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Medici musulmani attraversano a piedi la frontiera con l’Ucraina e assistono chi fugge (VIDEO)

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Dolors Massot - pubblicato il 17/05/22
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Una coppia cattolica li aiuta a ottenere materiale sanitario. Da Medyka, portano cibo e medicinali dall'altro lato della frontiera e hanno organizzato un dispensario medico

Forse la guerra in Ucraina ci ricorderà che siamo tutti fratelli, al di là delle distinzioni di razza, lingua e cultura. Un gruppo di medici musulmani europei non ha voluto rimanere con le mani in mano a guardare le notizie da casa e si è recato a Medyka, punto di frontiera tra Polonia e Ucraina, per aiutare chi fugge dall'invasione russa.

Sono perlopiù medici giovani, provenienti da Germania e Regno Unito. Parlano varie lingue, e si dedicano a offrire quello che può servire al fiume di persone che giungono esauste e senza risorse alla ricerca di un rifugio sicuro. Ma ci sono lunghe file, e bisogna stare in piedi a volte anche più di 24 ore prima di passare dall'altra parte.

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Stando così le cose, i medici hanno deciso di non aspettare dal lato sicuro della Polonia, ma di correre in aiuto dei rifugiati e assisterli già al loro arrivo alla coda, ancora in territorio ucraino. A volte, di notte, la temperatura è di 5 gradi sotto zero, senza coperte e all'addiaccio. Pochi giorni fa c'è stato un bombardamento a 17 chilometri di distanza. Mettono in pericolo la propria vita, ma preferiscono salvare tutti quelli che possono assistere.

Questi medici volontari appartengono all'associazione Humanity First.

A Medyka sono aiutati dalla coppia formata da Susana Menéndez e suo marito Michael Martin. Lei è spagnola, lui di origine tedesca, e vengono dalla Galizia (Spagna). Il 4 marzo hanno deciso di partire alla volta della frontiera con l'Ucraina per aiutare per quanto potevano. Lei è un avvocato esperto in diritto umani, e hanno entrambi alle spalle esperienze di volontariato. Si sono conosciuti quando lui era un mendicante e lei una volontaria che lo assisteva, ma questa è un'altra storia che potete leggere qui.

Susana ha raccolto il denaro delle persone che vogliono aiutare i rifugiati e lo impiega per comprare materiale come coperte e medicinali. Offre aiuto ai medici, che le passano la lista dei farmaci di cui hanno bisogno, e lei va nella città più vicina a comprarli nelle farmacie. È anche riuscita ad acquistare un defibrillatore, tra gli altri prodotti necessari per organizzare un piccolo dispensario alla frontiera.

Lì i medici hanno già installato 3 barelle e una struttura che potrebbe fungere da sala operatoria. Accanto in grandi pentoloni preparano pasti caldi per i rifugiati. Caricano poi i pentoloni su un carrello da supermercato e lo portano a piedi lungo la strada fino all'interno del territorio ucraino, dove si trovano i rifugiati.

In un magazzino riuniscono abiti, scarpe, coperte, prodotti per l'igiene personale… Quando arrivano dall'altro lato della frontiera, i rifugiati ricevono quello di cui hanno bisogno prima di registrarsi e di continuare il loro viaggio verso la Polonia o un'altra destinazione.

I medici assistono i malati cronici, i feriti e chi ha bisogno di aiuto perché già appare la sindrome da stress post-traumatico provocata dai bombardamenti, la permanenza nei rifugi e la paura nei villaggi e lungo il cammino. Molti rifugiati sono donne, bambini e anziani, mente gli uomini tra i 18 e i 60 anni sono rimasti a combattere.

Il lavoro dei medici è moltissimo, e quindi si fanno turni di 8-10 giorni, in base alle forze e alla disponibilità. Susana continua a chiedere collaborazione nei confronti di questa équipe che lavora per la pace e mette in pratica la sua vocazione di aiutare chi soffre, e si incarica di inviare informazioni su quello che accade a Medyka e sulle necessità più urgenti. Ora cerca anche di ottenere, tra le altre cose, giubbotti antiproiettile, occhiali per la visione notturna e un generatore di corrente per sostenere gli ospedali ucraini rimasti senza luce. Tutte le casse di farmaci che arrivano vengono fatte passare rapidamente dall'altro lato della frontiera.

VIDEO

Sembra impossibile che a pochi chilometri da questa zona di pace possa esserci tanta sofferenza. “Qui tutto quello che facciamo ha un senso, anche se sembrano piccole cose”, dice Susana. “Grazie a tutti voi che ci aiutate con la vostra preghiera, i vostri messaggi, le donazioni e il sostegno emotivo. Tutto aiuta a fare andare avanti questa iniziativa”. Michael, dal canto suo, non smette un attimo di spostare casse, pulire e distribuire caffè a chi ora ritiene una bevanda calda più preziosa dell'oro.

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Potete seguire il lavoro di Susana e Michael sul loro profilo Instagram, @adondetellevalavida. Il libro di Michael si intitolava Adonde te lleva la vida (Dove ti porta la vita), ed è stato davvero un segno premonitore.

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