Ci sono sovrapposizioni, nel calendario, che sono più di mere coincidenze. Domenica 15 maggio, a Roma, è stato canonizzato un ufficiale diventato prete, e due giorni dopo – oggi – a Lione si celebreranno le esequie di un altro ufficiale diventato prete.
Quello di Henri Pillot è anzitutto un percorso fuori dal comune, che va dalla École Spéciale Militaire de Saint-Cyr (promozione Union Française) al seminario universitario di Lione, passando per il djebel algerino, la landa di Coëtquidan e le montagne alpine. Nel 1992 la sua ordinazione, mediante la preghiera e l’imposizione delle mani di mons. Decoutray, fece scalpore. Era infatti la prima volta che un generale, a 61 anni, entrava nel clero diocesano di Lione.
Prete con l’esempio
La sua età, la sua personalità, le sue abitudini di ufficiale superiore non permettevano di farne un prete come gli altri, ma il suo carisma lo ha rapidamente portato a servizio della gioventù, come cappellano dei Certosini e come consulente ecclesiastico dei giovani scout. Fu così che divenne cappellano del branco Lyon 1, il quale nei suoi ranghi aveva già contato un certo Henry Grouès (che sarebbe poi divenuto l’Abbé Pierre) e Théodose Morel, eroe delle Glières. Un branco di cui ho avuto l’onore di essere il capo. Indubbiamente questa duplice eredità doveva andargli a genio, tanto Pillot coltivava la parola diretta del primo e l’ideale ardente del secondo.
Del suo percorso militare i giovani scout non seppero mai molto, perché lui parlava poco di sé stesso: bastava il suo grado a titillare la loro immaginazione, nonché i mille ricordi – le granate commemorative, i quadri e le medaglie commemorative che ornavano il suo appartamento –, a tenere spalancati i loro occhi per l’ammirazione.
Tarchiato, di presenza curata (come riportano le note militari), taglio a spazzola corto sopra un volto spesso, stretta di mano virile… l’uomo coltivava l’aura del suo stato anteriore. Non disdegnava di usare parole ferme, ma non si presentava mai come autorità morale e non teneva discorsi altamente teologici. Uomo sul campo, era prete per i giovani al modo in cui lo si può e deve essere dopo aver letto Lyautey: con l’esempio. Aveva per ciascuno un’attenzione sempre benevola. Soprattutto, non lo abbandonava mai la gioia nel comunicare, l’occhio vivace sul quale l’età non aveva avuto presa, e un riso che si stampava sul volto e i cui scoppi riempivano tutto lo spazio.
Rideva forte e di tutto
Il padre Pillot rideva. Molto, forte e di tutto – cominciando da sé stesso, ad esempio quando cominciò a difettargli l’udito (a lui che amava la musica). A tutti apportava la testimonianza vivente di un uomo fondamentalmente felice: felice della vostra presenza, del momento e di servire il buon Dio come aveva servito la Francia.
Una duplice vocazione compiuta, della quale rendono testimonianza molti scout che, diventati padri di famiglia, dicono oggi l’affetto che ebbero per il loro “Padre”, nonché il ruolo che egli ebbe nella costruzione della loro personalità sulla soglia dell’adolescenza.
Al termine di una vita offerta – generale di brigata, prete di Gesù Cristo –, è partito «come uno scout, dopo le vacanze, se ne torna a casa». Arrivederci, generale. A Dio, padre.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]