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I dipendenti di Meta non possono parlare di aborto al lavoro

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Annalisa Teggi - pubblicato il 30/06/22
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La compagnia ha confermato questa linea interna dopo la recente sentenza della Corte Suprema. Il tema dell'aborto è considerato il più divisivo e potrebbe creare un ambiente di lavoro ostile. O, forse, è il tema della vita che resta il più 'scandaloso'?

Non si può parlare rispettosamente di aborto

All'indomani della sentenza della Corte Suprema americana sull'aborto, si moltiplicano le reazioni gridate, ma c'è anche un fiume più sotterraneo di strane mosse che confermano quanto il tema della vita sia - inevitabilmente - capace di non lasciare in pace l'umanità.

E forse è una sana inquietudine. Meta, la compagnia di Mark Zuckerberg, è stata tra le prime a dichiarare pubblicamente che pagherà alle proprie dipendenti gli eventuali viaggi per andare ad abortire, qualora si trovino a risiedere in uno stato che lo impedisca.

Se questo è il volto pubblico della compagnia, granitico nel prendere posizione sul tema, a livello interno la situazione è diversa.

La vita, il tema più divisivo in assoluto

Workplace è una piattaforma in tutto simile a Facebook a disposizione dei dipendenti interni di Meta. Ed è in questo 'spazio' virtuale che ogni cenno all'aborto resta vietato. Sì, perché anche dopo la richiesta dei dipendenti di poter discutere tra colleghi sull'argomento - considerando il clamoroso impatto del ribaltamento della Roe vs Wade sugli Stati Uniti - il management di Meta ha risposto picche. Il tema resta tabù all'interno dell'ambiente lavorativo.

Ogni messaggio contenente qualcosa di relativo all'aborto viene cancellato dalla piattaforma.

E sia ben chiaro, per il bene dei lavoratori. La dichiarazione che segue risale allo scorso maggio, quando uscì un leak sulla sentenza della Corte Suprema. Vale tuttora.

L'ultima frase è un po' sibillina, ma il senso si capisce. Anche se i commenti a questa decisione interna di Meta vanno in altre direzioni, il punto sostanziale (poco notato) è molto chiaro. Ci sono argomenti controversi su cui si riesce a discutere rispettosamente (razzismo, immigrazione, armi, diritti LGBTQ). E poi c'è un argomento assolutamente 'incontenibile', che nasconde un campo minato in ogni parola: l'aborto, dicono loro. Ma è il grido della vita contenuto dentro le discussioni sull'aborto a deflagrare inevitabilmente al di là di una condotta rispettosa.

Che cosa intende poi Meta per 'rispettosa'? Quel genere di tolleranza che sfuma nella neutralità. In fondo hanno scoperto l'acqua calda, non si può essere neutrali sulla vita.

URODZIŁA PO PRZESZCZEPIE SERCA

Il bavaglio a chi l'hanno messo?

C'è il punto di vista della dirigenza Meta: discutere di aborto sul lavoro creerebbe un ambiente ostile, siamo premurosi verso i nostri dipendenti e non vogliamo che questo accada. Poi ci sono le reazioni prevalenti sui media: Meta è incoerente (sostiene le donne che vogliono abortire, ma silenzia i propri dipendenti); i pro-choice si lamentano del bavaglio imposto, vedono castrato il diritto di protesta alla sentenza della Corte Suprema.

Tertium datur.

In effetti sembrerebbe un'incoerenza quella di Meta. Perché ostentare che si pagheranno i viaggi alle donne che vogliono abortire e poi esculdere l'aborto come argomento di discussione interna? Invece potrebbe esserci un'ipotesi coerente dietro queste due azioni, coerente all'ideologia abortista. Ho tenuto questo scenario in fondo, perché è solo un'opinione personale. Una brezza leggera, forse inconsistente.

Riguardo al tema della 'conversazione rispettosa' verso tutti, sappiamo quanto possono essere aggressive certe strategie di tolleranza (la parabola del Metoo docet). Si dice rispetto, si legge silenzio imposto. Ma a chi? Considerando la scena generale, è proprio inverosimile immaginare che l'obiettivo di Meta possa essere quello di procurare un danno alla voce pro-aborto.

La vita che esplode nel Metaverso

Ricordo un appunto che fece l'avvocato Massimo Micaletti durante un'intervista. Erano i giorni in cui commentavamo la notizia sulla possibilità di abortire fino al nono mese di gravidanza nello stato di New York. Mi disse che, al di là della propaganda urlata, negli Stati Uniti - a livello di popolo - c'era una grossa perplessità sull'aborto sempre più indiscriminato.

C'era, insomma, una consistente voce americana sempre più attenta alla difesa della vita.

Mi chiedo se sia questa voce la vera fonte di preoccupazione nel regno di Zuckerberg?

Ecco. E se il timore di Meta fosse quello che proprio lì, nella fucina del confronto quotidiano sul lavoro, uscissero i vagiti di una coscienza non più così graniticamente allineata al disegno abortista? Cosa può nascere da una coscienza liberamente innescata, anche tra persone con visioni divergenti? Inciderebbe sullo sguardo creativo e morale dei dipendenti Meta?

Una compagnia che ci spinge sempre di più nel recinto del Metaverso e della virtualità non corre forse un grosso pericolo nel lasciare che nei suoi uffici esploda il tema della vita che nasce, che rischia di non vedere la luce e la realtà?

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