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Il Papa: nelle crisi tocchiamo le piaghe del Risorto, che non cerca cristiani perfetti

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Vatican News - pubblicato il 24/04/22
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Prima della recita del Regina Coeli, Francesco commenta il Vangelo domenicale delle due apparizioni di Gesù ai discepoli e l’incontro con Tommaso, che rappresenta tutti noi e la nostra fatica nel credere. “Meglio una fede imperfetta ma umile – spiega - che sempre ritorna a Gesù, di una fede forte ma presuntuosa, che rende orgogliosi e arroganti”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Nei nostri “momenti di crisi”, nella fatica, “Gesù, il Risorto, desidera tornare per stare con noi”. Aspetta solo “che lo cerchiamo”, anche portandogli, come Tommaso, “i nostri bisogni e la nostra incredulità”, per tornare a Lui “al suo perdono, a quelle piaghe che ci hanno risanato”. Senza paura, perché il Signore “non cerca cristiani perfetti”. Così, “diventeremo anche capaci di compassione”, di avvicinare “senza pregiudizi le piaghe degli altri”. Papa Francesco rilegge così, prima della preghiera del Regina Coeli, il Vangelo di questa domenica dell’Ottava di Pasqua e il racconto dell’evangelista Giovanni della prima e seconda apparizione del Risorto ai discepoli, chiusi nel cenacolo.

Anche noi come Tommaso, la fatica di credere

Il Papa guarda ai due protagonisti delle apparizioni, l’apostolo Tommaso e Gesù. Il primo rappresenta tutti noi, “che non eravamo presenti nel cenacolo quando il Signore è apparso” e quindi “non abbiamo avuto altri segni fisici o apparizioni da parte di Lui”.

Anche noi, come quel discepolo, a volte facciamo fatica: come si fa a credere che Gesù è risorto, che ci accompagna ed è il Signore della nostra vita senza averlo visto né toccato? Perché non ci dà qualche segno più evidente della sua presenza e del suo amore? Ecco, anche noi siamo come Tommaso.

Le crisi di fede ci rendono umili

Ma, spiega Francesco, “non dobbiamo vergognarci di questo” perché, parlandoci di Tommaso, “il Vangelo ci dice che il Signore non cerca cristiani perfetti, che non dubitano mai e ostentano sempre una fede sicura”. Perché “l’avventura della fede, come per Tommaso, è fatta di luci e di ombre. Se no, che fede sarebbe?”. E quindi “conosce tempi di consolazione, di slancio e di entusiasmo, ma anche stanchezze, smarrimenti, dubbi e oscurità”.

Il Vangelo ci mostra la “crisi” di Tommaso per dirci che non dobbiamo temere le crisi della vita e della fede. Tante volte ci rendono umili, perché ci spogliano dall’idea di essere a posto, di essere migliori degli altri. Le crisi ci aiutano a riconoscerci bisognosi: ravvivano il bisogno di Dio e ci permettono così di tornare al Signore, di toccare le sue piaghe, di fare nuovamente esperienza del suo amore, come la prima volta. È meglio una fede imperfetta ma umile, che sempre ritorna a Gesù, di una fede forte ma presuntuosa, che rende orgogliosi e arroganti.

Gesù, anche con le porte chiuse, torna

E, si chiede il Pontefice, “davanti all’assenza e al cammino di Tommaso, che è spesso anche il nostro, qual è l’atteggiamento di Gesù?”. Il Vangelo dice che Egli “venne”, due volte in otto giorni.

Gesù non si arrende, non si stanca di noi, non si spaventa delle nostre crisi e debolezze. Egli ritorna sempre: quando le porte sono chiuse, torna; quando dubitiamo, torna; quando, come Tommaso, abbiamo bisogno di incontrarlo e di toccarlo più da vicino, torna. Torna sempre, e non con segni potenti che ci farebbero sentire piccoli e inadeguati, ma con le sue piaghe, segni del suo amore che ha sposato le nostre fragilità.

Nella prossima crisi, cerchiamo le sue piaghe

Quindi, conclude Papa Francesco, “specialmente quando sperimentiamo stanchezze o momenti di crisi, Gesù, il Risorto, desidera tornare per stare con noi”. Aspetta solo “che lo cerchiamo, lo invochiamo”, persino che, come Tommaso, “protestiamo, portandogli i nostri bisogni e la nostra incredulità”.

Egli torna, perché è paziente e misericordioso. Viene ad aprire i cenacoli delle nostre paure e delle nostre incredulità, perché sempre ci vuol dare un’altra opportunità. Pensiamo allora all’ultima volta che, durante un momento difficile o un periodo di crisi, ci siamo chiusi in noi stessi, barricandoci nei nostri problemi e lasciando Gesù fuori casa. E ripromettiamoci, la prossima volta, nella fatica, di ricercare Gesù, di tornare a Lui, al suo perdono, a quelle piaghe che ci hanno risanato.

Così, sottolinea infine il Papa, “diventeremo anche capaci di compassione, di avvicinare senza rigidità e senza pregiudizi le piaghe degli altri”. Con l’aiuto di Maria, Madre di misericordia.

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