La missione spirituale e culturale della vecchiaia è quella di sfatare “l’illusione tecnocratica di una sopravvivenza biologica e robotica”, e di aprire “alla tenerezza del grembo creatore e generatore di Dio”. Il vecchio cammina in avanti, verso l’Eterno e si prepara alla “nascita dall’alto”, una “generazione nello Spirito” che “ci consente di ‘entrare’ nel regno di Dio”. E’ il cuore della riflessione di Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale di questa mattina, in piazza san Pietro, la tredicesima dedicata al tema della vecchiaia.
La “nascita dall’alto”, grazie allo Spirito ci fa entrare nel regno di Dio
Il Papa analizza la risposta di Gesù alla domanda di Nicodemo, uno dei capi dei Giudei, nel Vangelo di Giovanni: “Come può un uomo nascere quando è vecchio?”. La definisce “il cuore della rivelazione di Gesù e della sua missione redentrice”. Il Cristo “dice a Nicodemo che per ‘vedere il regno di Dio’ bisogna ‘nascere dall’alto’. Non si tratta di ricominciare daccapo a nascere – chiarisce Francesco - di ripetere la nostra venuta al mondo, sperando che una nuova reincarnazione riapra la nostra possibilità di una vita migliore”. Sarebbe una “ripetizione priva di senso”, che “svuoterebbe di ogni significato la vita vissuta, cancellandola come fosse un esperimento fallito, un valore scaduto, un vuoto a perdere”. No, “questa vita è preziosa agli occhi di Dio” perché noi siamo “creature amate da Lui con tenerezza”.
La “nascita dall’alto”, che ci consente di “entrare” nel regno di Dio, è una generazione nello Spirito, un passaggio tra le acque verso la terra promessa di una creazione riconciliata con l’amore di Dio. È una rinascita dall’alto, con la grazia di Dio. Non è una rinascita fisica, un’altra volta.
Da anziani, ci congediamo dal mito dell’eterna giovinezza
Nicodemo non capisce, parla di una nascita impossibile, perché “l’essere umano invecchia inevitabilmente, il sogno di una eterna giovinezza si allontana definitivamente, la consumazione è l’approdo di qualsiasi nascita nel tempo”. La domanda di Nicodemo “è molto istruttiva per noi” sottolinea il Pontefice. “Possiamo infatti rovesciarla, alla luce della parola di Gesù, nella scoperta di una missione propria della vecchiaia”. Perché “essere vecchi non solo non è un ostacolo alla nascita dall’alto di cui parla Gesù, ma diventa il tempo opportuno per illuminarla, sciogliendola dall’equivoco di una speranza perduta”. La nostra cultura, è la critica di Papa Francesco, mostra “una preoccupante tendenza a considerare la nascita di un figlio come una semplice questione di produzione e di riproduzione biologica dell’essere umano, coltiva poi il mito dell’eterna giovinezza come l’ossessione – disperata – di una carne incorruttibile”.
Cercare il benessere è giusto, rimuovere la vecchiaia no
La tecnica, assecondando questo mito, “in attesa di sconfiggere la morte” cerca di “tenere in vita il corpo con la medicina e la cosmesi, che rallentano, nascondono, rimuovono la vecchiaia”. Naturalmente, sottolinea il Papa, “una cosa è il benessere, altra cosa è l’alimentazione del mito”. E qui, lasciando il discorso preparato, ricorda “i tanti trucchi, tanti interventi chirurgici per apparire giovani”.
Mi vengono in mente le parole di una saggia attrice italiana, la Magnani, quando le hanno detto che dovevano toglierle le rughe, e lei disse: “No, non toccarle! Tanti anni ho avuto per averne: non toccarle!”. È questo: le rughe sono un simbolo dell’esperienza, un simbolo della vita, un simbolo della maturità, un simbolo di aver fatto un cammino. Non toccarle per diventare giovani, ma giovani di faccia: quello che interessa è tutta la personalità, quello che interessa è il cuore, e il cuore rimane con quella giovinezza del vino buono, che quanto più invecchia più buono è.
La vita mortale non basta per compiere tutta l’esistenza
La vita nella carne mortale, prosegue Francesco, “è una bellissima ‘incompiuta’: come certe opere d’arte”. Infatti è “iniziazione”, “non compimento: veniamo al mondo proprio così, come persone reali, per sempre”, ma questa vita “è uno spazio e un tempo troppo piccolo per custodire intatta e portare a compimento la parte più preziosa della nostra esistenza nel tempo del mondo”. La fede, che ci permette di accogliere “l’annuncio evangelico del regno di Dio al quale siamo destinati” ha un grande effetto:
Essa consente di “vedere” il regno di Dio. Noi diventiamo capaci di vedere realmente i molti segni di approssimazione della nostra speranza di compimento per ciò che, nella nostra vita, porta il segno della destinazione per l’eternità di Dio.
Nella vecchiaia scopriamo “l’amore per la destinazione finale”
Se possiamo vedere i segni dell’amore evangelico, chiarisce il Pontefice, “possiamo anche ‘entrare’ nel regno, con il passaggio dello Spirito attraverso l’acqua che rigenera”. Ed è proprio la vecchiaia la condizione, “concessa a molti di noi” per assimilare intimamente “il miracolo di questa nascita dall’alto”, infatti “non comunica nostalgia della nascita nel tempo, ma amore per la destinazione finale”.
In questa prospettiva la vecchiaia ha una bellezza unica: camminiamo verso l’Eterno. Nessuno può rientrare nel grembo della madre, e neppure nel suo sostituto tecnologico e consumistico. Sarebbe triste, seppure fosse possibile. Il vecchio cammina in avanti, verso la destinazione, verso il cielo di Dio. Il vecchio cammina con la sua saggezza vissuta durante la vita.
La tenerezza dei vecchi immagine di quella di Dio
La vecchiaia, conclude il Papa, diventa così “un tempo speciale per sciogliere il futuro dall’illusione tecnocratica di una sopravvivenza biologica e robotica”, ma soprattutto “apre alla tenerezza del grembo creatore e generatore di Dio”. E a braccio, torna sulla tenerezza dei vecchi:
Guardate un nonno o una nonna come guardano i nipoti, come accarezzano i nipoti: quella tenerezza, libera da ogni prova umana, che ha vinto le prove umane e capace di dare gratuitamente l’amore, la vicinanza amorosa dell’uno per gli altri. E assomiglia tanto … ma, assomiglia non dirò, ma apre la porta a capire la tenerezza di Dio. Non dimentichiamo che lo Spirito di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Dio è così, sa accarezzare.
Anziani, messaggeri del futuro e della saggezza della vita
Lo Spirito ci conceda, è l’auspicio finale, “la riapertura di questa missione spirituale – e culturale – della vecchiaia, che ci riconcilia con la nascita dall’alto”. Prima di sottolineare, sempre lasciando il discorso scritto…
Quando noi pensiamo alla vecchiaia così, poi diciamo: come mai questa cultura dello scarto decide di scartare i vecchi, perché non sono utili? I vecchi sono i messaggeri del futuro, i vecchi sono i messaggeri della tenerezza, i vecchi sono i messaggeri della saggezza di una vita vissuta. Andiamo avanti e guardiamo ai vecchi.