Vangelo di venerdì 18 marzo
"Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità.
E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?». Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartata
è diventata testata d'angolo;
dal Signore è stato fatto questo
ed è mirabile agli occhi nostri?
Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare".
Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta.
(Matteo 21,33-43; 45-46)
Che cos’è la nostra vita? Una vigna che non abbiamo piantato noi ma che per un atto di fiducia da parte del padrone, ci è stata affidata. Sentirsi padroni della propria vita significa dimenticare che nessuno si è dato la vita da solo, e anche se noi la amministriamo come riteniamo più giusto, arriva il giorno in cui dobbiamo rendere conto di come ne abbiamo avuto cura. Quel giorno si chiama morte.
Si può anche non credere in nulla ma tutti sanno che non ci si dà la vita da soli e che alla fine moriamo tutti. Gesù usa questa verità universale per aiutare i suoi ascoltatori, e quindi anche noi, a cambiare atteggiamento nei confronti di chi ci ricorda che è sbagliato vivere con un delirio di onnipotenza. Certe volte rifiutiamo Dio semplicemente perché pensiamo che limiti la nostra libertà. Rifiutiamo gli insegnamenti di Cristo perché pensiamo che voglia rubarci tutto quel meglio della vita che per anni abbiamo coltivato. Tutto questo è la menzogna del male che vuole appunto farci chiudere e ripiegare su noi stessi pensando che alla fine riusciremo ad averla vinta sulla proprietà.
Ma davanti alla morte chi può sottrarsi? E quando dovremmo restituire il dono della vita che cosa diremo a chi ce l’ha donata? In questa vita possiamo continuare a uccidere il figlio, possiamo continuare a mettere a morte Gesù, ma il nostro destino è chiaro:
Escludere Dio dalla nostra vita non è un affare ma una condanna. Una vita senza senso, o una vita in cui pensiamo di poterci dare da soli un senso, alla fine diventa sempre un inferno.