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Pakistan: «Accusati di blasfemia, i nostri 8 anni nel braccio della morte» 

Shagufta e Shafqat Emmanuel.

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James Channan - Aiuto alla Chiesa che Soffre - pubblicato il 27/05/22
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Shagufta e Shafqat Emmanuel, una coppia cattolica pakistana, sono stati arrestati in seguito a (false) accuse di bestemmia nel luglio 2013. Dopo otto anni nel braccio della morte, separati tra di loro e dai loro quattro figli, alla fine sono stati liberati dalla Alta Corte di Lahore il 3 giugno 2021. La loro testimonianza.

Otto anni è il tempo che Shagufta e Safqat Emmanuel hanno trascorso separati l’uno dall’altra e dai loro bambini, nella paura costante di veder scoccare la loro ultima ora. 

La coppia, due pakistani cattolici, viveva a Mia Channu, cittadina a 250 km a sud di Lahore, in Pakistan, quando sono stati accusati sulla scia di false accuse di bestemmia, nel luglio 2013. Dopo otto anni nel braccio della morte, alla fine sono stati liberati il 3 giugno 2021 dalla Alta Corte di Lahore. Finalmente libera, Shagufta ha accettato di testimoniare e far conoscere la propria storia. 

La donna sorride, al ricordo dell’infanzia. Sono stati i suoi genitori a trasmettere, a lei come ai sei fratelli e sorelle, a essere forte nella fede, «e ad essere pronti a ogni sorta di sacrificio o di persecuzione». Nel villaggio in cui è cresciuta, le famiglie sono per la maggior parte musulmane, ma ci sono anche diversi cristiani: 

Qualche anno dopo aver sposato Shafqat Emmanuel, la coppia si è spostata a Gojira, dove il marito aveva trovato un lavoro. Tragicamente, questi si è ritrovato paralizzato da una pallottola vagante durante una rissa che aveva tentato di interrompere: 

Un giorno del luglio 2013 però la loro vita ha avuto uno scossone: 

Quella notte furono trattenuti in camera di sicurezza, e l’indomani sono stati trasferiti in prigione. Lì è cominciato il loro calvario. 

Al momento della lettura della condanna a morte, Shagufta è svenuta: «La condanna è stata un duro colpo per noi e per la nostra famiglia, ed ha scioccato tutta la comunità cristiana in Pakistan e altrove». 

Shafqat è stato trasferito nella prigione di Faisalabad, nella provincia del Pendkab, mentre la moglie è stata piazzata in una cella del braccio della morte a Multan, nel sud della medesima provincia. Sono rimasti così in attesa dell’esecuzione per otto lunghi anni. 

Malgrado questo terribile incubo, Shagufta non ha perso né la speranza né la fede: 

Diverse volte le era stato detto che se si fosse convertita all’islam la sua condanna a morte sarebbe stata commutata in ergastolo, e che alla fine sarebbe stata liberata. 

Vicina di cella di Asia Bibi 

Mentre la coppia viveva in prigione nell’angoscia della morte, nell’Europarlamento delle voci si sono alzate, come pur da associazioni di difesa dei diritti umani e dalla Chiesa Cattolica, per denunciare quello che era stato un processo-farsa sfociato in una condanna ingiusta: «Quando ho saputo che Asia era stata liberata, il mio cuore si è riempito di gioia e ho nutrito la speranza che un giorno anche io lo sarei stata». 

E finalmente il giorno agognato è giunto, il 3 giugno 2021: 

La famiglia vive oggi in un Paese europeo che ha concesso loro asilo: «Qui siamo sicuri, nonché liberi di praticare la nostra religione». 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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