«Senza Dio la verità stessa è un idolo, la giustizia stessa è un idolo. Idoli troppo puri e troppo pallidi rispetto agli idoli di carne e di sangue che si rialzano; ideali troppo astratti rispetto ai grandi miti collettivi che risvegliano gli istinti più potenti», così il teologo francese Henri De Lubac.
Non facciamo fatica a sottroscrivere. La guerra in Ucraina che sta coinvolgendo il mondo non trova giustificazioni. Conflitti e problemi ci sono e sempre ci saranno. Vanno affrontati, discussi, risolti. Con intelligenza, umiltà, carità.
Le bombe, stupide e assassine, uccidono gli uomini, le donne, i bambini, i vecchi, gli ammalati, senza nemmeno degnarli di uno sguardo. In altri momenti gli stessi aguzzini si sarebbero vergognati, non dico di provocare, ma finanche di assistere a tanta crudeltà. E poiché questa guerra si sta combattendo su un suolo che fu, e in parte ancora è, cristiano, la cosa deve farci riflettere al di là del fatto squisitamente politico.
Mentre scrivo, ho negli occhi vecchie immagini di un Vladimir Putin intento ad accendere, riverente, ceri votivi davanti alle sacre icone. Icone cristiane. Putin, cristiano come noi, quindi nostro fratello in umanità e nella fede? Al di là dell’ Oceano, a sua volta, il suo potentissimo rivale, non fa mistero di essere cristiano e cattolico.
Un altro nostro fratello? E tra coloro che sono chiamati a decidere il da farsi, tanti si dicono cristiani o dal cristianesimo attingono i grandi valori umani. Verrebbe da chiedere:
«Fratelli cristiani, che tenete col fiato sospeso il mondo, vi siete chiesti che cosa pensa di voi il Cristo nel quale credete?».
«Dio mi ha tormentato tutta la vita» fa dire Dostoevskji all’ateo Kirillov. Dio che tormenta Kirillov non può non tormentare anche i nostri e i vostri cuori. Si tratta di non mettere a tacere quella voce fioca, cortese, sommessa, di non camuffarla in mezzo a tante altre voci, a cominciare da quelle dell’orgoglio, della superbia, dell’avarizia, dei deliri di onnipotenza, personali e collettivi.
Il fuoco non si spegne con il fuoco. L’odio non sconfigge l’odio, ma gli dona nuovo slancio, nuova forza, nuova vita. Solo l’amore possiede la debolissima e umilissima forza di ribaltare le cose. Solo chi parla la lingua dell’amore ha diritto di essere ascoltato in quei contesti dove, come in questa guerra assurda, tanta gente sembra essere uscita di senno.
Oggi, come non mai, dobbiamo prendere sul serio le parole di Gesù:
«Se non diventerete come bambini…».
Proprio così, l’unica via di salvezza, sta nell’accettare di ritornare bambini. Interroghiamoli, allora, i bambini. Mettiamoci in ascolto delle loro paure, delle loro angosce, dei loro traumi, dei loro consigli. Se troveremo il coraggio di farlo, ne usciremo rafforzati, pacificati, rasserenati.
E guarderemo negli occhi i nostri figli senza doverci vergognare. E ci accorgeremo che la vita – bella, fragile e breve – è un incommensurabile, stupendo dono che nessuno ha il diritto di calpestare. Andiamo alla ricerca dei profeti, dei testimoni, di coloro che hanno cercato Dio e lo hanno trovato. Di chi da Dio, ogni giorno, si sente tormentato e pacificato.
Antonietta Gargiulo è una giovane donna che la vita ha messo a dura prova. Luigi, suo marito, 4 anni fa, la ridusse in fin di vita, poi, dopo aver ucciso le loro due bambine, si suicidò. Ad Antonietta crollò il mondo addosso. Lentamente, aiutata dai fratelli e dalle sorelle nella fede, comprese quale era la strada da intraprendere per ricominciare a vivere.
Un viottolo sassoso, in salita, da affrontare a piedi scalzi. Antonietta si fidò di Dio, lo prese in parola, lo sfidò. Credette alle sue promesse. Perdonò Luigi. E, come per incanto, si sciolsero i ghiacciai che la tenevano prigioniera. Lunedì scorso ricorreva l’ anniversario del tragico fatto di sangue. Antonietta ha voluto “ festeggiarlo”.
Chiedo scusa per questo verbo, a prima vista inopportuno, ma un altro non lo so trovare. Messa, canti, lacrime, preghiera di adorazione, parenti, comunità, sacerdoti amici. Tutti prostati davanti al Signore della vita e della morte. Al primo banco, Antonietta prega, canta, ringrazia Dio e gli chiede di non abbandonarla. Da sola non ce la farebbe.
Insieme imploriamo la pace nel mondo e in ogni cuore. Non tutto ci è chiaro, è vero. Tante risposte non le abbiamo non le troveremo mai. Cristo, però, “ in agonia fino alla fine del mondo” ci conferma che questa, e solo questa, è la strada per trasformare questa “valle di lacrime” in un anticipo di paradiso.