Benedetto XVI è stato un «profeta» perché, più di tutti, ha saputo immaginare come sarà la Chiesa del futuro, cioè una Chiesa più «piccola»: lo ha affermato Papa Francesco. L’attuale pontefice ha riconosciuto al Papa Emerito la capacità di leggere e analizzare in modo corretto la prospettiva che aspettano la Chiesa da qui ai prossimi anni, tra cali delle vocazioni, diminuzione del numero di fedeli (in Europa) ed eliminazione di «privilegi».
Il colloquio a Malta
Le parole del Papa sono trascritte su “La Civiltà Cattolica” e si riferiscono ad un colloquio privato tra il pontefice e i gesuiti durante il suo viaggio apostolico a Malta. Il colloquio è avvenuto alle 7,20 di domenica 3 aprile papa Francesco in un salone della Nunziatura di Malta, dove erano raccolti 38 gesuiti maltesi, tra i quali p. Roberto Del Riccio, provinciale della Provincia euro-mediterranea, che comprende Malta, Italia, Albania e Romania.
“Più umile e autentica”
A Papa Francesco, i gesuiti chiedono qual è il futuro della Chiesa, che sembra in difficoltà in un Europa secolare e in crescita in Asia e Africa. «Papa Benedetto XVI è stato un profeta di questa Chiesa del futuro - sentenzia Bergoglio ai gesuiti maltesi -. Una Chiesa che diventerà più piccola, che perderà molti privilegi, sarà più umile e autentica e troverà energia per l’essenziale».
“Una Chiesa più piccola”
Papa Francesco immagina «una Chiesa più spirituale, più povera e meno politica: una Chiesa dei piccoli: Benedetto XVI da vescovo lo aveva detto: prepariamoci a essere una Chiesa più piccola. Questa è una delle sue intuizioni più ricche».
Le vocazioni
Il pontefice non nasconde che uno dei problemi più importanti riguarda le vocazioni. L’Europa è un continente che invecchia e i giovani si sposano meno che in passato. «Direi alle mamme di questi trentacinquenni che vivono nella famiglia di origine - afferma il Papa - di non stirare più le camicie! In questa situazione c’è anche il rischio di voler cercare le vocazioni senza adeguato discernimento».
La vera Chiesa sinodale
Papa Francesco ha anche menzionato il cammino sinodale. E’ sereno perché la Chiesa sta imparando «a parlare e scrivere “in Sinodo”». Bergoglio pensa ad un’assemblea sinodale capace di raccogliere davvero le istanze dei territori e di farsene carico. Come avvenne nel Sinodo del 2001, di cui era relatore. Solo così si guarda al futuro restando ancorati alla realtà.
Il Signore bussa alla porta
«Infine, voglio dire che non dobbiamo dimenticare quel gioiello che è l’Evangelii nuntiandi di Paolo VI - ha aggiunto il Papa - La vocazione della Chiesa qual è? Non sono i numeri. È evangelizzare. La gioia della Chiesa è evangelizzare. Il vero problema non è se siamo pochi, insomma, ma se la Chiesa evangelizza. Nelle riunioni prima del Conclave si parlava del ritratto del nuovo Papa. È stato proprio lì, nelle Congregazioni generali, che è stata usata l’immagine della Chiesa che esce, in uscita. Nell’Apocalisse si dice: “Io sto alla porta e busso”. Ma oggi il Signore bussa da dentro perché lo si lasci uscire. Questa è la necessità di oggi, la vocazione della Chiesa oggi».