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Non solo secolarizzazione: la Chiesa è in crisi… perché sta crescendo

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Jean Duchesne - pubblicato il 08/06/22
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L’attuale crisi del cattolicesimo viene meno dalla secolarizzazione che dai rinnovamenti avviati dalla riscoperta della Bibbia e dall’avvento della spiritualità. Per il saggista Jean Duchesne, ci vorrà del tempo per apprezzarne gli effetti.

Il tempo di Pentecoste invita a chiedersi che cosa stia tramando, al momento, lo Spirito Santo. Perché la situazione non pare affatto brillante: 

    Come se l’aggiornamento del Vaticano II fosse avvenuto invano. 

    Però ci può essere anche un altro modo di vedere le cose: non dall’esterno, diciamo da osservatori distanti, né dall’interno, come testimoni di esperienze per forza di cose limitate… bensì cercando di prendere un po’ di quota e gustare le profondità di spazio e tempo, cose che si fatica a misurare se vi si resta immersi o se ne rimane ai bordi. 

    Resilienza della Chiesa in società destabilizzate 

    Nessuno contesterà che, da un secolo buono a questa parte, il cattolicesimo sia formalmente cambiato. Quel che conta non è il visibile e il quantificabile: l’abbandono del latino, delle talari e dei veli rigidi delle suore; il calo di quanti vanno a messa, dei battesimi, delle vocazioni sacerdotali e religiose, dei matrimoni e dei funerali in chiesa… E tutto questo non è che una serie di effetti, di conseguenze. Di solito si dice che questo è il risultato di rivoluzioni tecnico-economico-socio-culturali, di una crescente prosperità, dell’ascesa dell’individualismo, della secolarizzazione… 

    Ma su questo piano la Chiesa non è certo la sola ad aver accusato colpi: la società tutta intera ha subito una radicale evoluzione e si è decomposta. I grandi partiti politici (il comunista, il socialista, il [democristiano]…) sono morti o moribondi. Istituzioni benemerite […], il sistema scolastico e le regioni sono scomparse, o meglio hanno perduto l’appannaggio delle proprie prerogative, e molti enti sono stati suddivisi, ristrutturati (e non è finita qua!). 

    In mezzo a questi sconvolgimenti, la Chiesa mostra anzi rara resilienza! Ancora oggi, c’è sicuramente più gente alla messa, nel corso della settimana, che nei campi sportivi o nei cinema. 

    La secolarizzazione non spiega tutto 

    Resta da spiegare questa persistenza. Non basta rintanarsi in un passatismo ottuso e frignone: nel XX secolo ci sono stati sconvolgimenti capitali che sono stati peculiari del cattolicesimo. Le “scienze umane” non hanno di solito buono strumentario per rilevarli e misurarli. Dall’interno, invece, non se ne prende affatto coscienza, perché si tratta di acquisizioni che pochissimi credenti rimettono in discussione (dal momento che non si tratta di novità assolute). Si può dire che sono invece delle “riappropriazioni qualitative”, le cui ricadute impiegheranno ancora del tempo a diventare quantitative. 

    Il primo di questi rinnovamenti è la riscoperta, da parte dei cattolici, della Bibbia, ivi compreso l’Antico (o meglio, il Primo) Testamento. Le Scritture erano estate più o meno abbandonate ai protestanti, perché essi vi avevano trovato pretesti di eresie e di scismi, e quindi i fedeli cattolici venivano scoraggiati dall’andare a ficcarci il naso – “pericolo!”. 

    La crisi modernista, paradossalmente, ha spinto a prendere sul serio la Tradizione nella sua integralità. Attorno al 1900, la creazione dell’École biblique de Jérusalem da parte dei Domenicani, poi la fondazione del Pontificio Istituto Biblico, affidato ai Gesuiti, hanno permesso la pubblicazione – a partire dal 1950 – delle bibbie di Maredsous, Gerusalemme, Osty, Pierre de Beaumont, Chouraqui e via dicendo. E queste traduzioni, moderne e scientifiche, sono state dei successi in libreria. 

    Bibbia e spiritualità: le due riscoperte del XX secolo 

    Questo recupero della Bibbia ha avuto ricadute considerevoli. Anzitutto nella liturgia: ci si è accorti che la Parola vivificante e vivificatrice di Dio ne fa parte costruttivamente. Poi in teologia: essa è stata ripensata a partire dall’auto-rivelazione di Dio, e non più da prove filosofiche della sua esistenza (come insegnava, contro l’ateismo dottrinale, il sistema neotomista (estrapolato dal milieu giudaico di Gesù e degli Apostoli, l’Evangelo è incomprensibile). Un altro prolungamento di questo ritorno al Primo Testamento è stato il “ricongiungimento” all’immarcescibile giudaismo, poiché «Dio è fedele alle sue promesse» (Rom 11,1-2). 

    Questa “biblicizzazione”, però, ha accompagnato un’altra rigenerazione: la riesumazione della spiritualità. Ancora nel XIX secolo non se ne parlava. C’era da una parte l’ascesi, per tutti (cioè non solo le mortificazioni, ma gli esercizi [askesis in greco] di pietà); e dall’altra, per rarissimi privilegiati, la mistica (altrimenti detta l’esperienza intima del mistero di Dio). 

    Poi il “vissuto” ha acquisito sempre più importanza, a partire dall’introspezione lanciata dal romanticismo e favorita dal miglioramento delle condizioni di vita, dallo sviluppo del tempo libero e dell’informazione… e tutto questo è sfociato in un sentimento generale di autonomia interiore (anche se i conformismi sono ben lungi dall’essere scomparsi). 

    Dal conformismo alla scelta personale 

    Si è così passati da una religione “sociologica” a una religiosità personalizzata, scelta e non più ereditata. L’appartenenza alla Chiesa non ne è risultata che più selettiva: se una qualsivoglia cosa non ci piace, ce ne allontaniamo. La tensione fra ascesi e mistica risulta allora superata: l’osservanza della disciplina formale non è più mezzo obbligato per pervenire forse a una comunione nell’aldilà, bensì è legata agli stati d’animo che motivano la pietà (mentre questa li nutre). Niente di nuovo: Cristo stesso non ha nascosto i suoi sentimenti, né san Paolo, né sant’Agostino… Quel che accade è un tornare a mettere in equilibrio, un tornare alle fonti – ricentrando sia sulla Scrittura sia sulla Liturgia sia sulla Fede, che attingono alle origini della Tradizione, accogliendone integralmente la storia, ivi compresa quella della cultura profana. 

    Queste sono attualizzazioni dagli effetti non quantitativamente misurabili. Il rinnovamento si è cristallizzato in occasione del Vaticano II. Il concilio non ha inventato né decretato alcunché ex nihilo. Esso ha coniugato i risultati del ritorno alle Scritture e delle esperienze di vita cristiana ri-attivate nel XX secolo. Come era prevedibile, quanti ritenevano che la Chiesa avesse fatto il suo tempo e che non potesse cambiare in nulla non sono rimasti conquistati dalla formula, né lo sono stati quanti ritenevano che essa non dovesse assolutamente cambiare in nulla, né coloro per i quali doveva cambiare ancora di più, in rottura col suo passato (perlomeno recente). 

    Il cattolicesimo popolare di papa Francesco 

    Quanti traggono vantaggio dai rinnovamenti di questi ultimi decenni sono dunque poco numerosi. La riappropriazione dell’eredità biblica e giudaica può richiedere diverse generazioni. La ri-articolazione imposta dall’avvento della spiritualità, fra norme e soggettività, dogma e carità, fedeltà e adattamento eccetera… richiede un lavoro paziente. Ecco perché il cattolicesimo in Occidente diventa minoritario e talvolta sembra anche diviso. Tanti progressi non possono essere assimilati tutti insieme e in una volta sola, ma il processo è avviato. La Chiesa è “in crisi” anzitutto per via dei suoi progressi interni, non della secolarizzazione. 

    In questo contesto, è a un bisogno reale che rispondono gli sforzi di papa Francesco per ritrovare una religione popolare, con messaggi semplici volti a mettere la fede a portata di tutti. È quanto ha fatto ad esempio nella sua omelia per la canonizzazione di Charles de Foucauld, il 15 maggio 2022. La santità – ha detto – non è «la ricompensa di un eroismo personale», ma va cercata 

    Sarebbe presuntuoso escludere che questo incoraggiamento sia stato ispirato dallo Spirito Santo, dopo che Egli stesso ha già suscitato i ritorni alle fonti sui quali non ci resta che sintonizzarci meglio. 

    [traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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