Quando troviamo delle chiusure, dobbiamo volgerci a fare il bene altrove, senza recriminazioni. Così Gesù ci aiuta a essere persone serene, contente del bene compiuto e che non cercano le approvazioni umane.
È questo l’insegnamento che Francesco offre all’Angelus in piazza San Pietro - dove sono radunati circa 20mila fedeli-, commentando il Vangelo domenicale. Avendo preso la “ferma decisione” di recarsi a Gerusalemme, dove sa che “lo attendono il rifiuto e la morte”, Gesù manda dei messaggeri a precederlo. Un villaggio di samaritani, lungo la strada, rifiuta di accoglierlo proprio perché diretto a Gerusalemme, città avversaria. Sdegnati, gli apostoli Giacomo e Giovanni, suggeriscono al Maestro “di punire quella gente facendo scendere un fuoco dal cielo”. Vorrebbero coinvolgerlo “nel loro desiderio di vendetta”, ma Gesù non accetta la proposta, li rimprovera e prosegue il suo cammino. “Il ‘fuoco’ che Lui è venuto a portare sulla terra è l’Amore misericordioso del Padre”, spiega il Papa, "e per far crescere questo fuoco ci vuole pazienza, ci vuole costanza, ci vuole spirito penitenziale". Invece Giacomo e Giovanni “si lasciano prendere dall’ira”.
Questo capita anche a noi, quando, pur facendo del bene, magari con sacrificio, anziché accoglienza troviamo una porta chiusa. Viene allora la rabbia: tentiamo perfino di coinvolgere Dio stesso, minacciando castighi celesti. Gesù invece percorre un’altra via. Non la via della rabbia.
La forza del dominio interiore
La ferma decisione di Cristo, quella stessa che anche noi dovremmo avere per essere suoi discepoli, "cristiani decisi", non "cristiani all'acqua di rosa", “implica calma, pazienza, longanimità”, che non significa, afferma il Pontefice, allentare “l’impegno nel fare il bene”. “Questo modo di essere non denota debolezza - aggiunge Francesco - ma, al contrario, una grande forza interiore”. Perché, se “lasciarsi prendere dalla rabbia nelle contrarietà è facile” ed istintivo, “ciò che è difficile invece è dominarsi”. Quello che, in pratica, fa Gesù mettendosi in cammino verso un altro villaggio.
Fare il bene con fermezza nelle difficoltà
L’atteggiamento di Cristo è lo spunto, per il Papa, per proporre delle riflessioni: e noi, “davanti alle contrarietà, alle incomprensioni, ci rivolgiamo al Signore” chiedendogli “la sua fermezza nel fare il bene?”. Oppure cerchiamo conferme o approvazioni e se non ne riceviamo finiamo con l’essere aspri e rancorosi?
Dobbiamo fare il bene per il servizio e non cercare gli applausi. A volte pensiamo che il nostro fervore sia dovuto al senso di giustizia per una buona causa, ma in realtà il più delle volte non è altro che orgoglio, unito a debolezza, suscettibilità e impazienza. Chiediamo allora a Gesù la forza di essere come Lui, di seguirlo con ferma decisione in questa strada di servizio. Di non essere vendicativi, non essere intolleranti quando si presentano difficoltà, quando ci spendiamo per il bene e gli altri non lo capiscono. Anche quando ci squalificano. No. Silenzio e avanti.
Al termine della preghiera mariana, Francesco rivolge il suo pensiero all'Ecuador dove imperversano le proteste da parte del movimento indigeno, ed esprime poi la sua vicinanza ai familiari e alle consorelle di suor Luisa dell'Orto, piccola sorella del Vangelo, uccisa ieri ad Haiti. Infine il Papa ricorda ancora l'Ucraina ed invita a non dimenticare il popolo afflitto dalla guerra.