Ha conosciuto la tristezza don Francesco Cristofaro, sacerdote 42enne, di Sellia Marina, parroco della parrocchia Santa Maria Assunta di Simeri Crichi, nel catanzarese, nato con una paresi spastica alle gambe.
Una patologia con la quale ha sempre lottato, con il sostegno dei suoi genitori che sin da subito hanno iniziato con i viaggi della speranza dal sud al nord Italia. Un percorso lungo e difficile in cui don Francesco ha dovuto lavorare tanto per accettarsi e farsi accettare dalla società.
Un bambino triste
«Da piccolino ero triste – racconta – pregavo continuamente perché potessi guarire. Mi rivolgevo sempre alla Madonna e le chiedevo la guarigione che però non avveniva mai. Tant’è vero che mi ero autoconvinto di essere un bambino cattivo perché un bimbo che non viene ascoltato vuol dire che è stato punito per qualcosa di sbagliato che ha fatto».
Tanti i falsi venditori di speranza, approfittando della sofferenza dei suoi genitori, che cercavano certezze e guarigione, riuscivano a farsi dare tanti soldi.
Il bullismo
«Dico sempre che il bullismo esisteva anche 42 anni fa. C’è una parola che non dimenticherò mai: “poverino”, oppure l’espressione “perché cammina così”. Quel pietismo che sentivo addosso faceva male – confessa don Francesco -. Perché purtroppo non siamo abituati a guardare l’altro nel volto, non lo guardiamo negli occhi, ma lo guardiamo nel difetto fisico e io mi sentivo sempre osservato, guardato nel difetto delle mie gambe».
«Questo mi ha fatto crescere in una sorta di campana di vetro e i miei genitori mi proteggevano da tutto questo. Trascorrevo la mia vita tra scuola, casa e chiesa».
La rinascita
Don Francesco, un bambino sensibile allora, ferito da parole e atteggiamenti dei suoi coetanei, un sacerdote fiero e maturo oggi, attento e dedito ai suoi parrocchiani e alla sua comunità e alle migliaia di persone che lo seguono ogni giorno sui suoi canali social e nelle dirette di catechesi o di preghiera sul suo canale Youtube.
«Io faccio fisioterapia da sempre, convivo con la mia patologia, a volte con qualche difficoltà, a volte con più tranquillità. Trovo sempre qualcuno disposto a darmi una mano per salire o scendere dei gradini. Trovo molta sensibilità nei giovani della mia parrocchia che non mi abbandonano un istante. Non so come spiegarlo senza farsene accorgere sono sempre lì al momento giusto. Sembrerà strano ciò che sto per dire ma oggi ringrazio il Signore per il dono della disabilità perché grazie a questo riesco a vedere le cose e le persone con occhi e cuore diversi, con una sensibilità maggiore. Nella grotta di Lourdes, seduto su quelle panche riservate ai disabili e osservando le centinaia di persone ammalate sfilare silenziosamente e sfiorare le pietre di quella grotta come per voler sfiorare il manto di Maria, ho capito che avrei voluto essere voce per le persone fragili, bisognose di aiuto, senza voce. Una donna in carrozzina in quel luogo di preghiera, mi passò davanti e mi guardò negli occhi. I suoi occhi erano bellissimi, pieni di luce e di speranza. Mi regalò un sorriso. Mi sono detto: se sorride lei posso farlo anche io. Non ho più perso il sorriso».
«Oggi – spiega il sacerdote - grazie alla disabilità riesco a sentirmi accanto alle persone che vivono nella sofferenza e alle famiglie che spesso lottano con i figli disabili e si sentono smarriti, persi e non aiutati».
L'incontro con Gesù
Francesco inizia a frequentare assiduamente la chiesa in occasione della preparazione alla prima comunione, intorno all’età di 8 anni. A quei tempi si preparava per raggiungere la casa di Gesù, distante circa due chilometri dalla sua abitazione, a piedi, da solo.
«Ogni tanto qualcuno che in paese mi vedeva per strada si fermava per offrirmi un passaggio – ricorda - ma io lo rifiutavo sempre non perché non ne avessi bisogno o perché non mi stancavo a camminare, ma perché non volevo che i miei genitori venissero giudicati come insensibili con un bambino nelle mie condizioni. Fu così che iniziai a frequentare la chiesa».
L’appello ai ragazzi
La testimonianza di don Francesco, sacerdote da quasi 16 anni, il prossimo 9 aprile, impegnato in radio e tv, è racchiusa nelle pagine di uno dei suoi libri “Signore ti prego con il cuore” edito da Tau editrice.
«Quando vado nelle scuole o nelle comunità dove i parroci mi invitano dico ai ragazzi “ricordatevi sempre che una parola detta male, con cattiveria, resterà sempre nel cuore di chi la riceve”. Quindi facciamo attenzione all’uso delle parole e del linguaggio. Attenzione anche ai nostri comportamenti che possono per sempre segnare la vita degli altri».
Preghiera a Maria
Madonnina mia,
ti penso.
Vorrei avere i tuoi occhi e il tuo cuore.
Quante preghiere ogni giorno raccogli nel tuo manto?
In ogni angolo del mondo
Cuori e lacrime ti vengono consegnati.
In ogni lingua e in ogni età ti senti chiamare Mamma.
E tu ci guardi con tenerezza,
ti chini su di noi,
ci abbracci e ci stringi al tuo cuore.
Ci chiami figli e noi ti chiamiamo Mamma.
Ecco perché chi viene a te non resta deluso.
Da te si riceve amore e pace,
conforto e speranza.
Ovunque io vado il tuo sguardo materno è su di me.
Mamma mia bellissima.
Ti sto guardando in silenzio.
Parla il cuore.
Ti racconto di me e di un mondo di anime.
Ora c’è la pace perché tu sei andata da Gesù per me… per noi.
Attendo.
Amen.
(di Don Francesco Cristofaro)