Vangelo di mercoledì 6 aprile
Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?». Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!». Gli risposero: «Il nostro padre è Abramo». Rispose Gesù: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l'ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero: «Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato.
(Giovanni 8,31-42)
La libertà di cui parla Gesù non ha nulla a che fare con l’autosufficienza, con il bastare a se stessi della mentalità del mondo, bensì è la libertà di chi sapendosi amato non considera un problema la propria miseria e i propri limiti. Non si è liberi perché non si hanno più limiti, ma si è liberi quando si sperimenta un amore che ci permette di vivere con libertà proprio nei propri limiti e nella propria miseria.
Solo l’amore fa si che la nostra miseria non abbia l’ultima parola su di noi. Gli interlocutori di Gesù si sentono invece liberi a partire da un’appartenenza religiosa, etnica, culturale, politica. Tante volte sono proprio questo tipo di appartenenze che nascondono una schiavitù più grande. Non c’è peggior schiavo di chi pensa di essere libero proprio mentre è nel cuore di una schiavitù. Capita ugualmente con l’esperienza del peccato che da una parte ci dà l’illusione di poter fare tutto quanto vogliamo ma in realtà alla fine ci rende dipendenti da ciò che compiamo, e molte volte non siamo più in grado di venirne fuori da soli.
L’incontro con Cristo è l’incontro con ciò che porta alla luce esattamente questo tipo di schiavitù latenti, per questo delle volte la fede è un’esperienza dolorosa, perché si tratta di prendere consapevolezza che la realtà è molto diversa da ciò che pensavamo essere vero noi. Ma è un dolore di liberazione non di morte.