Nel Vangelo di Matteo, Gesù ci lascia un insegnamento: “Chiedete e vi sarà dato” (Matteo 7, 7). Se vogliamo qualcosa da Dio, quindi, dobbiamo chiedere. E Gesù ha rafforzato l'importanza della perseveranza nella preghiera nella parabola del giudice iniquo (Luca 18, 1-8).
In questa parobola, si parla di un giudice che non temeva Dio e non rispettava le persone. Una vedova che viveva nella stessa città insisteva con il giudice perché le facesse giustizia contro un avversario. Per molto tempo il giudice rifiuta, ma nonostante i dinieghi la vedova continua ha insistere, finché il giudice pensa: “Benché io non tema Dio e non abbia rispetto per nessuno, pure, poiché questa vedova continua a importunarmi, le renderò giustizia, perché, venendo a insistere, non finisca per rompermi la testa” (v. 4-5).
Nella sequenza evangelica, Gesù completa: “Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti?” (v. 7).
La nostra preghiera deve quindi essere perseverante. Dio, nostro Padre, conosce le nostre necessità ancor prima che Gli presentiamo le nostre richieste.
Ma se Dio sa di cosa abbiamo bisogno, perché dobbiamo pregare?
Perché Dio ci invita a farlo. È nella preghiera che il nostro cuore si avvicina al cielo. Attraverso la nostra preghiera, riusciamo ad avere una vita di intimità con Dio, un vero rapporto personale.
Nella Prima Lettera ai Tessalonicesi, San Paolo ci dice: “Non cessate mai di pregare; 18 in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1 Tessalonicesi 5, 17-18).
Cerchiamo di intensificare la nostrra preghiera, la nostra conversazione con Dio. È con fede e perseveranza che riceviamo la grazia che chiediamo a Dio. Gesù ci ha promesso: “Tutte le cose che voi domanderete pregando, credete che le avete ricevute, e voi le otterrete” (Marco 11, 24).