Sposata, madre di tre figli, Stéphanie Combe abita in Borgogna, vicino a Chalon-sur-Saône, in campagna. Giornalista per Famille Chrétienne e poi per La Vie, osserva che non è facile, per i genitori (anche se molto impegnati sul piano della fede), pregare insieme per i loro figli. Eppure è convinta della potenza di questa preghiera e ne esplora tutti i beneficî della sua ultima pubblicazione La puissance de la prière des parents (Salvator). L’abbiamo intervistata.
Caroline Moulinet: Lei scrive della preghiera dei genitori per i loro figli, e più specificamente di una preghiera fatta insieme dai genitori per i figli. Che dire di questa preghiera di coppia?
Stéphanie Combe: Volevo soprattutto trattare, nel mio libro, la potenza della preghiera comune dei genitori. Non solo di ogni genitore che individualmente prega per i suoi figli. C’è una forza speciale, nel sacramento del matrimonio, che conferisce particolare potenza alla preghiera comune. Anche se per tante ragioni resta difficile.
C. M.: Allora come fare per pregare in coppia?
S. C.: Non lo si dice abbastanza: a pregare si impara! Fin dalla preparazione al matrimonio, bisognerebbe sottolineare l’importanza di pregare in coppia. Già la preghiera in generale non ha questo gran posto nelle nostre frenetiche tabelle di marcia, ma questo è ancora più vero per la preghiera di coppia.
Il mio primo consiglio è di ampliare i modi di preghiera: la coppia può ritrovarsi paralizzata se per uno dei due non c’è salvezza fuori dal Rosario e per l’altro solo la lode è una preghiera accessibile. La coppia è invitata ad aprirsi alle possibilità, ad esplorare le maniere di rispondere a Dio. Come con i linguaggi dell’amore di Gary Chapman, i quali mostrano che ci sono diverse maniere di mostrare il proprio amore in coppia, ci sono anche diverse maniere di parlare a Dio e di dimostrargli il nostro amore.
Il mio secondo consiglio è di tenere ben presente che a pregare si impara, e questo significa che certe volte è noioso e ripetitivo. Ne ho parlato con una coppia fantastica, che porta molti frutti, e mi dicono che ci hanno messo vent’anni a riuscire a pregare in coppia. Soprattutto non bisogna fare paragoni o pensare che altri facciano meglio.
Donde il mio terzo consiglio: cominciare piano piano. Ad esempio darsi la mano e pregare un Padre Nostro e un’Ave Maria. Insieme, con costanza. Papa Francesco parla di una disciplina della preghiera. Le frasi lanciate verso Dio, come le orazioni giaculatorie, sono buone, ma dipendono da come ci sentiamo. Bisogna darsi un tempo di preghiera indipendente dai nostri stati d’animo: è una decisione da prendere. Prendendo questa decisione, in due, ci si deve poi attenere ad essa, richiamandosi a vicenda all’appuntamento preso con Dio. Questa perseveranza, quali che siano le prove della vita, ha una grande fecondità.
C. M.: Quali sono i frutti di questa perseveranza nella preghiera di coppia?
S. C.: L’unità della coppia! Gli sposi non diventeranno perfetti: ci sarà chi si snerverà per l’insolenza e chi per le scarpe slacciate, ma la preghiera permette agli sposi di porsi sotto lo sguardo di Dio. Dev’essere questo lo scopo delle nostre giornate: essere una lode a Dio e ricordarci che Egli è là. Sennò, nel turbinio del quotidiano, è un attimo che ce lo scordiamo. E i bambini ricevono il beneficio dell’unione dei genitori.
Alle giovani coppie che hanno le notti spezzettate voglio dire che la vita è lunga, che nella vita c’è tempo, che non bisogna scoraggiarsi. Un giorno ci saranno lunghe notti riposanti e niente ritardi a scuola: queste sono cose che passano, e anche piuttosto in fretta. Cinque, sette anni sul metro di una vita non è gran cosa. Per cominciare basta una mini-preghiera.
C. M.: Perché pregare per i propri figli?
S. C.: Con il battesimo, i genitori si impegnano ad educare i figli nella fede e a custodire i comandamenti di Dio. Il nostro amore di Dio si manifesta nell’unione con Lui, e dunque nella preghiera. La preghiera è multiforme: le ripetizioni liturgiche come quelle che si fanno in chiesa, la lode spontanea, le orazioni giaculatorie, la lectio divina… sono tutti altrettanti modi per imparare. Ci sono per esempio dei campi ignaziani per la lectio divina: si comincia invocando lo Spirito, perché è Lui che prega in noi, in risposta all’amore del Padre, e poi si legge la Parola; si immaginano i dettagli, si utilizzano i sensi, lentamente, e si ripete frase dopo frase. Auguro a tutti di fare l’esperienza magnifica di quando una frase balza all’anima in 3D, come una strada che si apre apposta per noi.
C. M.: Che cosa si può chiedere per i figli?
S. C.: La preghiera è uno scambio, quindi ci si può mettere tutto. È bene cominciare con un rendimento di grazie per i propri figli, anche quando c’è dello stress e la situazione non va bene. Si affida un figlio che affronta la maturità, che ha amicizie sospette o che sta soffrendo. L’azione di grazie è un atto di fede, è credere che lo Spirito ricevuto dai figli nel battesimo e nella confermazione agisce in loro indipendentemente dai genitori. Il Signore non lascia cadere i suoi figli, anche se il figlio ha l’aria smarrita. L’azione di grazie cambia lo stato d’animo dei genitori e lo sguardo che portano sul figlio: restituisce speranza. Il figlio avverte l’inquietudine dei genitori, e questo gli crea un peso di cui non ha bisogno. Al contrario, egli ha bisogno di fiducia e di un sostegno incondizionato. I genitori sono solo dei depositarî, è Dio ad essere Padre e Madre per eccellenza.
Talvolta i figli fanno scelte che per i genitori sono delle crocifissioni: a quel punto i genitori diventano specialisti in intercessioni. Bisogna domandare che i figli abbiano buoni amici, che superino i loro esami. I genitori non possono non chiedere questo: fa parte della vita di tutti i giorni, nella quale i genitori sperano il meglio per i figli. Davanti alla prova, poi, i genitori crescono: non possono esonerare i figli dalle difficoltà della vita, dalla ripulsa, dall’esclusione, dai brutti voti, dalle umiliazioni, dalle malattie, dalla sofferenza.
C. M.: Come reagire quando i figli fanno scelte dubbie?
S. C.: Se i genitori vedono che le scelte del figlio non sono buone per lui, toccano con mano la propria impotenza. È l’impotenza di Dio stesso: nella sua follia, Dio ha voluto che l’uomo fosse libero, che abbia la possibilità di rifiutarLo. I genitori ne sono vittime e fanno esperienza analoga: non possono scegliere per il loro figlio, anche se la scelta che questi fa non è buona e porta sulla via della morte. Come Dio, il genitore è allora impotente e la sua sofferenza è muta. I figli sanno in cosa credono i genitori, non sono certo sciocchi, e i genitori devono accettare che ogni essere è libero: devono continuare a pregare e a offrire sacrifici, come il digiuno, per i loro figli.
C. M.: Digiunare per i figli?
S. C.: I cattolici hanno sofferto di Giansenismo, e cose come digiuni e sacrifici sembrano desueti, nella nostra società moderna, che propone il benessere e il consumo. Fortunatamente i nostri fratelli protestanti ci ricordano l’importanza del digiuno e dei sacrifici. Questo rende i genitori attivi nella preghiera per i figli. Il re Davide è un esempio meraviglioso: prega, digiuna per intercedere per il figlio, e quando la vita del figlio è tolta dal Signore Davide non si dispera e riprende il corso della sua vita. Non resta contristato, al contrario ha totale fiducia in Dio.
Allo stesso modo, il figlio può fare il suo cammino: i genitori devono sforzarsi di continuare a crederlo. C’è in questo una dimensione profetica: il digiuno può riportare il figlio indietro dalla delinquenza, dalle dipendenze, da una sessualità disordinata, e il figlio tornerà più forte. Costaterà l’amarezza derivata dalle scelte passate e, quando tornerà, diverrà testimone e profeta per gli altri. Dio si serve di tutto! I nostri figli prodighi torneranno con un supplemento d’anima. Certo, da genitori non ci auguriamo queste sofferenze per i nostri figli, ma bisogna avere fiducia nella Misericordia…
C. M.: Lei parla di “pregare incessantemente”: come lo si può fare, nella vita frenetica di oggi?
S. C.: La preghiera è essere uniti a Dio. Dunque è cosa buona raccogliersi in adorazione davanti al Santissimo Sacramento, ma anche unirsi a Dio mentre si stira, quando si fa una corsa o anche, semplicemente, avere presente al cuore la presenza stessa di Dio. La società ci spinge oltre noi stessi: veniamo dissipati dai social network, dalla televisione, e invece Dio è nel cuore di noi stessi. Avere coscienza della presenza di Dio, del suo sguardo su di noi, e del fatto che tutto può essere vissuto con Lui, questo è pregare incessantemente.
Ogni minuto può essere santificato. Non bisogna attestarsi al cliché monastico della religiosa in estasi nella cappellino: anche i religiosi curano il giardino e puliscono le verdure. Pregare incessantemente significa restare alla presenza di Dio. Lo si vive in modo modesto e imperfetto quaggiù, ma è un inizio, e questo unisce tutti i genitori nella Chiesa universale. Molti genitori vivono le medesime cose, nel quotidiano, e la preghiera fa entrare nella comunione della Chiesa, anche con i defunti – insomma è un’incessante osmosi fra Cielo e terra.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]