Un monastero cattolico è diventato il quartier generale della nuova amministrazione filo russa a Mariupol, la città portuale dell’Ucraina conquistata dall’esercito di Mosca.
Il monastero dei paolini
Si tratta del monastero dell’Ordine di San Paolo primo eremita a Mariupol dove vivevano e prestavano servizio i padri paolini. La struttura è stata sequestrata dai russi ed è diventata ora la sede della dell’amministrazione locale della cosiddetta Repubblica popolare di Donetsk.
A dare la notizia padre Pavlo Tomaszewski, il parroco paolino della parrocchia di Nostra Signora di Czestochowa di Mariupol, con un post su Facebook.
“Hanno preso tutto quello che c’era”
Al Sir (16 maggio) racconta: “Il 17 marzo il nostro monastero è stato saccheggiato. Hanno preso tutto quello che c’era, anche i calici per il servizio divino e ogni cosa di valore”.
“In città non c’è un servizio di telefonia mobile o di internet. So che c’è corrente e acqua da qualche parte. Ma lì è un disastro. Vi confido che è molto difficile per il mio cuore. È difficile per me, perché ci hanno tolto la chiesa, hanno fatto di tutto per farci andare via. E ora l’hanno disonorata. È molto, molto difficile da accettare”.
La fuga da Mariupol
Il 5 marzo scorso, insieme ad un altro confratello dell'Ordine di San Paolo Primo Eremita (Paolini), il sacerdote era riuscito a fuggire dal monastero, nella città sotto assedio dai russi, insieme ad alcuni parrocchiani. E adesso si trovano nel monastero della parrocchia di San Nicola a Kamianets-Podilskyi. In precedenza, è stato riferito che il monastero di Mariupol era stato anche saccheggiato (Avvenire, 16 maggio).
La crisi nera di Mariupol
Secondo quanto riporta anche l’agenzia ucraina cattolica “Risu”, a Mariupol si sta verificando un vero e proprio genocidio del popolo ucraino. Si prevede che entro la fine del 2022, più di 10mila persone potrebbero morire a causa di malattie e condizioni intollerabili. Ad aggravare la situazione, l’assedio allo stabilimento di Azovstal, dove è ancora bloccata una parte dei militari del battaglione Azov – tra cui circa 600 feriti -, in condizioni precarie, senza medicine, acqua e cibo. Papa Francesco ha più volte chiesto l’apertura di corridoi umanitari e ha anche incontrato a Roma le mogli di due dei soldati (Romasette, 16 maggio).