Tra le mura del Vaticano, alcuni avevano l’abitudine di chiamarlo “il James Bond di Giovanni Paolo II”. Effettivamente, il papa polacco lo incaricava regolarmente di missioni speciali, tanto segrete quanto pericolose. Ad esempio quella di andare a Mosca per celebravi segretamente la messa e consacrare la Russia e il mondo al Cuore Immacolato di Maria… alla vigilia del medesimo atto di consacrazione pronunciato da Giovanni Paolo II, in piazza san Pietro, il 25 marzo 1984.
La missione doveva apparire veramente impossibile, in un momento in cui l’Unione Sovietica era logorata da un regime totalitario e ufficialmente ateo. Non si tirò però indietro Paweł Hnilica (1921-2006), gesuita slovacco clandestinamente ordinato prete nel 1950, nel cuore delle persecuzioni religiose che infuriavano allora nella Cecoslovacchia comunista. Alla fine sarebbe stato esiliato a Roma, consacrato vescovo nel più grande segreto da Pio XII, nel 1951. E nel 1976 avrebbe fatto la conoscenza di mons. Karol Wojtyła, il futuro Giovanni Paolo II.
Come riporta Tomasz Terlikowski, autore dell’opera biografica non tradotta in italiano Biskup do zadan specjalnych (Il vescovo delle missioni speciali), fin dall’elezione del papa polacco il gesuita-vescovo slovacco gli disse apertamente: «Santità, la consacrazione e la conversione della Russia devono aver luogo durante il suo pontificato».
Giovanni Paolo II, che conosceva la grande devozione mariana di mons. Hnilica, gli rispose: «Se convince in vescovi, io la consacro a Maria anche subito». Ciononostante, nulla accadde per diversi anni. Fino al giorno del tentato assassinio di Giovanni Paolo II, il 13 maggio 1981, giorno della festa di Nostra Signora di Fatima. Trasportato d’urgenza al policlinico Gemelli, il papa polacco versava in condizioni critiche. Tutto il mondo si raccolse in preghiera.
Miracolosamente salvato, Giovanni Paolo II prese subito coscienza del nesso fra il suo attentato e il messaggio di Fatima. Ciò lo spinse a chiedere che gli venisse rivelato il contenuto del terzo segreto di Fatima, al quale non si era interessato fino ad allora. Dopo averlo letto, non soltanto fu sicuro che era stata Maria a salvargli la vita, ma anche di dover fare una cosa nel medio termine.
È quanto confidò a mons. Hnilica durante la sua convalescenza, nell’agosto 1981. Un anno più tardi, il giorno dell’anniversario del tentato omicidio, il Papa era già a Fatima per ringraziare la Vergine per l’essere sopravvissuto alle pallottole di Ali Ağca. E le affidava il mondo.
Madre Teresa e il visa russo
Nella sua opera, Terlikowski ricorda quanto disse suor Lucia in merito a questo atto di consacrazione. La sola veggente di Fatima rimasta a lungo in vita, dopo il decesso degli altri due poco dopo le apparizioni, sottolineava che questa consacrazione «non rispondeva a tutto ciò che la Vergine aveva richiesto, perché non includeva una consacrazione speciale della Russia alla Vergine». E inoltre non era stata fatta in unione con i vescovi di tutto il mondo. Giovanni Paolo II decise dunque di ripetere il gesto due anni più tardi. Il 25 marzo 1984 segna la consacrazione definitiva del mondo e della Russia al Cuore Immacolato di Maria: ha avuto luogo in piazza San Pietro e nelle diocesi di tutto il mondo.
Quando Hnilica apprese la decisione del Papa, desiderò andare a Mosca per essere lì il giorno stesso dell’atto di consacrazione. Ma come fare? La risposta gli sarebbe giunta dal suo soggiorno a Calcutta. Ospitato dall’amica Madre Teresa, il vescovo gesuita studiò con lei la possibilità di mandare delle suore della sua congregazione in Unione Sovietica. Fu quel giorno che gli venne la grande idea: domandare un visa di transito per pochi giorni all’ambasciata sovietica di Calcutta. Si disse che, se la fortuna gli avesse arriso, i suoi funzionari non avrebbero avuto il riflesso di collegare il suo status di vescovo della Curia Romana con la sua identità di oppositore cecoslovacco. Chiese il visa turistico più banale possibile per il periodo dal 22 al 25 marzo. Nel frattempo madre Teresa chiese a tutte le sue suore di pregare. Come avrebbe raccontato più tardi, il miracolo ebbe luogo: il vescovo perseguitato dai comunisti ottenne un visa di transito russo che lo autorizzava ad attraversare l’Unione Sovietica.
Il 24 marzo, alla vigilia della solennità dell’Annunciazione, il giorno in cui Giovanni Paolo II aveva previsto di consacrare il mondo e la Russia al Cuore Immacolato di Maria, mons. Hnilica riuscì a recarsi al Cremlino con un gruppo di diplomatici. Lo scopo ufficiale? Una visita turistica delle chiese ortodosse. Prima di entrare nella chiesa dedicata all’arcangelo San Michele, un ufficiale della Sicurezza tentò di requisire lo zainetto del sacerdote, che conteneva l’ostia e il vino necessarî per la celebrazione della messa. «Tenevo in mano la medaglia della Vergine, ben nascosta. Sono sicuro che in quel momento mi abbia aiutato», avrebbe raccontato in seguito. Alla fine il gesuita entrò nella chiesa accompagnato da un altro prete cattolico, e i due non vennero perquisiti.
L’atto di consacrazione clandestino nella “Pravda”
Così avrebbe raccontato più tardi mons. Hnilica, citato da Terlikowski. E poi avvenne questo:
La messa non è durata che tre quarti d’ora, ma per mons. Hnilica è stata una delle liturgie più importanti della vita:
Quando ho lasciato il Cremlino, mi sono sentito trasformato, ho sentito la mano di Dio che mi accompagnava e mi proteggeva. Allora non mi sono più preoccupato di cosa poteva capitarmi, perché conoscevo la potenza di Dio. Ho compreso che a partire da quel giorno la Russia apparteneva alla Vergine Maria, e che il Signore l’avrebbe un giorno liberata dal potere di Satana.
Di ritorno a Roma, in un’udienza privata mons. Hnilica raccontò al Papa quel che aveva potuto fare a Mosca. Giovanni Paolo II gli disse allora: «Quel giorno, caro Paweł, la Vergine l’ha presa per mano!». «No, Santità – fu la risposta del gesuita –: mi ha portato in braccio».
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]