Vangelo di mercoledì 27 aprile
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.
(Giovanni 3,16-21)
Tra la luce e il buio dovremmo ovviamente preferire la luce, ma la verità è che molto spesso preferiamo il buio perché nel buio possiamo nasconderci. Siamo un po’ come Adamo ed Eva dopo il peccato originale: essi si nascondono perché hanno paura per quello che hanno fatto.
Dio viene a cercarci in questo buio non per condannarci ma per liberarci proprio dalla paura che ci tiene in ostaggio. Ecco il senso del discorso che Gesù fa nel Vangelo di oggi:
È un passaggio fondamentale nella vita di una persona imparare a far luce su se stessi, sul proprio passato, sulle proprie fragilità, sui propri errori, ma anche sulle proprie potenzialità, sul proprio bene, su ciò che si è veramente. La paura di noi stessi è il più grande impedimento all’esperienza dell’amore di Dio. Chi non si accetta non accetta nemmeno che Dio lo ami. È una grande grazia da domandare oggi sulla spinta di questa pagina del Vangelo.