L'Emilia, e non solo, piange la morte del farmacista Renzo Belli. Si è spento nel reparto di terapia intensiva del Policlinico di Modena pochi giorni fa, aggredito senza scampo dal Covid-19. Per tutti era l'angelo degli sfollati, perché fu capace di un grande gesto di accoglienza durante la serie scosse che colpì l'Emilia nel maggio del 2012. Aveva meritato la medaglia d’oro al valore civile insieme alla moglie dal Presidente Mattarella nel 2017.
La terra e il cuore che tremano
La settimana scorsa qualche scossa, distinta ma non fortissima, ha fatto di nuovo tremare le province di Reggio Emilia e Modena, a dieci anni dal terremoto che devastò la zona. A chi fu segnato da un evento così improvviso e catastrofico resta una vertigine sullo sfondo della vita, si sta di guardia come cani nel proprio recinto. Ricordo che, all'epoca, intervistai un padre che dalla finestra di casa vide sbriciolarsi la chiesa di fronte e riuscì a mettere in salvo sé e la famiglia. "Le mutande" - mi disse, e intendeva che quando un terremoto di sbatte fuori di casa resti pure senza il cambio di mutande. Dettaglio solo apparentemente piccolo della vulnerabilità a cui si è esposti.
Nel caso del farmacista Renzo Belli la cronaca di quelle settimane del 2012 sono un mistero di dolore che lui e sua moglie hanno ricucito con il filo del bene e dell'accoglienza, con una prontezza che lascia quantomeno attoniti. I fatti, nudi e crudi: il 24 maggio 2012 muore in un incidente stradale Marco, il figlio di Renzo e Carla; dal 20 maggio il modenese comincia a tremare, fino ad arrivare alle scosse imponenti del 29 e 31 maggio che devastano l'Emilia e quei paesi dai nomi rimasti impressi a tutti noi, San Possidonio, Mirandola, San Felice sul Panaro.
Neanche il tempo di piangere e seppellire un figlio e crolla il mondo addosso, verrebbe da dire. Non è stata questa la recriminazione della famiglia Belli. Renzo e sua moglie, a cui già tremava la terra sotto i piedi, hanno reagito all'emergenza ospitando molti sfollati nel giardino di casa, un po' più di un centinaio. Da un lutto improvviso e da un terremoto è nato il Campo Paradiso.
Il Paradiso nel giardino di casa
Renzo Belli pronunciava queste parole in video amatoriale nel giugno 2012, ancora in piena emergenza sisma. Raccontava, con viso sorridente, ciò che stava accadendo a casa sua. Il giardino domestico era diventato campo, in molti sensi: campo di accoglienza, ma anche campo di semina di un bene fiorito dal lutto. Prosegue con queste parole:
Suo figlio Marco era deceduto da neanche un mese in un incidente stradale, sono eventi che, accadendo all'improvviso, possono far piombare l'anima di un padre e una madre in un dolore disorientato, che non si raccapezza. Colpisce, dunque, che Renzo - solerte nell'accoglienza - ripeta la parola contenti. Parla di sé e di gente che è senza più casa e ha perduto dei cari. Lo spazio di accoglienza in casa Belli era stato chiamato Campo Paradiso.
Il seme che muore dà frutto, inevitabilmente il pensiero tira fuori questo azzardo evangelico che una volta in più si incarna nella realtà. Il dolore di un lutto anziché chiudere due genitori nella disperazione ha fatto sì che la ferita si allargasse a ospitare la fragilità altrui. E cosa sarai mai il Paradiso se non questo campo in cui si vive tutti in compagnia, siamo, tutti fratelli, dandosi del tu. Si è fratelli non in nome di un generico buonismo, ci si dà del tu non per facilità di comunicazione. Ma perché siamo stati tutti piantati in un campo che trema qui sulla terra, ma ha fondazioni robuste nel Cielo.
La gratitudine e il pianto di chi lo conosceva
Oltre al Campo Paradiso, Renzo Belli aveva tenuto aperta l'unica farmacia agibile nelle settimane più critiche del sisma del 2012. Oggi una nuda statistica lo annovera come il 32° dei farmacisti morti di Covid. Anche in tempo di pandemia si è trovato in prima linea.
Non si era sottratto all'impegno anche quando un altro terremoto devastò altre regioni d'Italia, l'Umbria e le Marche.