di Adriana Masotti - Città del Vaticano
La Veglia nella notte di Pasqua segna il passaggio dall’oscurità alla luce, dalla morte alla vita perché celebra Cristo Risorto, Cristo vivo che “ancora oggi passa, trasforma e libera”. L’invito che questa sera ci rivolge è a rotolare la pietra dal sepolcro per portare a tutti la gioia di Gesù. Anche nel buio della guerra in corso nel cuore dell'Europa l'annuncio della Risurrezione è fonte di speranza e balsamo in mezzo a tante sofferenze.
Il passaggio dall'oscurità alla luce
La Basilica vaticana è al buio quando alle 19.30 inizia la solenne celebrazione presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, e alla presenza di Papa Francesco. Solo dopo alcuni minuti la Basilica si illumina a giorno. Il Rito ha inizio nell'atrio con la benedizione del fuoco nuovo e l'accensione del cero pasquale. Alla processione di tutti i concelebranti verso l'altare della Cattedra e al canto dell'Exultet che annuncia la Risurrezione, segue la Liturgia della Parola con letture dell'Antico e del Nuovo Testamento, e la Liturgia battesimale. Sette i Catecumeni di età adulta a cui questa sera viene amministrato il sacramento dell'iniziazione cristiana, provenienti da Italia, Stati Uniti, Albania e Cuba. Papa Francesco segue la Veglia rimanendo seduto davanti all'altare che raggiunge per pronunciare l'omelia, mentre più tardi si recherà al fonte battesimale per amministrare i sacramenti.
Le donne al sepolcro: vedono, ascoltano, annunciano
Un’altra notte volgeva al termine mentre, come racconta il Vangelo, alcune donne erano dirette al sepolcro di Gesù per prendersi cura del suo corpo. Alle prime luci dell'alba le attende, afferma il Papa dando inizio all'omelia, “un’esperienza sconvolgente”: la tomba è vuota e qualcuno dà loro l'annuncio che Cristo è risorto. Allora quelle donne corrono per dare subito la notizia ai discepoli. Di loro Francesco sottolinea tre azioni con cui anche noi possiamo entrare nella Pasqua del Signore: le donne vedono, ascoltano, annunciano.
La Pasqua dona una speranza inattesa
“Il primo annuncio della Risurrezione è un gesto da contemplare”, continua Francesco, è un fatto che si vede e che scuote: la pietra rimossa, un corpo che non c’è più.
La Pasqua, dunque, inizia ribaltando i nostri schemi. Giunge con il dono di una speranza sorprendente. Ma non è facile accoglierla. A volte – dobbiamo ammetterlo – nel nostro cuore questa speranza non trova spazio. Come le donne del Vangelo, anche in noi prevalgono domande e dubbi, e la prima reazione di fronte al segno imprevisto è la paura, “il volto chinato a terra”.
E' possibile vedere diversamente
Anche noi, prosegue il Papa, troppo spesso teniamo lo sguardo rivolto verso il basso, fissati soltanto sull’oggi, senza illusioni riguardo al futuro, chiusi nell’apatia e nella rassegnazione e privi della gioia di vivere. Ma il Signore in questa notte vuol cambiarci donandoci la speranza “che la paura, il dolore e la morte non avranno l’ultima parola su di noi”. E citando una frase di K. Rahner, Francesco prosegue:
Grazie alla Pasqua di Gesù possiamo fare il salto dal nulla alla vita, “e la morte non potrà ormai più defraudarci della nostra esistenza”: essa è stata tutta e per sempre abbracciata dall’amore sconfinato di Dio. È vero, può intimorirci e paralizzarci. Ma il Signore è risorto! Alziamo lo sguardo, togliamo il velo dell’amarezza e della tristezza dai nostri occhi, apriamoci alla speranza di Dio!
Il coraggio di lasciarsi trasformare
La seconda azione delle donne del Vangelo è ascoltare. Due figure in vesti sfolgoranti le interpellano: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui”. Il Papa sottolinea quel non è qui! che sconvolge le donne ci fa bene ripeterlo ogni volta che crediamo di sapere tutto di Dio, che lo cerchiamo nelle emozioni o solo quando ne abbiamo bisogno o, ancora, quando crediamo di trovarlo nelle abitudini dimenticando “di cercarlo negli angoli più oscuri della vita, dove c’è chi piange, lotta, soffre e spera”. E ripropone la domanda: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”.
Non possiamo fare Pasqua se continuiamo a rimanere nella morte; se restiamo prigionieri del passato; se nella vita non abbiamo il coraggio di lasciarci perdonare da Dio, che perdona tutto, il coraggio di cambiare, di rompere con le opere del male, di deciderci per Gesù e per il suo amore; se riduciamo la fede a un amuleto, facendo di Dio un bel ricordo di tempi passati, invece che incontrarlo oggi come il Dio vivo che vuole trasformare noi e il mondo.
Una Chiesa che corre per annunciare la gioia del Vangelo
Dopo aver visto e ascoltato, le donne corrono per annunciare ad altri la gioia della Risurrezione. La Pasqua, osserva il Papa, non è un evento consolatorio da tenere per sé, ma spalanca “i cuori all’annuncio straordinario della vittoria di Dio sul male e sulla morte”. Non fa star fermi, ma fa correre. Quelle donne “sanno che potrebbero essere prese per pazze”, ma non fanno calcoli, non misurano le parole. "Soltanto - aggiunge - avevano il fuoco nel cuore per portare la notizia, l’annuncio: "Il Signore è risorto!". E commenta:
E com’è bella una Chiesa che corre in questo modo per le strade del mondo! Senza paure, senza tatticismi e opportunismi; solo col desiderio di portare a tutti la gioia del Vangelo. A questo siamo chiamati: a fare esperienza del Risorto e condividerla con gli altri; a rotolare quella pietra dal sepolcro, in cui spesso abbiamo sigillato il Signore, per diffondere la sua gioia nel mondo.
Portare Gesù nella vita con gesti di pace e giustizia
L’esortazione di Papa Francesco è a far risuscitare il Signore nelle nostre esistenze, a liberarlo dal sepolcro in cui lo abbiamo chiuso perché non ci disturbi più.
Portiamolo nella vita di tutti i giorni: con gesti di pace in questo tempo segnato dagli orrori della guerra; con opere di riconciliazione nelle relazioni spezzate e di compassione verso chi è nel bisogno; con azioni di giustizia in mezzo alle disuguaglianze e di verità in mezzo alle menzogne. E, soprattutto, con opere di amore e di fraternità.
Anche nel buio più fitto brilla la stella del mattino
“La nostra speranza si chiama Gesù”, afferma ancora il Papa, egli ha attraversato le nostre paure e le nostre debolezze e ci “ha risvegliati alla vita”, trasformando “il nostro lutto in danza”. E dice:
Facciamo Pasqua con Cristo! Egli è vivo e ancora oggi passa, trasforma e libera. Con Lui il male non ha più potere, il fallimento non può impedirci di ricominciare, la morte diventa passaggio per l’inizio di una vita nuova. Perché con Gesù, il Risorto, nessuna notte è infinita; e anche nel buio più fitto, in quel buio brilla la stella del mattino.
Preghiamo questa notte per tante sofferenze
E proprio pensando al buio più fitto, quello della devastante guerra in corso in Ucraina, a braccio, Francesco conclude la sua omelia rivolgendosi al sindaco di Melitopol, Ivan Fedorov, ora esule e presente alla Veglia con alcuni rappresentanti del governo e del parlamento del Paese. A loro rinnova in lingua ucraina, l'annuncio più bello: "Cristo è risorto":
In questo buio che voi vivete, signor sindaco, signore parlamentari e signori parlamentari, il buio oscuro della guerra, della crudeltà, tutti noi preghiamo, preghiamo con voi e per voi, questa notte; preghiamo per tante sofferenze. Noi soltanto possiamo darvi la nostra compagnia, la nostra preghiera e dirvi: “Coraggio! Vi accompagniamo!”. E anche dirvi la cosa più grande che oggi si celebra: Cristo è risorto!