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Confessione: l’assoluzione dai peccati è sistematica? 

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Valdemar De Vaux - pubblicato il 15/06/22
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Spesso la confessione è un momento di apprensione, per il fedele che va a presentare a Dio le proprie colpe. Il sacerdote che lo riceve può rifiutare il perdono di Dio? Chiariamo la questione.

Andare da un prete per raccontargli i propri fallimenti, già di per sé non è una cosa facile. A parte questo… che accadrebbe se quello neanche ci assolvesse? Venuto a cercare il perdono di Dio per i propri peccati, il penitente lo riceve dopo la confessione delle proprie colpe: il prete gli conferisce allora l’assoluzione. Cioè pronuncia le parole che liberano, per i meriti della passione e della risurrezione di Cristo, colui che era venuto a beneficiare della misericordia del Padre. 

Poiché questa misericordia è infinita, l’assoluzione (in linea generale) non viene rifiutata. Purché il penitente dia prova di resipiscenza. In fondo, Dio è sempre pronto a perdonare, ma noi siamo sempre pronti ad accettare il suo perdono? La Chiesa domanda dunque a quanti si accostano al sacramento della riconciliazione di dar prova di contrizione e di voler fermamente staccarsi dal peccato. 

Discernere il rimorso del peccato 

Il confessore, nel suo dialogo con il penitente che viene a confessare le sue colpe, ha dunque la missione di discernere se il suo interlocutore ha rimorso del proprio peccato e se vuole affrancarsene. Se la contrizione non è perfetta, egli deve perlomeno valutare la situazione e provocare un principio di contrizione, una presa di coscienza attiva della colpa. Il parte è così invitato ad aprire il penitente a un cammino di conversione. In particolare papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, ha rimesso al centro del sacramento della riconciliazione la questione del discernimento. Ogni persona deve poter trovare una via di accesso alla misericordia di Dio, con l’aiuto del sacerdote. 

Se invece nessuna apertura alla grazia del perdono è percettibile, per esempio se il penitente afferma che non intende o non può rinunciare a una situazione che lo mette in stato di peccato, allora il confessore può rifiutare l’assoluzione. Non come se Dio non volesse perdonare, ma in quanto il penitente stesso non vuole che la grazia trasformi la sua vita. 

Un’assoluzione che può essere differita 

Infine, più raramente, l’assoluzione è differita dal prete che riceve la confessione. Si dà questo caso quando il fedele è incorso in una sanzione canonica, ad esempio in una scomunica. Che essa sia pubblica o segreta, per un’apostasia, un’offesa al Santissimo Sacramento o altre colpe gravi, la pena deve essere rimossa prima che il penitente possa ricevere l’assoluzione. In questi casi, il prete domanda al fedele di tornare e chiede alle autorità competenti di rimuovere la sanzione canonica, se il suo discernimento ha rilevato la conversione del peccatore. Una volta rimossa la censura, il penitente può ricevere l’assoluzione. 

Fino al 2016, questo era ad esempio il caso delle persone implicate in un aborto procurato, ma il Papa – durante il Giubileo della Misericordia – ha deciso di permettere a tutti i preti di assolvere da questo peccato. 

In articulo mortis, poi, cioè quando il penitente versi in grave e immediato pericolo di morte imminente, qualsiasi sacerdote (perfino se privo di facoltà canonica) può assolvere validamente da qualsiasi peccato e da qualsiasi censura: tanta è la cura che la Chiesa ha dei suoi figli che si apprestano a incontrare il Giudice Giusto. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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