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Matrimonio: per papa Francesco la dichiarazione di nullità non è “un diritto” 

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Anna Kurian - pubblicato il 28/01/22
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Ricerca della “verità”, “ascolto”, rifiuto della “manipolazione”… Papa Francesco ha così descritto lo spirito con cui devono lavorare i membri del Tribunale della Rota Romana – tribunale d’appello nelle cause di nullità matrimoniale – in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario (27 gennaio 2022).

Nel suo discorso ai prelati auditori, ai vicari giudiziari e agli avvocati, il Santo Padre ha fatto appello a un lavoro in stile sinodale nel processo di nullità matrimoniale. Si tratta di perseguire “insieme” il medesimo obiettivo: “fare la verità” sull’unione tra un uomo e una donna. 

La ricerca della verità deve caratterizzare «ogni tappa del processo», ha insistito il Romano Pontefice, invitando a non accontentarsi di «risposte standard» e ad essere capaci «di autocritica». E ha indicato ai magistrati l’attitudine-chiave da avere: l’ascolto costante. Si tratta, usando tempo e pazienza, di «comprendere la visione e le ragioni» di tutte le parti in causa, «quasi identificandosi con l’altro». 

Per papa Francesco, queste procedure devono favorire «il perdono e la riconciliazione fra gli sposi», e farli riflettere «sui motivi che li spingono a chiedere la dichiarazione di nullità del consenso matrimoniale». Inoltre, ha aggiunto, la dichiarazione di nullità non deve essere presentata come «l’unico obiettivo da conseguire», a fronte di una crisi di coppia, né si tratta di «un diritto» da tutelare a ogni costo. 

La manipolazione è inammissibile 

Francesco ha alzato la voce contro «ogni alterazione volontaria, o manipolazione, dei fatti» finalizzata ad influenzare il verdetto. Ciò «non è ammissibile», ha protestato aggiungendo a braccio al discorso preparato il racconto di un esempio che gli confidava qualche mese prima un vescovo, il quale si trovava di fronte a un grave problema disciplinare con un prete della sua diocesi. Il vescovo si era sentito dire dal giudice del tribunale nazionale del Paese: «Farò quel che mi dirà: se mi dice di condannare, lo condannerò; se mi dice di assolverlo, lo assolverò». Un processo non è «una negoziazione», ha esclamato il Papa: «In gioco c’è il bene della Chiesa e delle persone!». 

Come aveva ricordato nel discorso del 2021, anche quest’anno il Pontefice ha sottolineato che il primo giudice, nelle cause matrimoniali, è l’Ordinario del Luogo: in quanto Vescovo di Roma il Papa riceve il titolo di “giudice universale”, ha sottolineato, prima di ripetere che «il vero giudice è il Vescovo, e non il vicario giudiziale». Una precisazione che avrà fatto fischiare le orecchie a non pochi, in Italia, dove proprio i vicarî resistono alla riforma giudiziaria avviata dal pontefice argentino. 

In conclusione, invitando i giudici ad essere servitori «della misericordia» e a formulare sentenze «comprensibili», il Papa ha raccomandato loro di pregare. Anche se è soverchiato di impegni, un giudice deve anzitutto pregare, e anzi – ha rincarato –: «pregare due o tre volte di più». 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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