Ogni cristiano che considera con serietà la propria vita interiore si rende conto che quest’ultima è, come i monumenti storici, incessantemente esposta all’usura, e che pertanto le campagne di restauro si succedono senza sosta, tanto sono fragili i materiali della nostra anima.
Se è relativamente facile reperire in cosa le nostre azioni non sono sempre conformi alla volontà di Dio, facciamo più fatica per quanto riguarda i pensieri, perché non sappiamo quel che, in essi, dipende dal volontario o dall’involontario. Sarebbe grande la tentazione di trascurarli, per relativismo, oppure di ricadere nello scrupolo di un senso di colpa mortificante.
Molti penitenti confessano così il loro disagio nel confessionale. I pensieri sono il segno eccellente di quel che viviamo, poiché essi si formano a contatto con la realtà e sono capaci, unendosi, di guidarci verso nuove conoscenze. Esse sono dunque inevitabili e necessarie, ma si mostrano spesso disordinate e pronte a condurci in campi che preferiremmo evitare. Sembrano sfuggire a ogni controllo e dominarci più di quanto noi li domiamo. Ciò basta a stizzirci ovvero a deprimerci. Come tutto ciò che riguarda nemici invisibili, non bisogna mai attaccarli frontalmente, perché ci perderemmo le forze e i sensi (o il poco che sussiste di questi e di quelle).
Anche i Padri del deserto
I Padri del deserto – tutti quei monaci e anacoreti delle regioni inospitali di Egitto e di Palestina durante i primi secoli del cristianesimo – hanno fatto l’esperienza della lotta contro i pensieri cattivi, loro che tuttavia avevano fuggito il mondo e le sue trappole. Il silenzio, l’isolamento, l’ascesi, non bastano certo a scartare i pensieri indisciplinati che inducono in tentazione fisicamente, intellettualmente e spiritualmente.
Uno degli esempi eminenti è quello del padre del monachesimo, sant’Antonio il Grande, lasciato in balia a tutti i demonî unicamente dal disordine tempestoso dei suoi pensieri. Conosciamo il contenuto delle sue terribili tentazioni mediante la Vita di Antonio redatta dal pressappoco contemporaneo Atanasio di Alessandria. Esse sono di ordine interiore, poiché egli era solo in mezzo alla natura selvaggia e rocciosa. Avrebbe tenuto duro: sfinito, avrebbe gridato verso Dio il proprio senso di abbandono – esangue ma confermato nella fede. Si sarebbe lamentato chiedendo al Signore dove Egli fosse, mentre il suo servo rischiava di soccombere. E l’Altissimo gli rispose di essere stato sempre accanto a lui.
Così il caos dei pensieri non impedisce a Dio di essere presente e di sostenere il soldato nella battaglia. Sarebbe pericoloso convincersi che, all’improvviso, solo Satana avrebbe voce in capitolo. Il cuore è sì sede di tutti i pensieri – quelli retti e quelli contorti –, ma è pure la cittadella della volontà e dell’abbandono alla grazia, che cura e guarisce. In merito ai farisei Nostro Signore è chiaro:
I pensieri dunque non sono i soli a dividersi il terreno, e non diventano cattivi che quando si lascia loro campo libero, persuadendoci che essi sono eserciti schierati in battaglia e pronti ad abbattersi su di noi.
Pulire la propria dimora
Il problema più grande non risiede nei pensieri, ma nel vuoto della nostra anima. Noi sappiamo per esperienza che il Maligno occupa ciò che trova sgombro: egli adora il vuoto! Se il posto è già occupato, ci pensa su due volte. È un tipo parassitario e approfitta dunque anche del più piccolo pertugio per introdursi in colui che desidera fagocitare. Il nostro Maestro ci ha avvisati, in merito:
Ciò significa che una casa ordinata, piena di qualcosa che non sia sporcizia e indolenza, fa esitare i demonî, anche se questi non si accontentano di un riempitivo posticcio, per demordere dall’assalto al posto che bramano. Se Dio non ci abita pienamente, allora l’invasore attacca. È necessario stuccare le proprie crepe ed erigere muri di protezione per non essere sorpresi nel sonno, nella pigrizia, nella negligenza.
La regolarità è essenziale
Come pulire e riempire la nostra dimora? Con la preghiera, coi sacramenti, con le opere di carità, con la pratica delle virtù, col rigetto dei tempi morti, laddove la vigilanza si allenta e la guardia si abbassa. Per questo è essenziale la regolarità. Le pulizie non si possono fare di tanto in tanto, quando non abbiamo di meglio da fare: bisogna programmarle e attenersi al programma. I monaci hanno ben compreso che la Regola non è una camicia di forza ma uno strumento di liberazione, perché occupa lo spirito e il cuore in ogni minuto della giornata che scorre nella clessidra. I pensieri malvagî non possono essere controllati e annichiliti se non quando vengono rimpiazzati da pensieri puri che nascano da tutte le attività ordinarie e dalla devozione, fin nei minimi dettagli. Donde l’importanza anche dei sacramentali, tanto negletti ai nostri giorni, come l’utilizzo di benedizioni, acqua santa, preghiere di esorcismo minore, scapolari, medaglie eccetera…
Questo indurrà al sorriso gli spiriti che si credono forti e superiori alle superstizioni delle vecchine… Ciò non toglie che tutto quanto occupa l’anima e la rivolge verso Dio e i beni spirituali contribuisce alla vittoria contro i pensieri infestanti. Così potremo conseguire quel che l’Apostolo insegna:
Siamo invitati a porre un filtro all’ingresso della nostra anima, di modo che tutto quanto è estraneo alla sua salute venga respinto ed eliminato. Certo, sarà una cosa temporanea: in quest’àmbito nessuna vittoria è definitiva, donde l’estrema umiltà che deve accompagnare ogni celebrazione di umano successo, provvisorio e presto vanificato.
Cacciare gli importuni
Custodire il proprio cuore necessita una regolare sanificazione dell’ambiente. Se ci esponiamo imprudentemente a ogni sorta di pericolo, il ladro finirà per introdursi in casa nostra e porvi la propria dimora, come quegli abusivi che, impunemente, si considerano a casa propria malgrado il dire e il fare dei legittimi proprietari. Cristo torna a dircelo:
Siamo degli esseri strattonati da una parte all’altra: spetta a noi porre atti per ristabilire un certo equilibrio e per cacciare gli importuni. In quel bel testo medievale che è il Bestiario morale di Gubbio, l’autore presenta in particolare il riccio che, secondo lui, scuote i ceppi della vigna per raccogliere uva matura i cui acini si conficchino sui suoi aculei, e torna a casa sua. Attitudine molto imprudente perché si porta nel proprio riparo ciò che sarà la sua rovina:
In un tempo in cui ogni disciplina, ogni sacrificio, ogni regola, ogni pratica ascetica, tutto questo viene disprezzato e rigettato come pratiche di altri tempi, non dovremmo ascoltare queste sirene mentre dovremmo al contrario attuare le prevenzioni che ci proteggano e gli strumenti che puliscano e mettano in ordine l’anima, al fine di scoraggiare l’iniziativa di Satana e delle sue legioni, che cercano i vuoti per installarsi e prosperarvi.
Se non sempre padroneggiamo le subitanee insorgenze di pensieri cattivi, siamo però ben liberi di accettarli, di lasciarli prosperare… oppure al contrario di ricacciarli donde sono venuti. Sbattiamo regolarmente i tappeti alla finestra della nostra anima: è sempre opportuno fare le grandi pulizie di primavera per recuperare il tempo perduto e, dopo, procedere accuratamente a sanificare e pulire. Satana ha orrore del pulito!
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]