Un uomo di scienza come Charles Darwin, fondatore della teoria evoluzionista, poteva mai essere credente o quanto meno "vicino" a Dio? La risposta è affermativa: il rapporto tra Dio e Darwin è stato molto più intenso di quello che si pensa. E mai banale.
La lettera autografa
La relazione tra il celebre naturalista e la fede è stata evidenziata con la sua lettera battuta all'asta a New York, nel 2015. Si tratta di una lettera autografa di Darwin, datata 24 novembre 1880, in cui egli afferma chiaramente di non credere nella versione della Creazione offerta dalla Bibbia. E dichiara il suo agnosticismo nei confronti della fede cristiana.
"No" a Bibbia e Gesù
Darwin rispondeva ad una precedente lettera ricevuta da un giovane avvocato, Francis McDermott, il quale voleva sapere da lui se credeva nel Nuovo Testamento, chiedendogli di rispondere con un semplice "sì" o "no" e precisando che non avrebbe rivelato a nessuno la sua risposta. Darwin rispose con poche e nette frasi: «Mi dispiace di dover comunicare che non credo nella Bibbia come una rivelazione divina, e quindi nemmeno in Gesù Cristo come il figlio di Dio» (jobnews.it).
Da giovane era vicino al Vangelo
In effetti, spiega ad Aleteia il giornalista e scrittore Francesco Agnoli, esperto di tematiche legate al rapporto scienza e fede, «Darwin abbandona la fede nel cristianesimo». Ma liquidarlo come un ateo tout court è sbagliato. Abbandona il suo credo religioso nel tempo, perché da giovane era un convinto sostenitore della Parola di Dio. «Il suo primissimo articolo - sentenzia Agnoli - scritto insieme a FitzRoy sul South African Christian Recorder nel 1836, racconta come i missionari cristiani abbiano contribuito al bene delle popolazioni indigene allontanandoli da pratiche come quella del sacrificio umano e dell'infanticidio. A quest'epoca Darwin crede nella forza civilizzatrice del Vangelo. Con il tempo si allontanerà dalla fede nella Bibbia, e nella Rivelazione».
Mai "contro" il Creatore
Man mano Darwin si allontanerà da questa posizione, dichiarandosi "agnostico" (mai "ateo"), senza però "rompere" con la dottrina cristiana. Non a caso, prosegue Agnoli, «alla fine de "L'origine della specie" cita il Creatore e in varie lettere dice che la sua teoria non è contro il Creatore. Per tutta la vita dirà di non essere in grado di capire davvero l'esistenza di Dio: "Il mio giudizio è spesso fluttuante" scrive in una lettera. Altrove si definisce un agnostico. Ma afferma che questa stessa definizione non è sempre giusta: penzola tra credere in un Dio Creatore, il non credere, e la sospensione del giudizio».
"Non è solo il frutto di una forza unica"
Altrove Darwin sulla Creazione afferma: "Non riesco a vederci chiaro". "D’altra parte non posso accontentarmi di vedere questo meraviglioso Universo e soprattutto la natura dell’uomo e di dedurne che tutto è il risultato di una forza cieca. Sono propenso a guardare ad ogni cosa come il risultato di leggi progettuali (as resulting of designed laws), e che i dettagli, siano essi buoni o cattivi, risultino invece da ciò che noi possiamo chiamare caso […]. Non posso pensare che il mondo così come lo vediamo, possa essere il risultato del caso; eppure non posso guardare ogni singola cosa separata come se essa fosse il risultato di un progetto. Percepisco nel mio intimo che l’intera questione è troppo profonda per l’intelligenza umana. È come se un cane tentasse di speculare sulla mente di Newton" (C. Darwin, The Correspondance of Ch. Darwin, Cambridge UP, Cambridge 1985-1995, 224).
La "sponda" del cristiano Wallace
Poi va sottolineato che la teoria della selezione naturale l’ha presentata insieme a sir Alfred Wallace. «Loro sono i due padri della selezione naturale - sottolinea Agnoli -. Wallace è sempre stato un teista, invece Darwin passa dalla fede cristiana alla perdita della fede cristiana. In diverse lettere dice: "non credo più nella Rivelazione, non credo più nella Bibbia". ma non dice mai non credo più in Dio».
Darwin e il "teista" Lyelle
Tra i primi sostenitori dell'evoluzione, ci sono molti cristiani devoti, che non concordano con Darwin, però, quanto all'origine dell'uomo. Agnoli cita ad esempio sir Charles Lyell, «il cui volume “Principi di geologia" è essenziale per gli studi dell’amico Darwin, che nella sua Autobiografia ne loda l’intelligenza e le opere e lo definisce "teista deciso"».
Gli oppositori
Nello stesso tempo tra i suoi oppositori ci sono molti scienziati (del resto la visione dell'evoluzione di oggi è ben diversa da quella di allora). «A criticare più o meno fortemente alcune idee darwiniane, non tanto sull’evento-evoluzione quanto sui suoi meccanismi, sono, ad esempio, nella sola Inghilterra studiosi come sir Richard Owen (1804-1892), professore di Anatomia e Fisiologia Comparata e membro della Royal Society, per il quale le differenze tra uomo e animale sono di qualità e non di grado; i fisici di Cambridge sir William Thompson (1824-1907), futuro lord Kelvin, e George Stokes (1819-1903); Benjamin Brode (1783-1862), anatomista e fisiologo, presidente della Royal Society; Alfred William Bennett (1833-1902), botanico, entrambi contrari alla possibilità dell’esistenza di tappe intermedie dell’evoluzione (giudicate inutili e dannose)».
Il disegno inteligente
Inoltre va detto che sono numerose le lettere in cui Darwin dice: «io vedo, nel complesso, un disegno intelligente nella natura, crescita di complessità della vita e della storia che non è casuale, ma nel dettaglio mi sfugge». La ragione, osserva lo scienziato, «non riesce a risolvere questo problema».
Connessioni tra atomi e stelle
Ma oggi, aggiunge Agnoli, «fisica e cosmologia ci insegnano qualcosa che all'epoca di Darwin non si sapeva: vi è un importante legame tra l’evoluzione cosmica, il cui padre è il sacedote Lemaitre, l'evoluzione terrestre, scoperta dal beato Niccolò Stenone, e quella biologica; vi sono profonde connessioni tra stelle e atomi, cosmo e uomo; vi sono condizioni cosmiche iniziali molto particolari, mancando le quali non potrebbe nascere la vita. L’Universo, dunque, come una pianta di cui l’uomo è il fiore? Come una “donna incinta”, come scriveva tanti secoli or sono sant’Agostino, oggi spesso citato dai cosmologi, “che porta in sé la causa delle cose che verranno alla luce in futuro”?» (S. Agostino, Sulla Trinità, III, 9, 16).
"Una centralità non geometrica"
Certamente, come nota l’astrofisico Piero Benvenuti, Assistente Segretario Generale dell’Unione Astronomica mondiale, siamo di fronte ad un “ritrovato legame tra uomo e cosmo”, ad una ritrovata “centralità”, non geometrica, come nel sistema aristotelico-tolemaico, ma biblica (Piero Benvenuti con Francesco Brancaccio, Contempla il cielo e osserva, san Paolo, Milano, 2013). «Tanto più che come il cosmo è sintonizzato per accogliere l’uomo, così le leggi della fisica e la mente umana sono in qualche modo, anch’essi, sintonizzati tra loro, di modo che l’uomo può comprenderle».
"Qualcosa di guidato"
Oggi, conclude Agnoli, «l'evoluzione appare dunque sempre più come qualcosa di guidato, e l'universo non come un insieme di fatti accidentali, scollegati e casuali, ma come un progetto unitario, una armonia di strumenti diversi, diretti da un unico direttore».