di Caterina Allegro
in collaborazione con la dottoressa Roberta Rossi responsabile dell’Unità di Psichiatria
dell’Istituto di ricovero e cura San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia
Il disturbo bipolare: come si presenta
Una vita che, come, un quadro di Caravaggio, si colora di luci intense e ombre cupissime,
quasi senza preavviso. Costantemente in bilico sulle onde delle emozioni, intense e spesso improvvise, chi soffre di Disturbo borderline è come sulle montagne russe – nella disperazione, nella rabbia, nel vortice dell’impulsività che tutto distrugge.
E sulle montagne russe sono coloro che vivono accanto ai “border”, attanagliati dall’angoscia che, in un istante, tutto possa cambiare, per un semplice gesto, una parola, uno sguardo sbagliato.
«È come camminare sulle uova», dicono i famigliari dei pazienti alla dottoressa Roberta Rossi, responsabile dell’Unità di Psichiatria dell’Istituto di ricovero e cura San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, che da molti anni dedica risorse, competenze e una nutrita attività di ricerca a questa patologia.
La difficoltà di regolare le emozioni
«Lo stereotipo del paziente borderline è quello di una persona “sempre arrabbiata”», esordisce la psicoterapeuta, «questo perché, in effetti, uno dei sintomi più evidenti del disturbo è proprio la difficoltà a regolare le emozioni, specie se negative.
Questi pazienti presentano una forte ipersensibilità interpersonale, e vivono nel timore del rifiuto e dell’abbandono: basta un piccolo stimolo da parte dell’altro per provocare un’attivazione emotiva che va dall’angoscia, all’ansia al vero e proprio terrore».
Sintomi e comportamenti
Tutto ciò si traduce in una forte impulsività, in frequenti sbalzi d’umore, con rapidi passaggi da uno stato mentale all’altro, e nell’incapacità di modulare la rabbia, che esplode o al contrario viene totalmente inibita, così come avviene per ogni emozione.
«Inoltre, è molto comune che i pazienti borderline abusino di sostanze, si abbuffino di cibo e commettano atti di autolesionismo», prosegue la dottoressa. «Sono tutti tentativi di mitigare la sofferenza che li attanaglia»
Diagnosi precoce
Come per la maggior parte dei disturbi di personalità, l’esordio dei sintomi di solito in adolescenza. «In questa fase, però, non è facile che la patologia venga riconosciuta», spiega la dottoressa Rossi.
«Da parte dei genitori c’è una reticenza legata allo stigma della malattia mentale e al timore di “marcare” i propri figli; inoltre, fino a qualche anno fa, anche i medici preferivano evitare di pronunciarsi su diagnosi psichiatriche prima dei diciott’anni, nella convinzione che la personalità di un adolescente fosse ancora da considerarsi “in divenire” ».
Prevenzione e strategie
Tuttavia, ci sono dei casi in cui i sintomi del Disturbo borderline sono chiari già a 12-13 anni, e allora diagnosticarlo in fase precoce diventa molto importante: solo così, infatti, è possibile cominciare un trattamento mirato e scardinare sul nascere alcuni circoli viziosi, che nel tempo, tendono a sedimentarsi e amplificarsi.
«Se non so modulare le mie emozioni e nessuno m’insegna come fare, cercherò le mie strategie per gestirmi, con il rischio di ricorrere a metodi disfunzionali che sul momento magari riescono a calmarmi, ma poi peggiorano le cose. È il caso per esempio ell’autolesionismo – provocarsi tagli e bruciature è molto comune in questi pazienti – o dell’abuso di cibo e di sostanze.
Invertire la tendenza, spezzare circoli viziosi
Se invece già in adolescenza si cominciano a insegnare le giuste strategie, è più semplice impararle e farle proprie, innescando una positiva inversione di tendenza. Al contrario, senza una diagnosi precisa, i ragazzi rischiano di ricevere trattamenti generalisti e inadeguati».
La psicoterapia è l'approccio più efficace
Dunque, un modo di “curare” questa patologia esiste:
«Si tratta dell’unico disturbo psichiatrico ad avere come trattamento di prima scelta la psicoterapia: nel tempo, infatti, è stata sviluppata una gamma molto ampia di interventi evidence based che possono essere utilizzati con efficacia comprovata».
Purtroppo, nonostante le linee guida siano molto chiare, i pazienti borderline vengono ancora troppo spesso curati con i farmaci. «Uno studio multicentrico del 2020 pubblicato
su Psychiatry research, coordinato dal Fatebenefratelli di Brescia, ha rilevato che le persone con Disturbo borderline assumono molto spesso un gran numero di medicine e le prescrizioni spesso non dipendono dalla gravità della malattia o dalla presenza di altre
diagnosi che complicano il quadro.
I farmaci solo a supporto e non per sempre
Secondo le linee guida, invece, i farmaci andrebbero utilizzati solo per brevi periodi e su sintomi specifici, e non necessariamente vita natural durante come spesso accade. Anche perché, come ampiamente dimostrato, nei disturbi di personalità i farmaci hanno una ridotta efficacia».
Le cause
L’ipotesi più accreditata per la genesi del Disturbo borderline è il modello biosociale:
«Ad alcune peculiarità caratteriali (la vulnerabilità emotiva e l’iperreattività) e biologiche (la Risonanza magnetica ha riscontrato un’attivazione maggiore di alcune aree del cervello, in queste persone, di fronte agli stimoli emotivi) può sommarsi un ambiente invalidante»: bambini molto sensibili la cui esperienza emotiva venga banalizzata o non legittimata dalle figure di riferimento, rischiano di più.
Per questo la famiglia, ma anche la scuola, possono aiutare molto nella prevenzione del disturbo.
Comprendere e accogliere le emozioni del bambino
«Entrare nel linguaggio del bambino ipersensibile, e canalizzare l’emotività senza punirlo o farlo sentire sbagliato è di vitale importanza. A scuola come a casa questi bambini possono essere difficili da gestire, ma genitori e insegnanti dovrebbero cercare un senso alla loro esperienza, suggerendo anche strategie di regolazione emotiva».
Medicina, scuola e famiglia: alleanza vincente
Non a caso uno dei progetti al Fatebenefratelli, finanziato dal ministero della Salute e coordinato dalla dottoressa Laura Pedrini, punta proprio all’intervento precoce nelle scuole: con una serie di incontri, si fa conoscere il problema, e si pongono le basi di una prevenzione efficace insegnando agli studenti strategie di regolazione emozionale della terapia dialettico-comportamentale.