Nel suo discorso ai prelati auditori, ai vicari giudiziari e agli avvocati, il Santo Padre ha fatto appello a un lavoro in stile sinodale nel processo di nullità matrimoniale. Si tratta di perseguire “insieme” il medesimo obiettivo: “fare la verità” sull’unione tra un uomo e una donna.
La ricerca della verità deve caratterizzare «ogni tappa del processo», ha insistito il Romano Pontefice, invitando a non accontentarsi di «risposte standard» e ad essere capaci «di autocritica». E ha indicato ai magistrati l’attitudine-chiave da avere: l’ascolto costante. Si tratta, usando tempo e pazienza, di «comprendere la visione e le ragioni» di tutte le parti in causa, «quasi identificandosi con l’altro».
Per papa Francesco, queste procedure devono favorire «il perdono e la riconciliazione fra gli sposi», e farli riflettere «sui motivi che li spingono a chiedere la dichiarazione di nullità del consenso matrimoniale». Inoltre, ha aggiunto, la dichiarazione di nullità non deve essere presentata come «l’unico obiettivo da conseguire», a fronte di una crisi di coppia, né si tratta di «un diritto» da tutelare a ogni costo.
La manipolazione è inammissibile
Francesco ha alzato la voce contro «ogni alterazione volontaria, o manipolazione, dei fatti» finalizzata ad influenzare il verdetto. Ciò «non è ammissibile», ha protestato aggiungendo a braccio al discorso preparato il racconto di un esempio che gli confidava qualche mese prima un vescovo, il quale si trovava di fronte a un grave problema disciplinare con un prete della sua diocesi. Il vescovo si era sentito dire dal giudice del tribunale nazionale del Paese: «Farò quel che mi dirà: se mi dice di condannare, lo condannerò; se mi dice di assolverlo, lo assolverò». Un processo non è «una negoziazione», ha esclamato il Papa: «In gioco c’è il bene della Chiesa e delle persone!».
Come aveva ricordato nel discorso del 2021, anche quest’anno il Pontefice ha sottolineato che il primo giudice, nelle cause matrimoniali, è l’Ordinario del Luogo: in quanto Vescovo di Roma il Papa riceve il titolo di “giudice universale”, ha sottolineato, prima di ripetere che «il vero giudice è il Vescovo, e non il vicario giudiziale». Una precisazione che avrà fatto fischiare le orecchie a non pochi, in Italia, dove proprio i vicarî resistono alla riforma giudiziaria avviata dal pontefice argentino.
In conclusione, invitando i giudici ad essere servitori «della misericordia» e a formulare sentenze «comprensibili», il Papa ha raccomandato loro di pregare. Anche se è soverchiato di impegni, un giudice deve anzitutto pregare, e anzi – ha rincarato –: «pregare due o tre volte di più».
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]