Gli estremisti induisti vogliono proibire la presenza dei cappellani cattolici nelle prigioni dell'India, soprattutto nello Stato del Karnataka, nel Sud del Paese, sostenendo che le visite dei sacerdoti nelle carceri rappresentano proselitismo religioso.
Tra i gruppi principali che sostengono il divieto c'è il partito politico radicale induista Vishwa Hindu Parishad (VHP).
La pressione per il divieto alle visite dei cappellani si è intensificato dopo che un rappresentante induista ha trovato una Bibbia durante uma visita a un carcere. I radicali affermano che la distribuzione di testi religiosi non induisti è illegale, facendosi scudo del fatto che il Karnataka proibisce le conversioni forzate.
Lo Stato è governato da radicali induisti dal 2014, e sotto la loro gestione l'intolleranza anticristiana è aumentata notavelmente. Ad esempio, è cresciuto il numero di accuse fraudolente contro i cristiani per la presunta promozione di conversioni forzate. La pena per chi è condannato per questo crimine varia tra multe e detenzione.
L'arcivescovo di Bangalore, dal canto suo, denuncia che le accuse degli estremisti induisti sono caratterizzate da due pesi e due misure.
“Se i predicatori induisti sono autorizzati a visitare i detenuti induisti, perché sarebbbe sbagliato che i predicatori cristiani visitino i detenuti cristiani?”, chiede monsignor Peter Machado.
Per quanto riguarda le accuse frequenti contro i cristiani perché costringerebbero gli induisti a convertirsi, il presule afferma: “Se ci sono prove di conversioni forzate o fraudolente, si agisca secondo la legge, prove alla mano”.