di Luigi Ballerini medico, esperto di educazione e scrittore per ragazzi
Arriva quasi per tutti noi genitori il momento in cui ci accorgiamo di non essere più gli unici confidenti dei nostri figli, e in qualche caso di non esserlo più del tutto.
Capita poi di accorgersi, come ha fatto la nostra lettrice, che questo ritiro della parola non è costante e diffuso, ma accade selettivamente con noi, tanto che altri adulti sanno della quotidianità dei nostri figli più di quanto pensiamo di sapere noi.
Come genitori, in questi casi ci troviamo di fronte a un bivio: essere dispiaciuti, preoccupati, delusi e arrabbiati, oppure vederne i lati positivi.
Innanzitutto, è incoraggiante che un ragazzo abbia scelto nel mondo degli adulti qualcuno di cui fidarsi e con cui parlare, sia egli un allenatore, come in questo caso, oppure un insegnante, un parente o un amico di famiglia.
Conviene non esserne gelosi: fintanto che l’adulto scelto è conosciuto e affidabile, è meglio considerarlo un alleato invece che un antagonista. A un certo punto, un figlio sceglie con chi parlare, le persone a cui aprire il suo cuore e può accadere un paradosso: proprio le persone che più gli vogliono bene, che più sono disposte a volerlo rendere contento sono quelle con cui diventa più difficile dialogare.
Accade spesso, perché iniziano a temere il nostro giudizio, ad aver paura di non piacerci, di non rappresentare il figlio che noi volevamo.
Per riprendere il flusso di parola è necessario anche per noi un passaggio: da «a mamma e papà si deve dire tutto», a «a mamma e papà si può dire tutto».
Più crescono, più dobbiamo accettare di non avere sotto controllo ogni aspetto della loro vita quotidiana, del resto è accaduto così anche nella nostra storia.
L’importante è che i figli abbiano la certezza che i genitori sono un reale punto di riferimento, che a loro ci si può rivolgere per le cose che contano davvero.
Con la loro crescita dobbiamo ammettere una progressiva e graduale perdita del controllo sulla quotidianità, così come accettare la crescente importanza dei loro pari, per entrare in una nuova prospettiva fatta di ascolto partecipato e tanta disponibilità quando ce n’è davvero bisogno.