“Il Governo ha completamente fallito con noi; è l’assenza di un buon Governo che sta provocando questo. Banditi, Boko Haram, sequestri, sono tutti sintomi di ingiustizia, della corruzione del sistema. Se non arriviamo alla radice della questione, la battaglia è già perduta”. Sono queste le parole di rivolta, ma anche di rassegnazione, pronunciate da monsignor Matthew Man-Oso Ndagoso, arcivescovo di Kaduna, in Nigeria, durante una conferenza online promossa dalla Fundação AIS Internacional.
Queste parole hanno acquisito un senso speciale dopo il brutale attacco contro la chiesa di San Francesco Saverio il 5 giugno, Domenica di Pentecoste, quando degli uomini armati hanno fatto irruzione nel tempio, situato nella località di Owo, nello Stato di Ondo, durante la celebrazione della Messa, sparando in modo indiscriminato e provocando almeno 50 vittime tra i fedeli.
L'attacco illustra purtroppo molto bene il clima di violenza e terrore che si vive in Nigeria, che non risparmia niente e nessuno, neanche le chiese, come luoghi di adorazione.
“Nessuno è al sicuro a casa sua, in strada, nemmeno in aria! Due mesi fa, i malviventi hanno attaccato un aereo sulla pista di Kaduna, e per quasi due mesi non abbiamo avuto voli...”, ha spiegato il presule a giornalisti di diversi Paesi e a membri della fondazione pontificia che hanno accompagnato la conferenza stampa.
Quando si parla di Nigeria e di violenza, c'è un nome che spicca: quello di Boko Haram, il gruppo jihadista che cerca di istituire un califfato nella regione nord-orientale del Paese.
Terrorismo
La questione è tuttavia più complessa. La Nigeria affronta molti problemi collegati alla violenza. Oltre ai terroristi di Boko Haram, c'è l'azione sempre più aggressiva dei pastori nomadi Fulani, e già da qualche tempo situazioni sempre più frequenti di rapimento di persone per il pagamento di un riscatto. Ciò significa che la violenza si è trasformata anche in un business.
“Negli ultimi 14 anni, la Nazione ha lottato contro Boko Haram, soprattutto nel Nord-Est. Mentre affrontavamo questo, abbiamo avuto la questione del banditismo, e mentre affrontavamo quest'ultimo ci sono stati i rapimenti per chiedere un riscatto, situazione che sta diventando sempre più diffusa. E mentre lottiamo con tutto questo, c'è il vecchio conflitto con i pastori Fulani...”
In pochi secondi, monsignor Ndagoso ha descritto così la tragedia in cui è immerso il Paese.
La Nigeria, il Paese più popoloso dell'Africa, è sensibilmente diviso tra cristiani e musulmani. I cristiani vivono principalmente al Sud, i musulmani al Nord. I pastori nomadi Fulani sono perlopiù musulmani, e sono diventati sempre più violenti nei confronti degli agricoltori cristiani.
Non si deve però guardare questa realtà e semplificarla cercando di vedere conflitti religiosi in tutto.
C'è anche una forte componente di banditismo, nella fattispecie nella questione dei rapimenti e del business in cui si è trasformato il pagamento dei riscatti. La Chiesa è al centro anche di questa ondata di sequestri violenti, che a volte culminano in modo drammatico con la morte delle persone rapite.
Il vescovo ha spiegato che questo è uno dei problemi più grandi che la Chiesa affronta oggi in Nigeria: “Negli ultimi tre anni, sette dei miei sacerdoti sono stati rapiti, due sono stati uccisi e uno è nelle mani dei sequestratori da tre anni e due mesi. Quattro sono stati liberati. Erano 50 nella mia parrocchia. I sacerdoti non possono rimanere nella loro canonica, perché sono un bersaglio, sono visti come una fonte facile di denaro per il riscatto. Non posso effettuare visite pastorali come faccio normalmente, i sacerdoti non possono andare nei villaggi e celebrare le Messe. Le persone non possono andare nelle loro fattorie, e quindi non possono nutrirsi. Con questa insicurezza, la gente ha carenze anche a livello di sacramenti”.
Persecuzione
Se i cristiani si possono sentire insicuri in tutto il Paese, in realtà è nella regione settentrionale che la minaccia è più reale e più sentita nella vita di tutti i giorni. E il Governo ha una chiara responsabilità in questa situazione.
“La persecuzione religiosa nel Nord è sistematica”, dice il vescovo. “Per praticare liberamente la religione dev'essere possibile predicare in qualsiasi luogo. E questo al Nord non è possibile. Non si può costruire una chiesa. Anche comprando il terreno, non si può ottenere un'autorizzazione di occupazione, e quindi non si può costruire”, denuncia monsignor Ndagoso.
Non è solo dalla mancanza di autorizzazione a costruire chiese che si nota la discriminazione governativa nei confronti dei cristiani, perché la situazione è critica anche nel campo dell'istruzione.
“In molti di questi Stati, le autorità non permettono di insegnare il cristianesimo, ma il Governo impiega e paga gli imam per dare lezioni nelle scuole. Tutti gli anni il budget prevede del denaro per costruire moschee, ma non permettono di costruire chiese. Se si costruisce una chiesa senza il permesso, il Governo può abbatterla. È questo che viviamo. È una questione seria. Vogliamo che il nostro Governo si responsabilizzi, che le persone vengano trattate in modo uguale”, ha aggiunto l'arcivescovo di Kaduna.