Si sbaglia a credere che le storie delle principesse assomiglino a fiabe incantate, perché in realtà il caso è assai raro. Pedoni su scacchieri politici più grandi di loro, promesse a matrimoni senza amore, a loro non è concesso il lusso (come neanche ai principi, del resto) di essere felici. Il cardinale Mazzarino riassunse un giorno questo principio quando rifiutò al giovane Louis XIV la propria nipote Marie: «Sire, i grandi re non hanno diritto alla felicità dei comuni mortali». Di questa verità crudele Jeanne de Valois fece più di molte altre l’amara esperienza.
Nata il 23 aprile 1464 a Nogent-le-Roi, Jeanne era la quarta figlia, la seconda femmina, di Louis XI e della seconda moglie, Charlotte di Savoia. La sua venuta al mondo non fu occasione di gioia alcuna: il padre, che aveva già perso due figli, voleva a tutti i costi un maschio, e castigò la neonata per la delusione annullando i festeggiamenti previsti per i suoi natali…
Una bimba diversa dalle altre
Il re aveva comunque i suoi progetti per la figlia: quando ancora non aveva un mese, questa si trovò fidanzata al cugino Louis d’Orléans, bambino di due anni, per consolidare il controllo sul ramo cadetto della casata, sempre foriero di vibrazioni inquietanti per il principale. Louis XI ancora ignorava, ma per poco, che Jeanne non era come le altre… Bruttina – eredità della nonna paterna, la regina Marie d’Anjou (della quale durante la guerra dei Cent’Anni si diceva che sarebbe bastata la sua comparsa a mettere in rotta le armate inglesi), e di suo padre –, la bimba si rivelò presto anche gravemente handicappata sul piano fisico. La schiena contorta, gobba («davanti e dietro», sibilavano le voci più malevole), un’anca più bassa dell’altra, il bacino deviato, zoppa, inabile a crescere e svilupparsi normalmente… non tardò ad offuscare la mente del padre… o, più prosaicamente, a contrariare i suoi progetti.
Tutti potevano vedere le infermità della principessa, e la vedova duchessa d’Orléans, tutrice del figlio, si oppose al matrimonio previsto. Ora, quando i medici dissero a Louis XI che, con ogni probabilità, Jeanne non avrebbe mai potuto portare a termine una gravidanza, o partorire senza morirne, il sovrano credette di avere in mano la soluzione ai problemi posti dal ramo cadetto: se la principessa non può essere madre, la Casa di Orléans avrà termine per mancanza di posterità. Calcolo assai cinico che Jeanne si sarebbe sempre rifiutata di credere vero, ma purtroppo ben attestato. Allora, poiché bisognava nascondere il più a lungo possibile agli occhi del mondo lo stato della piccola, Louis XI la allontanò dalla Corte e, separandola dalla madre e dalla sorella, la affidò al barone e alla baronessa di Linière incaricandoli di crescerla al riparo da sguardi indiscreti, nel loro maniero del Berry.
Questo matrimonio s’ha da fare
Jeanne aveva sei anni. Era brutta ma, sempre dal padre, aveva ereditato una grande intelligenza e una incontestabile forza di carattere, oltre al senso dei suoi natali e del suo rango. A Linières, benché la baronessa si prendesse cura di lei con tenerezza, aveva l’aria (stando a quanto ne dissero i rari visitatori) di una «povera piccola bambina che in nulla sembra una principessa». Ricamava bene, dipingeva acquerelli non privi d’ispirazione, dispensava elemosine con tutta la generosità che la sua magra pensione le permetteva e, devotissima a Nostra Signora e consapevole delle sue disgrazie, meditava di ritirarsi in un convento – non appena l’età l’avesse consentito – dove nessuno le avrebbe rimproverato la sua bruttezza.
Aveva sette anni quando, mentre un giorno pregava in cappella, una voce le rivelò i progetti di Dio su di lei:
Jeanne credette che il suo avvenire fosse scritto, ma faceva i conti senza l’oste (suo padre). Certo, quando nel 1473 questi la rivide esclamò: «Non sapevo che fosse così brutta!», e rifiutò di abbracciarla, ma questa reazione non cambiava nulla nei suoi progetti. La figlia sarebbe stata duchessa di Orléans, i patti sono patti. Bisogna solo che arrivi all’età nubile, ossia a dodici anni. Nel frattempo, la si sarebbe nascosta daccapo.
Il matrimonio fu celebrato l’8 settembre 1476, dopo aver ottenuto le necessarie dispense (perché Jeanne e Louis erano cugini e il genero figlioccio del suocero, parentela spirituale che rendeva gli sposi fratello e sorella davanti a Dio). Quanto ai veri problemi, ossia alle tare della sposa e al disperato tentativo dello sposo di sottrarsi alle nozze, nessuno ne tenne conto: non ci si oppone al re di Francia, soprattutto quando è un tipo come Louis XI.
Una smisurata devozione
Il seguito della storia resta picchettato di dubbi e di rumori. Ben consigliato dalla madre e dai suoi legali, Louis, anche a 14 anni, era capace di comprendere dove fosse il suo interesse: lo avevano costretto a sposare Jeanne, ma nessuno poteva obbligarlo a consumare l’unione. Tutto lascia supporre che il giovane – il quale a dispetto dei suoi problemi finanziari rifiutò di toccare la dote della moglie – si guardò bene dal conoscerla carnalmente. Certo, era obbligato a dormire nello stesso letto, ma indubbiamente la cosa si fermava lì. Nella sua ignoranza, Jeanne credette in buona fede (né sarebbe mai venuta meno, sul punto) di essere la moglie di suo marito… Forse invecchiando avrebbe compreso che non lo era, perché non accettò mai di prestarsi all’esame medico che avrebbe permesso di decidere la questione.
Sia come sia, per questa coppia male assortita cominciò un calvario di ventidue anni: niente giunse mai a toccare il cuore ulceroso del giovane, che in capo a qualche giorno rispedì la “moglie” a Linière. E Jeanne diede prova di una pazienza, di una tenerezza, di una devozione smisurate. Quando Louis si ammalò di vaiolo, ella accorse e lo curò. Una volta guarito, immediatamente la cacciò di nuovo e dichiarò: «Non me ne parlate più! Vorrei essere morto!».
«Un brutto affare»
Il trapasso di Louis XI, nel 1483, permise alla duchessa di Orléans di installarsi alla corte del fratello, Charles VIII, e della sorella maggiore, Anne de Beaujeu, reggente fino alla maggiore età del giovane re. Sostenne le parti del marito quando quest’ultimo s’immischiò in tutti i complotti contro la famiglia dei suoceri, salvandogli la vita e addolcendo la sua cattività: «È più infelice che colpevole», diceva. Louis non se ne mostrò grato e, quando nel 1498 la morte – improvvisa e senza discendenti – tolse il regno a Charles VIII e lo diede a lui, questi non cambiò minimamente attitudine riguardo alla moglie.
Di Louis XII la storia avrebbe conservato questa frase ben appulcrata: «Il re di Francia non vendica le offese fatte al duca d’Orléans» – il che concedeva amnistia ai vassalli del suocero e del cognato per i torti nei suoi confronti, ma pur perdonando il male ricevuto non poteva né voleva ricompensare i beneficî di una moglie così ingombrante. Il re doveva degli eredi alla corona, e Jeanne non avrebbe mai potuto darne. Soprattutto, doveva sposare urgentemente la vedova di Charles VIII, la duchessa Anne, perché – essendo tutti i figli della coppia reale già morti – la Francia avrebbe perso la Bretagna se lui non ne avesse sposato la sovrana…
Jeanne, piena di senso del dovere e degli interessi dinastici, lo comprese. Doveva scomparire e acconsentire all’annullamento del matrimonio. Perché la donna che affermava “Tocca alla Chiesa pronunciarsi: se il Papa decide che la nostra unione è nulla, obbedirò senza replicare alla sua decisione e Gesù Cristo sarà da quel momento il mio unico sposo e signore” decise di affrontare un tribunale ecclesiastico e un processo perso in partenza? Indubbiamente pensava di essere veramente la moglie di suo marito, cosa di cui anche i suoi amici e consiglieri dubitavano, pur senza dirglielo… Questo “brutto affare”, come lo definì papa Alessandro VI, il Borgia che pure non era un modello di probità e perseguiva i proprî interessi a colpi di sfrenata simonia, si concluse con l’annullamento di un matrimonio incontestabilmente forzato, almeno sul lato del marito, acconsentito sotto violenza e minaccia e mai consumato.
Voti sacri
Con amaro humour, Jeanne si piegò: «Per il giuramento di mio marito, sono dunque rimasta vergine e pulzella». Poi aggiunse dolcemente:
Col titolo di duchessa di Berry e la dote di una rendita conveniente ma sempre insufficiente alle sue opere di carità, si ritirò a Bourges. Le sue ultime parole al marito furono: «Non cesserò di pregare Dio per la vostra felicità e per quella della Francia».
Promessa a cui tenne fede. Sotto i suoi abiti di corte nascose un cilicio, e passò i suoi giorni a meditare, secondo la spiritualità francescana, da lei amata, la Passione di Cristo. Nel 1500, come le aveva annunciato la voce udita in fanciullezza, fondò la congregazione delle Ancelle, o Annunciate, alla quale si legò con voti segreti perché, avendo posto alle sue religiose la verginità per regola, scelse (prolungando il dubbio fino alla fine) di restare esclusa, in quanto donna sposata, dalla propria congregazione.
Jeanne di Valois morì nel suo palazzo di Bourges il 4 febbraio 1505. Il Cielo e la Chiesa le hanno riservato un’altra corona. Immarcescibile, questa.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]