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Godiamo meno perché siamo educati meno al sacrificio?

PADRE MAURIZIO BOTTA
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Annalisa Teggi - pubblicato il 09/02/22
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Mettendo a tema di uno dei Cinque Passi il piacere, Padre Maurizio Botta lo innesta a ciò che lo riempie di senso, il sacrificio: "Tutte le cose che danno più piacere nella vita sono processi dolorosi e complicati".

Gesù mangiava e beveva con pubblicani e prostitute, e i farisei lo chiamavano "mangione e beone". Comincia da questo scandalo evangelico il passo di Padre Maurizio Botta intitolato La società dei magnaccioni. Il Figlio di Dio sta con chi fa festa, condivide la tavola e non solo metaforicamente. Ma che tipo di piacere propone oggi Cristo a un mondo bulimico di divertimenti, e sempre a digiuno di gioia vera?

Il cristiano gode quando fa festa

Guardando la catechesi di Padre Maurizio (gustatevela tutto, fino all'ultimo secondo) mi è frullato il testa, fin dalle prime parole, il ritornello quasi amletico della pubblicità:

Eh? A ben vedere è una dichiarazione terribile, che più pessimista non si può. Perché nega l'esistenza del vero godimento e sposta indietro il discorso, fermandosi alla possibilità di provare l'ebrezza di un'aspettativa di piacere...che forse verrà tradita dai fatti.

Il cristiano è agli antipodi, e si gode davvero la festa. Cana, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, l'Ultima Cena, i pesci mangiati sulla riva dopo la Resurrezione, il cibo condiviso coi discepoli di Emmaus. Gesù si mette al centro di questi banchetti e gode del piacere della compagnia e del cibo. Mangione e beone, dunque?

Non proprio. C'è un punto particolare del Vangelo a cui Padre Maurizio riconduce il senso della festa cristiana e del vero piacere, ed è la parabola del figliol prodigo. Un figlio lascia il padre e dissipa i suoi averi in piaceri in tutto simili a quelli che oggi chiamiamo festini. Ma è solo quando ritorna a casa, dopo essersi perduto, che c'è la vera festa.

La nostalgia della purezza dopo l'orgia

Non è il dito del moralista ad additare certi piaceri come vani, capaci solo di esaurirsi in una istantaneità e istintività brevi e amare. I più famosi personaggi, additati sommariamente come edonisti, hanno messo nero su bianco il fallimento di una condotta libertina e disinibita. Il piacere per il piacere non dà nessun vero piacere, anzi. Non a caso festino è un diminutivo di festa, è la festa a cui qualcosa è stato tolto, l'essenziale.

Padre Maurizio cede la parola ai grandi nomi della letteratura che hanno celebrato questo piacere disinibito e istintivo. Baudealaire, ad esempio, è spudoratamente onesto ne L'alba spirituale in cui racconta il risveglio da un'orgia:

Nell'ascoltare questa parte di catechesi ho ricordato certi momenti vissuti da giovane, e anche pensato ai miei figli. Certo, non c'è bisogno di aver partecipato a feste a base di alcol, sesso e droga per dire che non c'è niente di buono e lieto. Basta meno, tipo quelle festicciole da adolescenti che aspettavi con ansia e poi tornavi a casa con una tristezza pesante.

MAN, AFTER PARTY

Oggi in tempo di pandemia abbiamo sentito spesso il ritornello sul bisogno dei giovani di tornare a ritrovarsi, a divertirsi insieme. Ma cosa ci stiamo augurando per loro? Che si tuffino senza paracadute in una giostra di stordimenti?

Quei dati allarmanti su depressione e suicidi degli adolescenti forse contengono anche dato sommerso. Non può essere che i giovani sentano, anche inconsapevolmente, che manca loro un motivo di far festa? Che non basta essere allegri perché è finito (o finirà) l'isolamento? Divertirsi non basta, è un verbo dispersivo, etimologicamente parla di qualcosa che va in mille direzioni. E non approda a niente. Più che mai quel desiderio di innocenza e purezza e gioia cantato da Baudelaire è piantato nella carne, e tradito dalle circostanze.

Il mito della grande tetta

Il bambino attaccato al seno materno è immagine di un rapporto totalmente appagato. Il neonato dipende interamente dal nutrimento materno. Diventare adulti è abitare lo strappo di allontanarsi dal seno che nutre, da quel gettonatissimo allattamento a richiesta. (Niente orari, appena il neonato piange gli offri il seno). Non sarebbe il nostro sogno nel cassetto quotidiano? A ogni bisogno, una risposta immediata. A ogni vagito, una carezza.

Il mito della ricchezza ci solletica, in fondo, perché è la strada apparentemente più facile per ritornare alla condizione infantile di poppanti, che succhiano e sono felici.

PAY, CREDIT CARD

Il passaggio dall'infantilismo del prendere all'adulto che scopre la gioia di dare si compie facendo esperienza del limite, e del di più che arriva in dono facendo fatica.

Un'educazione che renda lode al sacrificio

Ma tutto non era partito da Gesù che mangiava e beveva con chiunque? Sì, e proprio perché amava quelli con cui stava non si è limitato al piacere sincero e occasionale di un banchetto. Il piacere più compiuto che Cristo ci ha insegnato è quello di dare la vita per gli amici. L'appagamento robusto che passa dal sacrificio si capisce nella concretezza dell'esempio che Padre Maurizio fa in proposito:

Queste poche parole gettano una luce nuova sulla società contemporanea, così sesso-centrata e assiderata dal gelo demografico. Il piacere immediato, istantaneo, occasionale, ci lascia al freddo, letteralmente senza vita.

Questa sfida, che vince l'impazienza e scommette sul sudore della perseveranza, è un bene di prima necessità. Non è vero che le parole fatica e sacrificio sono assolutamente respingenti. Lo sono solo in astratto. Di fronte all'esempio e alla testimonianza di chi scala l'impresa quotidiana di andare oltre l'istinto di un piacere immediato, il cuore si accende anche in altri. E su questo Padre Maurizio ha un bell'asso nella manica da giocare, la voce di chi ha sacrificato tantissimo tempo per un'impresa colossale come la Sagrada Familia:

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