Ignacio Esparza Lezáun è un ragazzo di 26 anni come tanti altri, nato a Pamplona, nel nord della Spagna..
Quando aveva 22 anni ha sorpreso i suoi amici di università, i genitori e i fratelli con una notizia bomba.
Nella società di Twitter, Instagram e TikTok, ha annunciato la sua decisione di consacrarsi a Dio come monaco benedettino.
La sua testimonianza, offerta in un video prodotto da Arguments, è stata visualizzata su Youtube più di 100.000 volte, e sono molti gli articoli scritti su di lui dai mezzi di informazione, sorpresi dalla decisione di un giovane di diventare benedettino.
Fra' Ignacio fa parte della comunità del monastero di Leyre, uno dei complessi monastici più importanti della Spagna per la sua rilevanza storica e spirituale. Di fatto, esistono prove della sua esistenza già nell'anno 848.
Storia di una vocazione
Nella sua testimonianza, fra' Ignacio ricorda il giorno in cui ha deciso di annunciare ai suoi genitori che sarebbe entrato in monastero:
“Mia madre ha dato la colpa a mio padre, e mio padre ha dato la colpa a mia madre, ma oggi sono entrambi molto contenti”.
“Anche i miei fratelli sono felici, e sono molto grato per tutto il loro sostegno”.
“Una cosa che noto è che qui, dall'interno della clausura, si è meno informati su quello che accade nel mondo, ancor più nella famiglia. Allo stesso tempo, però, i legami sono più profondi. I momenti per stare con i miei familiari sono più scarsi, ma hanno una profondità molto superiore”.
“Qui, nella vita benedettina, è molto importante la bellezza. Trascorriamo molto tempo cantando e pregando”.
“Credo che l'enfasi che nella mia famiglia si è sempre posta sull'educazione alla bellezza sia una delle cose che mi hanno più aiutato a discernere la mia vocazione”.
“Hai avuto paura?”
Quando gli si chiede se ha avuto paura, fra' Ignacio risponde con franchezza:
“Tutti i giorni. Ma si impara anche a dare ogni giorno il proprio 'Sì'. E si deve rinnovare la scelta del Signore ogni giorno.
E quindi si ha paura tutti i giorni, ma tutti i giorni si ha anche la grazia per andare avanti.
E alla fine si impara che non si tratta tanto di quello che accadrà in futuro e di quali paure ho per il futuro, quanto piuttosto del fatto che il Signore sta dando la grazia per l'oggi e per l'ora. Si deve solo accogliere la grazia che offre il Signore”.
Le difficoltà
Quando gli si chiede cosa gli è costato di più, il giovane monaco benedettino risponde:
“Un po' scherzando e un po' no, potrei dire alzarmi tutti i giorni tanto presto”.
“Una cosa che costa molto è il ritmo quotidiano”, aggiunge. “Alla fine tutti i giorni sono uguali”.
“E ricordo che quando sono arrivato qui mi ha colpito il fatto che il sabato sera sia uguale al venerdì sera, e al giovedì sera, e alla domenica sera... Non vedi un film con gli amici, non fai niente di speciale. Ma è anche in questo che consiste la grandezza di questa vita.
È una vita in cui tutto ciò che è esteriore, per così dire, si spegne. Ti permette di andare all'essenziale, di concentrarti sul Signore, che è Colui che ti chiama, che ha pensato la storia d'amore per te”.
Dall'altro lato, prosegue il monaco citando San Giovanni della Croce, “nella vita in comunità i fratelli ti limano, ti tolgono le asperità. È vero”.
“A volte è una realtà dolorosa, ma è anche una grande gioia, perché alla fine hai una famiglia che ti sostiene, hai tutti i tuoi fratelli di coumunità, e il padre della famiglia, che è l'abate alla guida. E anche questa è una cosa molto bella”.
Essere monaci oggi
Il consiglio di fra' Ignacio a chi pensa di dedicare totalmente la sua vita a Dio è deciso:
“Si butti. Si butti senza esitare dove il Signore lo chiama, che si tratti della vita monastica, come nel mio caso, o del sacerdozio, o ancora una vocazione nel mondo o formare una famiglia”.
“Tutte le vocazioni sono un donarsi al Signore, e tutte le strade che si possono scegliere nella vita con occhi di fede finiscono per diventare vie che portano al Signore”.
“E alla fine il Signore è l'unico essenziale nella nostra vita. È quanto di più importante abbiamo. La gente si deve buttare”.
In particolare, a chi pensa alla vocazione al celibato, nel sacerdozio o nei monasteri, nella vita religiosa, il monaco dice:
“È una vocazione molto gioiosa, in cui il Signore ci colma completamente. È un buon investimento!”
Cambiare il mondo da un monastero
Fra' Ignacio è convinto che sia possibile cambiare il mondo stando fuori dal mondo, e per spiegarsi cita una famosa frase di madre Teresa di Calcutta:
“Per cambiare il mondo, dobbiamo prima cambiare noi stessi”.
“Credo che ci siano due modi per cambiare il mondo stando fuori dal mondo”, spiega il giovane benedettino. “Quello principale è la preghiera”.
“La preghiera ha effetti che neanche immaginiamo. Qui in monastero vediamo questi effetti con molto ritardo, o non li vediamo affatto, ma di tanto in tanto il Signore ci permette di vedere l'effetto che ha avuto la nostra preghiera. È una cosa molto bella.
Non si cambia il mondo. Si cambiano cose piccole o grandi, ma a poco a poco è quello di cui è formato il mondo”.
In secondo luogo, il monaco assicura che è possibile cambiare il mondo “cambiando noi stessi, perché il monastero è un micromondo, per così dire. Dobbiamo cambiare anche questa società monastica che formiamo per avvicinarci al Signore come comunità. E in questo la nostra preghiera e le nostre azioni hanno molto da dire per cambiare il mondo”.
La vita di un monaco
Fra' Ignacio riassume la sua vita nel famoso adagio della vita benedettina “Ora et labora”.
“Ci alziamo presto per pregare e preghiamo parecchio. Al mattino dedichiamo tre ore e mezza al lavoro, e altre due o tre ore anche il pomeriggio”.
La preghiera è comunitaria e personale. Quella comunitaria ha luogo principalmente in chiesa, con la recita della Liturgia delle Ore (l'ufficio divino) e la Messa.
La preghiera personale viene svolta dal monaco in privato. Si tratta della ‘lectio divina’, in cui medita sui testi della Sacra Scrittura o di autori ecclesiastici, e come ama dire fra' Ignacio, si confronta con loro.
“È l'aspetto principale della nostra giornata”, riconosce. “San Benedetto dice di non anteporre nulla all'opera di Dio, di non anteporre nulla a quel nostro lavoro come monaci che è soprattutto la recita della liturgia.
Ma San Benedetto ci dice anche di non anteporre nulla all'amore di Cristo.
L'aspetto più bello di questa vita è che, nelle attività quotidiane, che a volte possono essere estremamente prosaiche, come stare in cucina, stirare o pulire a terra..., possiamo trovare l'amore del Signore, perché come diceva Santa Teresa 'Dio è tra le pentole'”.
Che fare per i contemplativi?
Il giovane monaco risponde anche a una domanda molto comune: come si possono aiutare i monaci e le monache contemplativi?
“La prima cosa, e quella principale, è pregare per noi. È vero che a volte ci danno da mangiare per farci pregare [dice con un sorriso], ma anche noi abbiamo bisogno della preghiera altrui, perché siamo persone normali e abbiamo i nostri limiti e i nostri peccati”.
“Ci piace non solo intercedere per il popolo di Dio, ma anche che il popolo di Dio interceda per noi”.
In secondo luogo, aggiunge, “la gente può manifestarci in modo concreto che conta su di noi, perché anche se la nostra vita è una vocazione di dedizione assoluta al Signore, è anche una vocazione nel cuore della Chiesa”.
“E alla fine nella Chiesa ci siamo tutti. È bello che il popolo fedele abbia considerazione per la nostra vita”, conclude emozionato.
Se volete conoscere più da vicino fra' Ignacio Esparza Lezáun e pregare con lui, mercoledì 16 febbraio, alle 19.30 ora di Madrid, la Fundación DeClausura organizza il IX Incontro nel chiostro del monastero di Leyre.
Nel corso dell'incontro, il giovane monaco pregherà come farebbe nella sua cella la sua “lectio divina” sul Salmo 102.
Ci si può già iscrivere a questo link per riservare la propria partecipazione gratuita: https://mailchi.mp/declausura.org/9_encuentro_claustro_leyre_fray_ignacio