Una strategia che Papa Francesco con i suoi più stretti collaboratori ha studiato per giorni prima di dare il via libera a tre importanti azioni: la diplomazia del Vaticano è pienamente operativa per fermare la guerra tra Russia e Ucraina.
Le tre mosse
Due autorevoli cardinali Czerny e Krajewski, sono diretti in Ucraina (via Polonia e via Ungheria, dove figurano due principali e strategici corridoi umanitari).
Il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, si muove su un terzo fronte: è tra i pochi diplomatici al mondo ad aver attivato un canale diretto con il governo russo, ed in particolare con il ministero degli Esteri di Mosca Lavrov.
La “tenaglia” diplomatica del Vaticano
Con questa sorta di “tenaglia” diplomatica, Papa Francesco e il Vaticano provano a contribuire in modo determinante per trasformare il piano della guerra tra Russia e Ucraina, dagli attacchi militari al negoziato. Vediamo in che modo si stanno muovendo i tre diplomatici della Santa Sede.
La missione del cardinale Czerny
L’8 marzo è partito per il confine ucraino come inviato di papa Francesco, per portare tra i profughi un segno di personale vicinanza del pontefice. Il cardinale Michael Czerny, 75 anni, da pochi mesi è il prefetto ad interim del Dicastero vaticano per lo sviluppo umano integrale.
L’obiettivo: sbloccare la fluidità dei corridoi umanitari
Czerny è un esperto di gestione delle emergenze umanitarie. Ed è a lavoro per rendere più fluidi i corridoi umanitari dall’Ucraina verso il resto dell’Europa. È importante «creare corridoi umanitari, come chiede il Papa, e fare preghiera e digiuno per la pace, giorno dopo giorno, fino a quando le armi non avranno taciuto e una soluzione giusta sia stata cercata», dice il cardinale nell’intervista esclusiva che ha rilasciato al settimanale Credere in edicola da giovedì 10 marzo.
Figlio di genitori perseguitati dai nazisti
Bergoglio già dal 2016 aveva affidato a Czerny la conduzione della Sezione migranti e rifugiati del dicastero che oggi guida da prefetto. Nato nel 1946 a Brno, all’epoca territorio della Cecoslovacchia, Czerny sa bene, per esperienza personale e familiare, cosa siano la persecuzione e la migrazione forzata. La madre, Winifred Hayek, durante la Seconda guerra mondiale era stata internata nel campo di Terezin. «I suoi genitori erano cattolici, ma i nonni erano nati ebrei e lei era stata classificata come ebrea dai nazisti», ricorda il cardinale. «Anche mio padre, Egon Czerny, era cattolico romano; ma fu internato nel campo di lavoro forzato di Postoloprty, perché rifiutò di divorziare da mia madre».
“Logica diabolica e perversa”
Il cardinale Czerny, che si è recato a Budapest, da dove poi raggiungerà il confine con l’Ucraina, fa suoi gli appelli per la pace di Francesco e sottolinea che «chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio».
La missione del cardinale Krajewski
Il cardinale Konrad Krajewski, Elemosiniere Apostolico e inviato speciale di Francesco in Ucraina, ha incontrato l’ 8 marzo, a Leopoli l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, e l’arcivescovo Mechyslav Mokshytsky, metropolita della Chiesa cattolica latina di Leopoli.
Filo diretto con il Papa
Durante l’incontro, hanno avuto anche l’opportunità di parlare direttamente con Papa Francesco, informa il Dipartimento informazione della Chiesa greco-cattolica ucraina in una nota. «Il legato pontificio ha raccontato al Santo Padre le sue prime impressioni sulla visita, in particolare quello che ha visto in Polonia – si legge nel testo -. Il Papa è stato inoltre informato del programma della visita del suo inviato in Ucraina, già discusso con i partecipanti all’incontro».
Visita che non sarà breve
Krajewski ha affermato di voler visitare i centri di servizio sociale in Ucraina e incontrare i rifugiati e tutti coloro che sono vittime della guerra. Secondo quanto riportato dalla Chiesa greco-cattolica, «la visita del legato pontificio in Ucraina non dovrebbe concludersi. Il Santo Padre gli ha dato istruzioni di rimanere in Ucraina il tempo necessario per fornire sostegno al popolo ucraino a nome della Sede apostolica in questi momenti drammatici della sua storia».
A spiegarlo è l’arcivescovo Shevchuk: «Papa Francesco – sottolinea nel comunicato – vuole essere presente di persona attraverso il suo legato. Ed è questo lo scopo della sua visita».
La missione di Parolin
Mentre i due cardinali Czerny e Krajewski sono all’opera sul fronte dei corridoi umanitari e del dialogo con la diplomazia ucraina, il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Parolin, ha aperto un importante canale con il governo russo. «Confermo la telefonata tra il Cardinale Segretario di Stato e il Ministro degli Esteri russo (Lavrov ndr) - afferma il Direttore della Sala Stampa Vaticana Matteo Bruni -. Il Cardinale ha trasmesso la profonda preoccupazione di Papa Francesco per la guerra in corso in Ucraina e ha riaffermato quanto detto dal Papa domenica scorsa all’Angelus».
La collaborazione del Vaticano a negoziare per la pace
In particolare, si legge nella nota della Sala Stampa, Parolin «ha ribadito l’appello perché cessino gli attacchi armati, perché si assicurino dei corridoi umanitari per i civili e per i soccorritori, perché alla violenza delle armi si sostituisca il negoziato. In questo senso, infine, il Segretario di Stato ha riaffermato la disponibilità della Santa Sede a fare di tutto, a mettersi al servizio per questa pace».
Segnali di apertura del ministero russo
Una nota del ministero degli Esteri russo, al termine del colloquio, spiega che in merito ai timori espressi da Parolin sulla situazione in Ucraina, Lavrov «ha delineato la posizione di principio della Russia in merito alle cause e gli obiettivi dell’operazione militare speciale avviata in Ucraina» (Fx Empire, 8 marzo).
Entrambe le parti hanno espresso la speranza che una quarta tornata di colloqui tra Mosca e Kiev si tenga il prima possibile per «cercare un accordo sui problemi principali che stanno alla base della crisi al fine di risolverla e interrompere le ostilità», ha aggiunto il ministero, esprimendosi per la prima volta, dall’inizio della guerra, sulla possibilità di uno “stop” del conflitto con l’Ucraina.
“Fermare l’escalation verbale”
«Quello che si deve fare adesso, prima di tutto è fermare le armi e i combattimenti ma soprattutto evitare una escalation. E la prima escalation è proprio quella verbale», ha detto Parolin, in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, in merito alla guerra in Ucraina.
«Quando si cominciano ad usare certe parole ed espressioni – ha aggiunto il Segretario di Stato Vaticano – queste non fanno altro che accendere gli animi e portano naturalmente e insensibilmente all’uso di ben altri mezzi che sono le armi micidiali che vediamo in azione in questo momento in Ucraina».
Più “livelli”
L'alto esponente della Santa Sede ha spiegato come si sta muovendo la diplomazia del Vaticano per provare a fermare la guerra in Ucraina: «L’intervento della Santa Sede – ha spiegato il card. Parolin – si colloca a più livelli. Il livello religioso che è quello di invitare a una insistente preghiera affinché Dio doni la pace a quella martoriata terra e coinvolgere i credenti a questa preghiera corale. Poi c’è l’aspetto umanitario soprattutto attraverso le Caritas e le Diocesi che sono molto impegnate nell’accogliere i profughi che vengono dall’Ucraina».
Parolin e il “piano” del Vaticano
E poi, ha concluso il Segretario di Stato Vaticano, «c’è la disponibilità di iniziative sul piano diplomatico. Abbiamo offerto, come ha detto il Papa, la disponibilità della Santa Sede di aiutare in tutti i modi per poter fermare le armi e la violenza e negoziare una soluzione. E ci sono vari tentativi che si stanno svolgendo in giro per il mondo».