La Settimana per la Vita, convocata dalla Conferenza Episcopale Venezuelana dal 20 al 27 marzo,
ha permesso di conoscere storie vere guidate dalla “mano di Dio”. Una di queste ha come protagonista Omareny Carolina García Pernía, di 38 anni, educatrice nello Stato Táchira, che contro ogni pronostico è rimasta incinta.
Il 27 marzo, nella chiesa di San Giuseppe della città di San Cristóbal, Omareny ha presentato il suo bambino di due anni e tre mesi.
Inginocchiata nel laboratorio ha ringraziato Dio
Nonostante i trattamenti medici e di agopuntura e il suo intenso desiderio di essere madre, Omareny non riusciva a rimanere incinta. I motivi erano biologici: i livelli ormonali riproduttivi non avevano mai raggiunto i valori adeguati per concepire.
Lei, però, si è aggrappata alla fede in Dio e nella Madonna. Ripeteva con fervore le preghiere imparate da bambina ed esponeva la sua situazione. Si può dire che l'arrivo di Juan Josué, che oggi ha due anni e tre mesi, sia stato dovuto al suo amore per la vita.
Domenica 31 marzo 2019, la sua amica Milagros del Valle Peña, del Proyecto Esperanza della diocesi di San Cristóbal, l'ha invitata a una Messa che avrebbe avuto luogo nella chiesa di San Giuseppe di quella città, durante la quale avrebbero benedetto il ventre delle donne incinte e di quelle che come lei per vari motivi non erano ancora riuscite a diventare madri.
Omareny è stata l'ultima ad alzarsi e a mettersi davanti all'altare. Nelle sue preghiere aveva già pregato “Papà Dio”, e con gran fede era anche accorsa dalla Vergine del Latte e della Consolazione di Táriba, ha riferito ad Aleteia.
“Mentre il sacerdote stava terminando di impartire la benedizione alle donne che si erano alzate prima di me, la signora Milagros mi ha detto: 'Professoressa, voglio che partecipi anche lei'”. Era il momento di manifestare la sua fede. E Dio le ha concesso il miracolo.
“Pochi giorni dopo ho iniziato a sentirmi strana: non volevo pettinarmi, i vestiti mi davano fastidio... Solo il 2 maggio 2019 ho fatto però il test di gravidanza. Avevo già concepito mio figlio, Juan Josué Pulido García”.
Quando ha ricevuto la notizia della gravidanza, si è inginocchiata nel laboratorio in cui aveva eseguito gli esami e ha ringraziato Dio e la Vergine. “Volevo davvero avere un figlio”, dice.
Ha quindi subito chiamato il suo partner, Jesús Eduardo Pulido Moreno, perché la portasse alla Casa di Preghiera Maria di Gerusalemme, e lì gli ha detto: “Ho una grande notizia, sono incinta!” Si sono abbracciati e hanno reso grazie a Dio per aver realizzato un sogno che avevano nel cassetto da molti anni.
Il 19 dicembre 2019 è arrivato Juan Josué.
Il messaggio della professoressa Omareny
La professoressa Omareny Carolina García Pernía, attraverso Aleteia, ha voluto inviare un messaggio di speranza alle donne che come lei desiderano diventare madri:
“In primo luogo, dobbiamo pregare con amore e devozione il nostro Dio dell'universo e la Vergine Maria, perché con la fede si può tutto, e questo sogno così bello di essere madre si realizzerà nel momento più inaspettato. Bisogna poi impegnarsi a prendersi cura e a vegliare sul benessere di questa nuova vita che cresce dentro di sé”.
Una settimana che benedice il ventre in Venezuela
La gioia di Omareny e di molte donne come lei continua a dare motivazione alla Chiesa soprattutto a far sì che ogni anno nella solennità dell'Annunciazione del Signore si celebri la Settimana per la Vita. Quest'anno si è svolta dal 20 al 27 marzo, convocata dall'episcopato. Da San Cristóbal, passando per Caracas e altre capitali regionali del Venezuela, le mobilitazioni a favore della vita – anche se non massicce – hanno dichiarato che la difesa dei nascituri è una realtà. Il motto era “Custodire ogni vita”.
Per questo motivo, come tutti gli anni, padre José Alirio Zambrano, consulente della pastorale familiare di San Cristóbal, ha benedetto il ventre delle donne incinte e anche quello delle donne che desiderano diventare madri, nella stessa chiesa in cui Omareny ha pregato nel 2019.
“Dobbiamo agire come il padre misericordioso del Vangelo, accogliere con amore i figli perché saranno sempre una benedizione di Dio”, ha detto padre Zambrano in base alle informazioni ricevute da Aleteia dalla diocesi di San Cristóbal.
“Dal momento della fecondazione, è nostro dovere come cristiani. Si difende non solo la vita del bambino, ma anche quella della madre – la sua vita fisica, psichica, emotiva e spirituale”, ha affermato il sacerdote venezuelano.
Proyecto esperanza, un modo per dire “Sì” alla vita
Aracelys Domínguez, del Proyecto Esperanza, programma della pastorale familiare, ha spiegato che questa organizzazione si incarica di difendere o salvare i bambini dall'aborto, motivando e sostenendo le mamme perché dicano “Sì” alla vita.
L'aborto, ha spiegato, ha due vittime: il bambino che viene assassinato nel ventre materno e la madre che soffrirà per i traumi della Sindrome Post-Aborto (SPA), con sintomi come tristezza, depressione, senso di colpa, disturbi del sonno, incubi, problemi dell'appetito o alterazione delle relazioni interpersonali.
La Domínguez ha sottolineato che il Proyecto Esperanza assicura accompagnamento pastorale a chi soffre di SPA perché superi i traumi, ristabilisca la salute e possa trovare speranza e senso alla vita. Per ulteriori informazioni si può scrivere all'indirizzo dscproyectoesperanza@gmail.com.