È rimasta in piedi tutto il tempo che è durata la sua audizione. Roseline Hamel, che nel pomeriggio di giovedì 17 febbraio, quarto giorno del processo per l’attentato di Saint-Étienne-du-Riuvray, ha deposto la propria testimonianza, e ha voluto raccontare a parole proprie chi era il fratello.
Jacques era un uomo tra gli uomini, con le sue qualità e i suoi difetti. Per tutto il corso della sua vita, però, si è fatto fratello di tutte le persone che ha incontrato.
Questo l’attacco, pieno di tenerezza.
Era un uomo silenzioso, lo dicevano taciturno ma era capace di grande ascolto. Ascoltava talvolta con lo sguardo e con le orecchie. Era di conforto, sapeva riconciliare, era paziente.
Roseline Hamel era arrivata a Saint-Étienne-du-Rouvray il 25 luglio 2016, con altri sei membri della famiglia, per le vacanze. Questo il suo ricordo:
Roseline ha ricordato la di lui previdenza: aveva fatto le pulizie prima del loro arrivo.
Non era riuscito a fare la spesa, ci ha detto che sperava che noi ci potessimo sistemare ugualmente.
La sorella si ricorda che padre Hamel, abituato ai suoi spazi, ci metteva almeno due giorni per adeguarsi alla presenza dei famigliari in casa, «ad abituarsi all’invasione del suo spazio». Quella sera però è stato diverso:
Con grande stupore degli ospiti!
Che lo abbia detto meno di due ore dopo il nostro arrivo, e sapendo che l’indomani avrebbe subito il martirio… la gioia di quell’ultima cena insieme mi ha fatto pensare, chiaramente con le debite proporzioni, all’ultima cena di Cristo.
Si sono salutati la sera verso le 22. All’indomani tutti lo sentirono alzarsi ma restarono al calduccio sotto le coperte:
Non volevamo disturbarlo prima della messa, volevamo lasciargli un po’ di tempo per lui soltanto. Pensavamo di prendere un caffè insieme dopo la messa, come al solito.
E qui Roseline fu scossa da un singhiozzo:
Meno di un’ora dopo, padre Jacques Hamel veniva assassinato nella sua chiesa.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]