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Le visioni dei santi vanno prese “metaforicamente”? O sono “reali”?

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Giovanni Marcotullio - pubblicato il 31/03/22
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Incresciose lacune nella formazione di chierici e laici fomentano percezioni confuse della natura delle rivelazioni particolari, nonché sui rapporti virtuosi che esse devono intrattenere con la Rivelazione pubblica.

Questo è il commento di un lettore a un nostro articolo su rivelazioni private. Insieme con l’onestà e con l’apertura confidente colpisce anche la confusione in cui omelie e catechesi lacunose e prive di sostanza lasciano i fedeli, pure se ben disposti. 

“La Geenna è un simbolo” 

Riprendendo il discorso del lettore: che il nome ebraico “Geenna” – alla lettera “valle del torrente Hinnom”, a sud del centro storico di Gerusalemme – indichi una antica discarica cittadina è un dato vero, ma gravemente incompleto. Bisogna anzitutto sapere, infatti, perché essa fu adibita a immondezzaio, e stando alle fonti bibliche (in particolare 2Cr 28.33, nonché Ger 7,31-32.32,35) la ragione sarebbe da rinvenirsi nel culto a Moloch, cui ancora nell’VIII e nel VII secolo si sarebbero piegati alcuni re di Giuda: si trattava di un culto che prevedeva l’infanticidio e l’olocausto di bambini. Fu Giosia – fra i pochi re integri della storia sacra – a far demolire il luogo dell’empio culto e a votarlo alla damnatio memoriæ facendone una discarica. Il “fuoco inestinguibile” che vi ardeva era dunque funzionale allo smaltimento dei rifiuti. 

Col passare dei secoli, tre dati significativi di questo luogo lo hanno portato ad assurgere a simbolo di una realtà ultraterrena: 

    Questa triplice ragione ha fatto sì che la Geenna diventasse immagine di una realtà (attualmente) incorporea, della quale la Rivelazione infallibilmente insegna che 

      Ora attenzione: per qualche strano motivo legato forse alla pratica difettosa del principio di analogia, è invalso da molti secoli l’uso di intendere l’espressione come “la Geenna è un simbolo” come “l’inferno non esiste in realtà”, laddove di per sé sarebbe il contrario – è cioè la discarica a sud di Sion a “non esistere”, a non riguardarci, a non interessarci. Mentre esiste ciò che essa significa, ossia l’inferno. 

      La Rivelazione e le rivelazioni

      Una volta che si sia chiarito questo, occorre tornare a distinguere fra la Rivelazione pubblica e le rivelazioni particolari. Con la prima 

      Quanto alle seconde, invece, il Catechismo insegna: 

      Riguardo al Magistero, infine, bisogna ricordare ciò che la stessa Costituzione Dogmatica sulla Rivelazione volle precisare: 

      Una comune struttura antropologica 

      Joseph Ratzinger ebbe a ricordare che tra i due tipi di rivelazione c’è «una differenza non solo di grado ma di essenza». Moltissime considerazioni importanti l’allora Prefetto della CDF aggiunse nel documento sui “messaggi di Fatima”, ma in particolare questo passaggio sembra perfetto per rispondere alla perplessità del lettore: 

      Tanto la Rivelazione pubblica quanto le rivelazioni private passano dunque necessariamente dalla struttura conoscitiva dell’uomo – fatta di ragione, volontà, memoria, sentimenti, condizionamenti contingenti… –, ma proprio perché esse non si rivolgano contro l’uomo ingabbiandolo in un circuito di credenze autoreferenziali e privo di confronti esterni è necessario che tutte passino dall’istanza ecclesiale. 

      Inoltre è fondamentale che si conservi nettissima la distinzione fra le due realtà, che possono coesistere virtuosamente solo se e nella misura in cui le rivelazioni particolari si subordinano, nella vita del credente, alla Rivelazione pubblica. 

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