Non mi ritengo sicuro di niente. Non ho certezze ma desideri, promesse, sogni e speranze.
Non sono certo nemmeno della mia fedeltà. Ho toccato la fragilità e la caduta. Il fatto che un giorno mi alzi pieno di forza non vuol dire che sarà sempre così.
Le circostanze cambiano, e l'anima soffre tra le goffaggini in cui cade il cuore. A volte Gesù parla con un linguaggio duro:
“Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.
E forse lo fa perché non mi creda migliore degli altri.
Credermi superiore mi indebolisce
A volte mi sento migliore, al sicuro dalle tentazioni. Sento che nessuno potrà farmi cadere.
Mi credo superiore, e il mio orgoglio e la mia vanità mi danneggiano. Sento di essere migliore di quelli che cadono nell'infedeltà, di quelli che hanno fallito.
Quando riesco a vincere la tentazione, una brezza di superiorità si impadronisce di me e mi danneggia.
Credermi in salvo mi indebolisce, come anche lodi e complimenti. Mi fanno sentire in un'altra dimensione, esente da ogni pericolo.
Solo Dio salva
È così che scopro che solo l'umiltà mi salva. Non sono io a salvarmi, ma Dio con il Suo potere:
“Il Signore compie cose giuste, difende i diritti di tutti gli oppressi... Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono”.
È la Sua misericordia a sostenermi. Per questo decido di non credermi migliore di nessuno, di non pensare di essere al sicuro.
4 atteggiamenti di fronte alle mie debolezze
L'umiltà è un dono che chiedo ogni giorno. Umiltà non significa annullamento delle mie forze, ma riconoscimento delle mie debolezze, e di fronte ad esse non cadere in quello che diceva padre Josef Kentenich:
Ho ricevuto molti doni in questa vita. Ho doni, talenti che non voglio nascondere, perché sono la forza che Dio ha posto nel mio cuore.
Essere umile non significa nascondere quello che faccio bene, né rinunciare ai miei talenti e mettere sottoterra quello che il Signore mi ha donato.
Tutto è grazia, non merito. Ma ho una missione davanti, un compito da realizzare tra gli uomini.
Conosco la mia debolezza?
Per questo, quando cado non mi stupisco. Capisco che fa parte della mia debolezza. Riconosco dove si trova la fonte principale dei miei peccati. Dove pecco con assiduità.
Lo riconosco senza meravigliarmene. Sono di carne, non sono migliore di nessuno. Sono debole, e questo mi fa sentire parte dell'umanità. Percorro insieme agli uomini il cammino che seguo con Gesù.
La Quaresima è un'opportunità per vedere dove la tentazione ha più potere in me, dove vince, dove si impone.
Penso che le mie debolezze note e accettate mi avvicinino a Dio, non mi allontanino da Lui.
In quelle debolezze riconosciute e accettate c'è Dio che mi dice che mi ama. Mi risolleva con la Sua misericordia, con il Suo potere, con la Sua grazia.
E così scopro che non posso arrivare al cielo da solo. Non riesco a raggiungere le vette solo con il mio impulso.
Le mie debolezze non mi confondono. Sono di argilla, e con quell'argilla Dio può creare l'opera d'arte più bella, perché è l'artigiano migliore.
Perdonare e ricominciare
L'umiltà non mi porta allo scoraggiamento. Non mi fa rimanere fermo. Al contrario, l'umile si mette al lavoro, perché ha molto lavoro davanti a sé. Sa che la messe è immensa e gli operai sono pochi.
Il peccato stesso non mi scoraggia, anzi, mi fa venire voglia di lottare di più. La vita dà seconde opportunità. Devo solo perdonare le mie cadute e rimettermi in cammino.
Dio perdona gli umili, sostiene e risolleva chi è caduto. Il pericolo è insediarmi nella convinzione di non poter fare di meglio.
La forza dell'umiltà
Ed è vero, ci sono tentazioni che superano le mie forze e mi portano dove non voglio andare.
Vedermi nel mio peccato, nella mia povertà, mi fa sentire più umile e non mi fa pensare di essere migliore degli altri.
Fanno sì che mi senta piccolo e che comprenda bene la debolezza degli uomini.
Guardandoli nella loro fragilità non mi sento migliore di loro, al contrario. Ammiro la loro determinazione, l'umiltà nel confessare i loro peccati, la grandezza d'animo nel voler lottare per migliorare.
Essere caduto una o mille volte non mi impedisce di cercare di migliorare al prossimo tentativo. Non sono condannato al fallimento ripetuto.
Il fatto di essere caduto varie volte non vuole dire che fallirò sempre. Posso rinascere dalle mie ceneri.
Dio compie miracoli
Per questo ho bisogno del perdono di Dio e del mio stesso perdono. Voglio perdonare la mia debolezza. Assumere di non essere perfetto.
Riconoscere la mia fragilità. Guardare con umiltà la vita che Dio mi offre e comprendere che è tutto gratuito – non dipende dalle mie opere e dal bene compiuto.
L'umiltà è il terreno su cui Dio può compiere i Suoi miracoli di grazia. Quando mi vede piccolo e indifeso si china su di me per risollevarmi.
Quello sguardo misericordioso mi salva e mi sostiene. E il mio sguardo compassionevole salva molti. Così è Dio in me. Confido nel potermi risollevare grazie alla forza che mi dona.