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Il Papa e gli indigeni del Canada per costruire una «casa di riconciliazione» 

Pope Francis wearing a headdress Indigenous leaders at Muskwa Park in Maskwacis, Edmonton
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i.Media per Aleteia - pubblicato il 26/07/22
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La sera del 25 luglio Francesco ha incontrato membri della comunità parrocchiale del Sacro Cuore a Edmonton. Un momento importante.

«Ecco una casa per tutti, aperta e inclusiva, come deve essere la Chiesa», si è rallegrato papa Francesco la sera del 25 luglio 2022 salutando il dinamismo della comunità parrocchiale della chiesa del Sacro Cuore a Edmonton, luogo del suo secondo discorso in terra canadese. Questo luogo di culto, appena restaurato dopo un incendio divampato nel 2020, è da 30 anni la chiesa nazionale delle popolazioni autoctone del Canada, che possono esprimervi le loro tradizioni. Persone provenienti dalle Prime Nazioni, Meticci e Inuit animano la parrocchia insieme con dei non autoctoni e con immigrati da diversi Paesi. 

«Grazie a Dio – si è rallegrato il Papa dopo aver ascoltato un canto –, in parrocchie come questa, attraverso l’incontro, si costruiscono giorno dopo giorno le basi per la guarigione e la riconciliazione». Venuto sulle terre autoctone come «amico e pellegrino», il Papa è tornato a dire la propria pena in merito alla vicenda dei pensionati autoctoni amministrati dalla Chiesa cattolica, per il fatto che, «in nome di un’educazione che si supponeva cristiana», delle persone sono state spogliate «delle loro identità culturali e spirituali». 

E tuttavia il Papa ha invitato a guardare la Croce, 

Bisogna «guardare insieme Cristo, l’amore tradito e crocifisso per noi; guardare Gesù, crocifisso in tanti alunni delle scuole residenziali»: il papa argentino ha insistito nell’affermare che senza Gesù la riconciliazione è impossibile e illusoria. Cristo, «sulla croce riconcilia, rimette insieme ciò che sembrava impensabile e imperdonabile, abbraccia tutti e tutto». Il disegno di Dio, ha ricordato il Pontefice, è appunto «riconciliare tutto». 

Rivolgere lo sguardo a Gesù crocifisso 

Il Papa ha assicurato di comprendere le reticenze di quanti hanno vissuto profondi traumi. Tuttavia, per riconciliarsi 

Perché è proprio sull’albero della croce che il dolore si trasforma in amore, la morte in vita, la delusione in speranza, l’abbandono in comunione, la distanza in unità. La riconciliazione non è tanto un’opera nostra, è un regalo, è un dono che sgorga dal Crocifisso, è pace che viene dal Cuore di Gesù, è una grazia che va chiesta. La riconciliazione è una grazia che va chiesta.

Dobbiamo imparare dallo stile di Dio: 

Così viene delineato un programma per la Chiesa: 

Pope-Francis-at-the-Sacred-Heart-Church-of-the-First-Peoples-Indigenous-community-in-Edmonton-AFP

E vedendo che nella chiesa erano esposti i quattro pali di un tipì, sull’altare e sul tabernacolo, il Papa è tornato sul significato biblico della tenda: 

Al termine della celebrazione, il Papa ha ricevuto diversi doni dei parrocchiani. Dei bambini, a memoria degli antichi alunni dei pensionati autoctoni, gli hanno offerto delle piccole opere d’arte della loro cultura; una famiglia gli ha consegnato una via crucis in stile indigeno, nonché dei guanti e dei mocassini in cuoio; degli anziani Meticci e delle Prime Nazioni hanno donato al Papa una piuma di aquila decorata nonché un copricapo che esprime il calore, il conforto e il loro abbraccio. 

Prima di lasciare la chiesa, il Pontefice ha benedetto una statua abbigliata in abiti tradizionali rappresentante santa Kateri Tekakwitha, la prima autoctona ad essere stata canonizzata, nel 2012. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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