Ecco la spiegazione data dall’arcivescovo di Tolosa, arrivato quattro mesi fa, per giustificare la propria richiesta. Mons. de Kérimel auspica che i seminaristi del proprio seminario, il quarto di Francia, non portino l’abito talare, neanche durante le liturgie.
Si sa che la talare è talvolta fonte di tensioni, essendo percepita come un segno di reazione. Al contrario, i suoi apologeti vi vedono il distintivo di un cattolicesimo consapevole e missionario, che permette al prete di essere identificabile, per sé stesso e per gli altri. È questa ad esempio la posizione della Communauté Saint-Martin, che talvolta le è valsa delle critiche.
Per quanto riguarda i seminaristi, la faccenda è più complessa: essi sono effettivamente un po’ “acqua di foce”, perché sono effettivamente e perfettamente laici, ma hanno già un piede nella vita del prete, dal momento che al sacerdozio si preparano. Eppure non sono chierici, in senso proprio e stretto, se non dal momento del diaconato. Prima di allora, essi non sono vincolati alla norma stabilita dal Diritto Canonico:
L’abito dei seminaristi non è dunque regolato da una disposizione particolare, bensì da semplici usanze. In Francia, nei seminari diocesani, la talare è poco portata, a parte (in rare occasioni) nella liturgia, precisamente come potrebbero portarla dei ministranti adulti, poiché in abbinamento con la cotta essa costituisce un abito corale.
La Communauté Saint-Martin, da parte sua, ha fatto la scelta di un’evoluzione chiara, che accompagni progressivamente il dono di sé fatto dagli aspiranti sacerdoti: indossata nella liturgia a partire dall’ammissione tra i candidati agli ordini sacri, essa diventa abito comune all’interno del seminario di Évron a partire dai ministeri istituiti, e poi anche fuori dal seminario a partire dal diaconato (ossia dall’ingresso effettivo nell’ordine sacro).
Insomma, la questione non è risolvibile in breve: resta il fatto che l’abito ecclesiastico riveste un’importanza sottolineata recentemente anche dal Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, del 2013:
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]