Si soffre di depressione anche durante la gravidanza
Ci sono donne, non poche, che vivono i 9 mesi di gravidanza senza sfondi rosa e musichette delicate di atmosfera. Tradire l'immagine della dolce attesa può generare nella futura mamma pensieri cattivi nei confronti di se stessa. Ma non dovrei essere felice di aspettare un bambino? . E chi lo dice che gioia ed euforia siano le uniche emozioni rivelatrici di una vera consapevolezza della propria maternità? L'arrivo di un figlio è una presenza che cambia radicalmente la vita, è l'altro che irrompe. Il tremore non è solo contemplato, ma dovuto.
Dunque, che sulla scena si spalanchino domande apprensive, ipotesi incognite e paura possono essere segni di una cura e premura già in atto. La paura, infatti, è un'emozione sollecitata dal senso di protezione e difesa di ciò che abbiamo di più caro. Può degenerare nell'incubo, così come l'apprensione può diventare una schiavitù dipendente dal terrore per il futuro. Esiste questo terreno scivoloso e infido. Esiste non solo la depressione post-parto, ma anche quella gravidica e perinatale (che riguarda cioè l'intero periodo che abbraccia i 9 mesi di attesa e il primo anno di vita del bambino).
Il travaglio di una madre non comincia allo scadere dei novei mesi, e non finisce quando ha in braccio il suo bambino.
90 mila mamme soffrono di depressione perinatale
Se ne parla in questi giorni perché l'argomento è stato tirato fuori da Britney Spears. La cantante, annunciando la sua terza gravidanza, ha anche parlato della depressione perinatale patita durante le gravidanze precedenti. E va benissimo se una piccola notiziola di costume ci offre lo spunto per affrontare un tema che si tende a tenere nascosto.
Se una gravidanza non è accolta serenamente, se la donna si trova a valutare l'ipotesi di un aborto, questo genera un orrizonte cupo. In questi casi il disagio psicologico è aggravato dall'obiezione con cui si guarda alla gravidanza. Ma ci sono molti in casi in cui donne assolutamente accoglienti e liete nei confronti della vita nascente affrontano i mesi dell' attesa pervasi da pianto, panico, dubbi. Ed è dentro queste storie che è bene infilarsi, per scostare la tenda della reticenza sull'argomento.
Così, sul Corriere troviamo un bell'approfondimento che comincia con un pugno forte:
Cos'è questo malessere di cui si chiede scusa? Sembra un'ombra evanescente, difficile da afferrare. La depressione perinatale non esiste come categoria diagnostica specifica. Viene trattata come depressione associata alla condizione medica della gravidanza. Però l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere (Onda) ha dichiarato che in Italia la depressione perinatale colpisce 16 donne su 100. Questo vuol dire che ogni anno sono almeno 90mila le mamme che ne soffrono.
Il malessere è accompagnato dal senso di colpa - chiedendogli scusa per quello che ero - proprio perché spesso manca la consapevolezza che si può dare un nome alla propria fragilità. Non è la persona nella sua interezza a essere sbagliata, c'è una zona parziale di fragilità. Manca anche la consapevolezza che quest'ombra nera - come tutte quelle che possono avvolgere l'anima - non è una lettera scarlatta di inadeguatezza a essere mamme. E si può essere aiutati a farla sparire.
Come ci ricordò Chesterton (che visse un tremendo periodo di buio esistenziale), è tipico di ogni incubo indurre chi lo vive a credere alla voce assoluta del panico. Invece basta una voce amica - diversa dal nostro borbottio mentale - a schiarire il cielo.
Sintomi
Proviamo a fare un passo dentro l'incubo. Quali sono i sintomi di questa depressione? Ogni piccola sensazione di tristezza è un campanello d'allarme?
Il mantra dei dottori e degli psicologi che osservano le mamme in attesa dal punto di vista sanitario è quello che riguarda le normali alterazioni dovute agli ormoni. Il cambiamento fisico incide sul tutto della persona, sulla mente e sulle emozioni.
Ospitare una vita nel grembo significa trasformare radicalmente la propria identità. Che ci sia chi lo vive senza un contraccolpo pesante non significa che chi, invece, avverte una grande vertigine stia respingendo o tradendo la maternità.
Quando si parla di depressione non ci si riferisce a qualche lacrima scappata occasionalmente o a un pensiero ansioso che ci sveglia nel pieno della notte. L'allarme arriva quando il cumulo di apprensioni e paure è tale da degenerare in comportamenti esasperati. L'ansia diventa tale da ridurre al minimo il desiderio di svolgere le azioni quotidiane. La perdita dell'appettito si protrae e non dipende solo dalle nausee gradiviche. L'insonnia diventa costante. Capitano casi di veri e propri attacchi di panico.
Riconoscere questi segni è il primo passo per disinnescare l'incubo, perché anche in presenza di queste ferite non è in discussione il valore di una madre. La condivisione è un'arma molto efficace. Alcune donne hanno cercato di disinnescare il proprio malessere dicendo ad alta voce quali brutti pensieri passavano loro per la testa. Può essere un gran bell'esercizio da fare: dire ad alta voce porta nel campo della realtà i pensieri. Ed è saltato fuori:
Il secondo vantaggio di condividere a voce alta le zone d'ombra anche 'impresentabili' ci rende consapevoli che i nostri presunti incubi non sono solo nostri.
Oltre a questa consapevolezza ci sono altri alleati nel travaglio prolungato che è l'essere madre.
Alleati nel travaglio
L'essenziale è invisibile agli occhi, diceva Saint Exupery. Ed vero anche nel suo senso più terribile. Una delle frecce più velenose scoccate dalla depressione è l'incapacità di vedere il bene presente. L'essenziale sparisce letteralmente dal campo visivo e le ombre si dilatano mostrandosi della stessa consistenza del cemento armato. Ma ha ragione Chesterton nel dire che, col colpo giusto di pistola in canna, l'incubo si disintegra. Trovare alleati di tiro al bersaglio (malvagio-diabolico) è il passo cruciale da fare quando la realtà tende a sparire e i pensieri di terrore e ansia a prevalere.
Eccone alcuni.
Partiamo dalla compagnia più importante, quella che si sperimenta nella preghiera. Pregare è l'atto di riconoscerci come noi. Quando preghiamo siamo, legame diretto e vivo con il Padre. Questa coscienza sgretola alla base la tentazione di sentirsi soli nella prova. Esiste il nastro azzurro della Madonna di Loreto a cui si affidano molte future mamme; oltre a sentire la carezza di Maria, questa tradizione dimostra che la compagnia di madri che affrontano una gravidanza in salita è molto numerosa.
Esiste la preghiera di adozione del concepito che dura 9 mesi. Smarcarsi dalle afflizioni personali aiuta a non assolutizzare le proprie pene e dunque impegnarsi in una preghiera in cui si affinda a Dio l'anima di un bimbo concepito che è in serio pericolo di vita può essere d'aiuto a guardare il proprio travaglio personale alla luce di altri che sono nel dolore.
Esiste anche la novena a Nostra Signora della dolce attesa.
Accanto alla squadra celeste, ci sono altri alleati terreni altrettanto amici della nostra fragilità. Il sostegno psicologico, inteso come strumento di approfondimento della conoscenza di sè, è un percorso benefico e può essere intrapreso con specialisti che hanno a cuore non i meccanismi ma l'integrità di corpo e anima della persona.
Da ultimo, le ostetriche. Sono vere accompagnatrici alla nascita, e sanno che anche una madre deve nascere quando dà alla luce suo figlio. Abbiamo ospitato voci di ostetriche che svolgono il loro mestiere come vocazione intera alla vita, compresa l'accoglienza e l'accudimento delle ferite più esposte delle madri. Di recente vi abbiamo proposto anche un podcast dedicato alla gravidanza, pensato da due ostetriche che hanno a cuore l'ipotesi che la nascita sia un'esperienza plurale, di condivisione tra chi ha attraversato momenti complicati e chi è trepidante di fronte a una nuova gravidanza.
Non sono soluzioni, sono piccole occasioni per innescare un movimento opposto all'isolamento, che è la tentazione peggiore generata dalla depressioni.