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I seminaristi e l’abito talare: un caso in Francia ripropone il dilemma 

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Valdemar De Vaux - pubblicato il 07/06/22
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Giovedì 2 giugno il nuovo arcivescovo di Tolosa, mons. de Kérimel, ha inviato una lettera ai suoi seminaristi per chiedere loro di non mettere più la talare.

Ecco la spiegazione data dall’arcivescovo di Tolosa, arrivato quattro mesi fa, per giustificare la propria richiesta. Mons. de Kérimel auspica che i seminaristi del proprio seminario, il quarto di Francia, non portino l’abito talare, neanche durante le liturgie. 

Si sa che la talare è talvolta fonte di tensioni, essendo percepita come un segno di reazione. Al contrario, i suoi apologeti vi vedono il distintivo di un cattolicesimo consapevole e missionario, che permette al prete di essere identificabile, per sé stesso e per gli altri. È questa ad esempio la posizione della Communauté Saint-Martin, che talvolta le è valsa delle critiche. 

Per quanto riguarda i seminaristi, la faccenda è più complessa: essi sono effettivamente un po’ “acqua di foce”, perché sono effettivamente e perfettamente laici, ma hanno già un piede nella vita del prete, dal momento che al sacerdozio si preparano. Eppure non sono chierici, in senso proprio e stretto, se non dal momento del diaconato. Prima di allora, essi non sono vincolati alla norma stabilita dal Diritto Canonico: 

L’abito dei seminaristi non è dunque regolato da una disposizione particolare, bensì da semplici usanze. In Francia, nei seminari diocesani, la talare è poco portata, a parte (in rare occasioni) nella liturgia, precisamente come potrebbero portarla dei ministranti adulti, poiché in abbinamento con la cotta essa costituisce un abito corale. 

La Communauté Saint-Martin, da parte sua, ha fatto la scelta di un’evoluzione chiara, che accompagni progressivamente il dono di sé fatto dagli aspiranti sacerdoti: indossata nella liturgia a partire dall’ammissione tra i candidati agli ordini sacri, essa diventa abito comune all’interno del seminario di Évron a partire dai ministeri istituiti, e poi anche fuori dal seminario a partire dal diaconato (ossia dall’ingresso effettivo nell’ordine sacro). 

Insomma, la questione non è risolvibile in breve: resta il fatto che l’abito ecclesiastico riveste un’importanza sottolineata recentemente anche dal Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, del 2013: 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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