Lo spartito della vita sembra una cacofonia più che una sinfonia. Dissonanze più che armonie, silenzi più che suoni melodiosi.
Quando il tema è la musica, verrebbe da usare questo stile retorico. Ma non tiene. Le circostanze attuali della vita di Giovanni Allevi sono un gancio sinistro senza pietà. Lo scorso 18 giugno il musicista aveva annunciato di essere affetto da un mieloma. Sui social ha condiviso nelle scorse settimane tutta la fatica delle terapie a cui si sta sottoponendo. E nelle ultime ore si è appreso che sua sorella Maria Stella è stata trovata morta in casa ad Ascoli Piceno. Gli inquirenti ipotizzano un suicidio.
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La sorella Maria Stella, l'ipotesi del suicidio
Possibile che una malattia così brutta abbia un nome così dolce? Con questo sguardo paradossale Giovanni Allevi aveva annunciato a giugno la sua malattia, un mieloma (tumore che si sviluppa da alcune cellule del sangue che si trovano nel midollo osseo). Il suo orecchio non poteva non notare la contraddizione tra il suono e la realtà. Il vissuto ci catapulta in una presenza in cui il raccontarsela e l'addolcire i contorni a suon di frasi non vale più.
Ieri le circostanze si sono fatte ancora più amare e dure.
Appena letta la notizia, ammetto che mi è passata per la testa quella famosa domanda che conosciamo: ma perché sembra che in certi momenti il destino si accanisca su certe persone? E dietro il generico 'destino', confesso di aver pensato a Dio. Oggi vale per un musicista famoso come Allevi, ma nelle pieghe della vita quotidiana vale per tutti. Ci sono incroci di vita in cui le botte picchiano davvero duro. E la nostra anima urla il bisogno di legare in un disegno unitario di senso i frammenti dell'esperienza, soprattutto quando sembrano una collisione impietosa.
Poco si sa di Maria Stella, e ci mancherebbe. Era un'insegnante e viveva sola. Se l'ipotesi del suicidio fosse confermata, allora l'unico abbraccio che sentirei di far arrivare a Giovanni è una conferma ancora più tenace della sua battaglia col dolore della malattia, perché proprio nel fondo del buio si annida lo stupore e la gratitudine per la vita. Nessuno più di un'anima provata può essere amico di chi ha la tentazione di mollare l'avventura vertiginosa del vivere.
La malattia che diventa musica
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Dimagrito, prostrato, privo di quel suo sincero sorriso infantile. Così si è mostrato Giovanni Allevi al pubblico, condividendo il suo difficile percorso di cura. "Un dolore fisico a tratti insostenibile". Eppure.
Proprio in questo suo tempo sospeso, la musica non si è fermata. Anzi è stata inventata, nel senso etimologico di ritrovata. Nel pieno del patire, Allevi ha prestato ascolto a qualcosa di più staccato da terra, dalla prostrazione.
Questo è un vero esercizio di meraviglia. Perché la meraviglia non è quell'emozione dolce e leggera che ci fa spalancare la bocca. E' invece la battaglia a cui ci si deve costringere per vedere di più, più a fondo, dentro le circostanze passeggere che viviamo. A partire da questo esercizio musicale, Allevi sta componendo un brano che sia il racconto in musica della sua esperienza della malattia.
Dante ci ha mostrato che il Paradiso è musica, cori, canti. Forse lo abbiamo ridotto alla banalità del ragionamento: se sei in un posto in cui sei felice, è chiaro che canti e balli. E se la musica del Paradiso fosse invece il canto nato dentro le ferite di ogni uomo? Se una scheggia di Paradiso fosse già piantata dentro l'anima che patendo rivolge la voce in direzione opposta alla disperazione? Se i canti del Paradiso non fossero quelli dei felici e contenti, ma quelli di chi ha pregato per incontrare, abbracciare un'armonia dentro i silenzi profondi del vivere?
L'anima esiste?
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Eh sì, una scheggia di Paradiso qui c'è. E' l'eco - spesso non ascoltata - che c'è un'unità feconda nell'essere umano. Il corpo e l'anima. Se si può parlare di doni della malattia, questo è uno bello grande: il non sentirsi più frammentati, scissi, tra una parte terrena e una spirituale. Spesso noi riduciamo il terreno agli istinti sguinzagliati nelle azioni quotidiane e lo spirituale alle emozioni da cui siamo attraversati a mente assorta.
Invece c'è un'esperienza e c'è un destino, questa è l'unità che cantano in coro il corpo e l'anima. C'è un'allenza virtuosissima, tra il carnale che affonda le mani nella Creazione per arrivare al fondo delle cose e lo spirituale che affianca, soccorre e sostiene la sfacchinata del corpo nel calderone della vita.
Allevi dice 'energia magica', mi permetto di alzare la posta in gioco: è la somiglianza col Padre. Se dentro lo sconcerto del dolore sentiamo lo zoccolo duro di una voce che grida 'più in là' - direbbe Montale - è perché siamo figli di ha innestato nella realtà non tanto un lieto fine, ma la Resurrezione.