.

La tecnologia è neutra oppure no?

Come gli Stati Uniti, anche l’Italia punta sullo sviluppo digitale della scuola pubblica, cercando di trasformare le aule in ambienti di apprendimento connessi e digitali. Tuttavia, come ho detto spesso, bisognerebbe avere una responsabilità collettiva che consideri il concetto di educazione tecnologica alla stregua dell’educazione civica, ambientale e sessuale. I genitori dovrebbero avere più attenzione e spiegare ai piccolissimi come si usa la tecnologia, ponendo anche il giusto controllo. La scuola dovrebbe guidare sin dalla giovane età la persona adulta di domani all’utilizzo di determinati strumenti tecnologici, e le piattaforme dovrebbero predisporre una serie di strumenti per aiutare ad avere quel minimo di controllo sui propri figli e dare ai content creator degli strumenti per limitare l’accesso a un pubblico sotto una certa fascia d’età. Che la tecnologia sia o meno neutra, io credo che esistano tutti gli elementi per immaginare un futuro dove le tecnologie aiutano gli umani e dove il ruolo delle norme e dell’educazione ritornano a essere centrali per le future generazioni.

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