Franco Branciaroli, attore milanese classe 1947 con alle spalle cinquant’anni di carriera, quando parla di fede e credenti, pesa le parole come pochi. Per lui, che è anche un autorevole regista e drammaturgo, sono concetti profondi che devono essere compresi, prima di “aderire” ad essi: essere credenti o aver fede non sono “mode” o “stereotipi”. Branciaroli lo ha spiegato in un’intervista al settimanale Famiglia Cristiana.
Chi è il credente
L’attore sostiene che la parola “credente” va ben capita, prima che una persona possa definirsi tale. «Sono credente? Che parola complessa… Diciamo di sì. Lo scrittore Alberto Savinio, che era fratello di Giorgio de Chirico, diceva che senza Dio si finisce per ascoltare solo le chiacchiere dei vicini di appartamento. Il teatro deve far sentire questa voce. L’incarnazione di Dio in un uomo è una questione molto complicata».
I valori evangelici
Prosegue l’attore milanese: «Noi nasciamo tutti in un mondo forgiato dai valori cristiani. Anche liberté, égalité e fraternité sono valori evangelici. Alberto Moravia diceva che il cristianesimo ha vinto nei suoi valori, il problema della Fede è un altro: credere nell’incarnazione, la resurrezione del corpo, la vita eterna».
Cosa è la fede
La fede, secondo Branciaroli, «è un mistero, un tunnel dove non c’è nessuno che non vacilli. Qui entra in gioco la lotta con il demonio che ci seduce a non credere, a tirarci indietro, a mettere in dubbio tutto. Questa è la vita vera. Pensare all’epilogo e chiedersi: finirò anch’io o no? I greci dicevano di sì e quindi insegnavano a vivere con misura, senza hybris e colpi di testa».
Lo “smisurato”
Conclude l’attore: «Il cristianesimo con la Fede nella vita eterna spinge a cose enormi, allo smisurato. Se tu cancelli dall’orizzonte il fatto che sei finito, ti si allarga l’orizzonte, diventi audace e, in un certo senso, più pazzo» (Il Sussidiario, 3 luglio).