È stato un risveglio terribile quello di ieri, con la notizia della strage nella scuola elementare di Uvalde in Texas. Non meno pesante per il bilancio di vittime piccolissime è una notizia che si apprende oggi e arriva dall'Africa. Con un messaggio Twitter del Presidente del Senegal, il mondo ha saputo di un incendio in un ospedale pubblico di Tivaouane, 50 miglia a Nord-Est della capitale Dakar.
Le informazioni attuali parlano di 11 neonati morti. Tutte da chiarire le circostanze di quello che, allo stato dei fatti, sembra un incidente.
Incendio nel reparto di neonatologia
Si unisce al lutto dei parenti dei neonati morti, il Presidente del Senegal Mark Sall. Sia lui che il Ministro della salute non erano in patria in questi giorni, il primo in Angola per una visita di stato, il secondo a Ginevra per l'asseblea mondiale della salute. Rientreranno quanto prima.
Come un ladro, questa tragedia ha fatto breccia con una trama impossibile da immaginare: un incendio che si sviluppa nel reparto ospedaliero di neonatologia, dove i pazienti sono così piccoli da non avere scampo se occorre scappare alla svelta. Lo sforzo immaginativo non riesce ad andare oltre.
Il Ministro della salute senegalese ha condiviso via Twitter l'ipotesi che si sia trattato di un corto circuito. 11 vittime tra i neonati, dunque. Ma dagli aggiornamenti si apprende anche di 3 bimbi messi in salvo. Nel paese si è sollevata, oltre al dolore, un'ondata di sdegno perché a quanto pare (fonte BBC) un simile incidente era già accaduto l'anno scorso, sempre in un ospedale pubblico, sempre in un reparto di neonatologia.
Era già capitato
Questa tragedia, che arriva come una doccia fredda alle nostre orecchie, purtroppo non è un caso isolato in Senegal. Ed è quanto sottolinea la voce di Amnesty Internazional, che
La spiegazione di questo ripetersi di 'incidenti' potrebbe essere, come suggerisce l'emittente Al Jazeera, nella disparità esistente tra i servizi sanitari delle zone urbane e di quelle rurali. E a rincarare la dose della rabbia popolare anche un altro fatto recente aveva alzato l'indignazione verso il sistema sanitario: lo scorso 1 aprile una donna in procinto di partorire è morta insieme al suo bambino perché le è stato rifiutato il taglio cesareo. La condanna delle 3 ostetriche coinvolte in questo caso di malasanità è stata stabilita poche settimane fa, l'11 maggio.
Stragi di bambini
Alla cronaca non si può additare nessun piano strategico. Registra ciò che accade. Il Senegal è lontanissimo dal Texas, eppure oggi ci pare molto vicino. Un incidente e una strage pianificata: vittime di entrambe queste tragedie sono dei bambini; piccoli quelli del Texas, piccolissimi quelli di Tivaouane.
E non occorre andare molto indietro nel tempo per recuperare altri eventi della guerra in Ucraina che sono costati la vita proprio agli indifesi. C'è un'orrenda consecutio temporum che pare dirci che l'infanzia paga un conto altissimo in mezzo a ogni genere di conflitto.
E viene in mente Virgilio che piange la morte di Eurialo sul campo di battaglia e parla di un fiore purpureo reciso sullo stelo. Il destino che si accanisce sugli steli verdi e sulle corelle appena fiorite. Ma nei casi di cui stiamo parlando nessuna delle giovanissime vittime doveva essere su campo di battaglia. Gli studenti di Uvalde erano a scuola, i neonati del Senegal erano nelle loro culle.
La cronaca nuda e cruda delinea un arazzo dai contorni atroci. Forse c'è un campo di battaglia proprio lì, nelle stanze più domestiche della nostra vita (quelle che più associamo all'idea di protezione). Si resta attoniti e sconcertati di fronte a tragedie che troviamo giustapposte dalla pura cronologia, e questa trama sembra incompatibile con l'ipotesi di una qualsiasi Provvidenza.
Ma l'arazzo si può guardare anche a rovescio, leggerne un disegno che non ci vede solo come spettatori bloccati dallo sconcerto. La Provvidenza, la invochiamo. E se invece cominciassimo a pensare che siamo le sue mani, che la nostra presenza può essere il pertugio affinché un'ipotesi diversa dal caos e dal cinismo abiti il mondo?
Recidere è il verbo azzeccato da Virgilio per offrire un'istantanea efficace del fato che incide la realtà, come una falce affilata. Nel risvolto rovesciato di quest'immagine ci deve essere un verbo opposto, lento e paziente. Non una lama, ma l'incavo di una mano.
La custodia della vita è un tema enorme, composto di tantissimi capitoli (denatalità, aborto, lavoro). Che ritratto dell'attualità emergerebbe se indossassimo un paio di occhiali in grado di farci leggere i multiformi fatti del mondo alla luce della ferita che infliggono alla vita che sboccia? Ci accorgeremmo che Erode non dorme, ma quello che lui vede come un campo di battaglia è, in verità, un campo di semina su cui Dio non smette di riversare la sua fiducia.
Il nostro spazio di manovra come alleati della Provvidenza forse è tenere presente ogni giorno quesra domanda: in che modo nel nostro quotidiano siamo alleati e custodi del verbo nascere?