Una vita senza dolore
Tantissime idee, e molto confuse, escono dal flusso di coscienza di Abby Ramsay, 25 enne californiana, all'indomani del suo traguardo raggiunto, quello di farsi sterilizzare.
Impossibile non fermarsi a leggere, quando una storia viene presentata con queste parole:
Approfondendo, si scopre che questa giovane attrice e influencer californiana ha un calderone di questioni irrisolte nel suo intimo. Evidentemente, ha cercato di metterle a bada per via di sottrazione radicale. Ma come si può illudersi di avere una vita senza dolore e e senza preoccupazioni, strappandosi pezzi di sé? E perché il dolore finisce per essere considerato solo come un'obiezione alla vita?
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"Conosco il mio corpo, so quel che è giusto per me"
La considera una montagna che alla fine è riuscita a scalare. Ci ha messo 6 anni a trovare un dottore che accettasse di operarla. Dopo la maggiore età ha cominciato a cercare medici che accettassero di procedere chirurgicamente a renderla sterile. È stata ascoltata, hanno tentato di dissuaderla, le è stato proposto un percorso di terapia psicologica. Tutto ciò, e forse è stato un tentativo di cura della persona monco del tassello fondamentale (un'ipotesi sul valore della persona nella sua completezza e unicità), è stato percepito da Abby come ostilità all'ascolto di ciò che per lei era così chiaro fin dalla più tenera età:
Sono parole molto rivelatrici. Non compare la parola 'madre', ma maker che ho tradotto con il verbo fabbricare. Possiamo limitarci a scuotere il capo di fronte a questa ragazza (per il modo in cui si è ridotta a guardare se stessa), oppure possiamo considerare la scena complessiva. Non è forse vero che stiamo vivendo in un contesto sempre più meccanico, in cui l'essere umano finisce per considerare anche la generazione come qualcosa di simile a una catena di montaggio?
E allora scompare il tema della maternità, e si guadagna la scena l'ipotesi della macchina riproduttiva. Nota bene: il punto qui non è contestare a una donna di non avere la vocazione a diventare madre. Il punto dolente è uno sguardo frammentato che riduce il corpo di una persona "a pezzi". Si toglie ciò che non serve.
(Per contrasto viene da pensare a che sguardo intero sulla persona ci sia, invece, nella testimonianza silenziosa di tantissime suore che, pur non avendo una vocazione alla maternità, custodiscono integro un corpo la cui conformazione rimane predisposta ad accogliere la vita).
Ma Abby voleva dimostrare di avere il controllo del suo corpo. Questa è la bugia radicata in molte sfumature del pensiero dominante. Se sono padrona del mio corpo, posso anche togliermene dei pezzi (o in altri casi, prestare il mio utero). E la liberale e magnanima California le ha fatto realizzare il suo sogno: lo scorso 4 febbraio Abby Ramsay è stata sottoposta a salpingectomia bilaterale (la rimozione di entrambe le tube di Falloppio).
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Avere un figlio richiede troppa responsabilità, i contraccettivi le fanno paura
Confusione, dicevo all'inizio. E non è un'accusa, è riconoscere gli effetti di una frantumazione umana in corso, che miete vittime proprio insinuando l'idea che si è padroni delle proprie scelte. Qual è la vera obiezione alla maternità? Dedicarsi a un soggetto che poi sarà completamente autonomo, cioé investire tempo e cura per qualcuno che 'non sono io'? O è l'eccesso di responsabilità a spaventare?
Le risposta articolata di Abby mette in campo elementi in collisione tra loro. Vuole pensare solo a sé o teme di non essere all'altezza della cura di un figlio? L'unico punto di intersezione di queste due ipotesi è la paura. La paura di perdere se stessi dedicandosi a un altro, la paura delle responsabilità. Può il timore essere il movente a cui radicare un'ipotesi di vita?
E la confusione non finisce qui.
Curioso che, non andandole a genio gli strumenti di controllo delle nascite, non consideri tale la sterilizzazione. Ma il segnale prevalente è ancora l'onnipresente spavento.
E non c'è niente di più amaro che sentire una voce giovane che ripete la sua paura proprio nei confronti del tema della vita. Questi squarci - eccezionali, è vero - di realtà mostrano una scena umana davvero sterile.
Dolore mestruale e cancro alle ovaie
A corredo della narrazione su di sé, Abby aggiunge anche questo quadro clinico che rende - ai suoi occhi - la sterilizzazione come la perfetta quadratura del cerchio. Oltre a essere 'una scelta giusta' per il proprio stile di vita è anche curativa delle sue patologie e preventiva rispetto allo spettro del cancro.
Questa sovrabbondanza di spiegazioni e giustificazioni mi pare una spia luminosa. Quasi un sovraccarico di energia per convincersi della bontà della sua decisione. Ha fatto una scelta da cui non si torna indietro, molti medici - in quei 6 anni di rifiuti a operarla - le hanno detto che non era un intervento necessario.
Non tutte le donne hanno la vocazione alla maternità, verissimo. Ma qui l'impressione è che manchi proprio una riflessione sulla propria vocazione (il discernimento di un'ipotesi di vita a cui dire sì). Fondare il proprio cammino sulla pars destruens è pericoloso, fare passi in avanti in base a ciò che non si vuole è perdere, in tutti i sensi. Perdersi, anche.
Abby ha perso una parte di sé, e ne è fiera. E quello che rattrista e lascia attoniti è proprio questa gioia apparente che esulta della conquista di essersi liberata di una parte di sè. E cosa farai domani, Abby, quando un'altra parte di te ti farà male o ti procurerà disagio e preoccupazioni?
O siamo amati in principio da un Padre che non vuol perdere nessuno dei nostri capelli o andiamo letteralmente a pezzi.