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“Una sera ho detto a Dio che avrei iniziato a cercare i disperati per strada” 

CHIARA AMIRANTE
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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 13/04/22
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Chiara Amirante nel suo ultimo libro rivela cosa accadde quella sera. Era un periodo buio. Aveva saputo di una terribile diagnosi agli occhi

Chiara Amirante ci insegna a raggiungere la pace interiore. Come? Ne parla nel suo nuovo libro dal titolo “La pace interiore. Liberarsi dall’ansia, dalle paure e dai pensieri negativi” (Piemme). Questo libro inaugura una nuova collana dedicata alla Spiritherapy, un percorso di conoscenza di sé e guarigione del cuore seguito da circa 20.000 persone da 60 Paesi.

“La Pace interiore” vuole essere una risposta concreta per il difficile tempo che tutti viviamo a causa della Pandemia e dello stato di continua emergenze ed allerta a cui siamo sottoposti. E' un percorso che allontana ansie, preoccupazioni e insicurezze.

La diagnosi di uveite 

Quando è nata la “Pace interiore” di Chiara Amirante? La risposta è paradossale. E’ sorta in un momento buio, tenebroso. Quando la giovanissima fondatrice della comunità “Nuovi Orizzonti” ebbe una diagnosi terribile: una uveite degenerativa che le avrebbe compromesso la vista. 

La tentazione della disperazione 

«Ogni giorno - confessa l’ideatrice di Spiritherapy - dovevo lottare con la tentazione della disperazione, che sempre viaggia di pari passo con le situazioni di dolore acuto cronico. Ma non solo non ero triste e depressa, riuscivo anche a trasmettere gioia agli altri».

“Il più grande miracolo”

«Era questo per me il più grande miracolo - prosegue Chiara Amirante -. Continuavo a fare esperienza di una profonda pace del cuore nonostante la morsa del dolore non allentasse in alcun modo la sua presa! È così che poco alla volta è cresciuto in me il desiderio di andare in strada di notte per cercare tutti i più disperati e portare loro quella stessa pace che io, nonostante tutto, continuavo a sperimentare».

“Dammi un segno”

La spinta interiore che aveva, è la stessa Chiara Amirante a definirla «folle e irrazionale». «Così - svela - una sera mi sono rivolta a Dio con una semplice preghiera: “Padre, non so se questa idea matta di andarmene di notte in strada in cerca dei più disperati sei tu a metterla nel mio cuore. Io sono consapevole che per una ragazza sarebbe molto pericoloso, ma se per caso sei tu che fai crescere questo desiderio dentro di me, dammi un segno: dammi un minimo di salute in più perché io possa realizzarlo”».

Le condizioni di Chiara

Chiara non ero proprio nelle condizioni fisiche di andare in strada di notte. «Non solo perché stavo troppo male fisicamente ma anche perché la vista era molto diminuita e facevo fatica a riconoscere le persone anche a un solo metro di distanza». 

Nessuna richiesta di guarigione

Ma nella sua preghiera «non c’era neanche lontanamente una richiesta di guarigione ma solo di potere stare un po’ meglio per potere essere nelle condizioni di andare in strada di notte da sola. Volevo infatti andare nei sottopassaggi della metropolitana della stazione Termini, dove in quel tempo si affollavano i ragazzi più disperati e si toccava con mano l’inferno».

La risposta a quella “richiesta”

La risposta a quella semplice preghiera di preghiera è avvenuta il giorno seguente. Lei si sveglia senza più dolori agli occhi. «Arrivata in ospedale, i medici avevano fatto il solito controllo agli occhi prima di fare l’iniezione di cortisone. E avevano scoperto che la mia uveite cronica (che per ben sette mesi era sempre peggiorata nonostante le forti terapie) era improvvisamente scomparsa».

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