La rassegnazione può essere uno stato d’animo positivo, ma bisogna saperla cogliere, altrimenti si trasforma in una patetica “malattia” del cuore. Ne è convinto il neo presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi nel libro “Guarire le malattie del cuore“ (Edizioni San Paolo)
Vittime di illusioni
Secondo Zuppi se pensiamo alle inquietudini che non trovano risposta, alle ansie drammatiche che in tanti modi ci agitano, dovremmo dire che la rassegnazione è un elemento positivo, che quando manca siamo disperatamente vittime di illusioni.
La “santa rassegnazione”
La «santa rassegnazione» genera, infatti, la matura consapevolezza del proprio limite e della debolezza. Altrimenti siamo deformati dalla tentazione di credere possibile tutto, dall’onnipotenza dell’egocentrismo, che non sa accettare se stesso e in questo non comprende cosa lo può rendere davvero grande ed eterno. E purtroppo questo accade nella maggior parte di noi.
Le delusioni che ci cambiano la vita
Quante volte in passato abbiamo creduto, con incoscienza adolescenziale e protagonista, che la personale volontà portasse automaticamente i frutti desiderati! Quante delusioni, poi, hanno lasciato il posto non alla «santa rassegnazione» ma, come vedremo, al cinismo, al rozzo o raffinato non credere più a niente e quindi non spendersi più per gli altri! diventare non più «santa» ma una malattia insidiosa, che paralizza i sentimenti e impedisce il futuro.
“E’ tutto inutile”
L’uomo rassegnato, infatti, giudica tutto inutile, una ripetizione del passato del quale ricorda le inevitabili delusioni. Il rassegnato spreca le opportunità, diventa pigro, posseduto dal senso d’inutilità. Riduce la speranza a illusione. Finita la stagione dei grandi sogni, la rassegnazione ci fa accontentare di quello che abbiamo, ma ci nasconde anche il tanto che possiamo avere! Non riusciamo più a vederlo.
Prigionieri del “protagonismo personale”
Il rassegnato, osserva il cardinale Zuppi, conosce bene i propri limiti, li esamina e crede di non poterli superare e diffida, quindi, di quanti lo propongono. In realtà la rassegnazione ci rende prigionieri del protagonismo personale perché cerca le prove, la sicurezza in noi e non sa aprirsi alla fiducia in un amore più grande.
Una dolce protezione
La rassegnazione diviene, di fatto, una dolce protezione per accontentarsi, credersi sicuri, evitare problemi. Tutto diventa impossibile, difficile, quando ascoltiamo la persuasiva e apparentemente ragionevole voce della rassegnazione. I discepoli di Gesù, quando vengono interrogati sulla possibilità di dare loro stessi da mangiare alla folla che Gesù voleva sfamare, certificano l’impossibilità con pronta rassegnazione.
Così l’amore sconfigge la rassegnazione
La rassegnazione, infatti, è rapida, sicura, avvolgente: non bisogna aspettare di avere tutto prima, afferma il cardinale Zuppi, di conoscere le risposte a ogni problema. L’amore cresce vivendolo! Noi siamo sempre insufficienti, poca cosa. Ma se doniamo, se vinciamo la paura di farlo, non mancherà a nessuno!
La felicità della vittima del nazismo
La speranza inizia in noi. Ascoltiamo Etty Hillesum, testimone di speranza nella disumanità terribile del nazismo che scrisse queste parole nel 1943, poche setti- mane prima di essere condotta nel campo di concentra- mento di Auschwitz dove morirà:
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