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La Bibbia e i suoi simboli: dal giardino d’Eden al giardino degli Ulivi 

Johann Wenzel, Adamo ed Eva nel paradiso terrestre, 1800-1829

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Philippe-Emmanuel Krautter - pubblicato il 27/01/22
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I primi istanti della Genesi ci introducono non in un campo, in una montagna, presso un lago o un mare… ma in un lussureggiante e fiabesco giardino. Tale luogo paradisiaco, stabilito da Dio per la sua creazione, ci lascia un simbolo essenziale che la cultura occidentale avrebbe abbondantemente sviluppato.

Il giardino di Eden e il Paradiso 

Il principio della Genesi situa dunque precisamente in Eden, a oriente, il luogo riparato in cui tutta la creazione di Dio si svolge, e che culmina nell’uomo – al quale Dio insuffla il proprio alito. 

Se la Bibbia non precisa dove, in “oriente”, si collochi l’Eden, la tradizione sembra privilegiare un luogo in Mesopotamia. In quella regione, luogo di terre fertili e benedette, Dio assicurò la lussureggiante vegetazione e i frutti saporiti: tutto creato perché l’uomo potesse goderne senza doversi preoccupare d’altro. Il giardino di Eden assume così rapidamente, nella Bibbia, il valore di uno spazio sacro in cui il piano divino è stato ordinato perché l’uomo cresca e disponga di tutto quanto abbisogna. 

Papa Francesco lo paragona, nella sua enciclica Laudato si’, al “giardino del mondo”. Intendendolo come sinonimo del Paradiso, ossia come identico ad esso, i teologi ritengono che il giardino di Eden sia una rappresentazione del paradiso terrestre, giardino offerto da Dio all’uomo perché egli lo lavori e lo preservi. Solo una prescrizione gli sarebbe stata imposta: 

Una sola ingiunzione, ma non trascurabile, e poi sappiamo come andò la storia… 

Il giardino degli Ulivi 

È sempre un giardino – quello degli Ulivi – che Gesù avrebbe conosciuto nelle sue ultime ore terrene, prima della Passione. Il Vangelo secondo Giovanni ci ricorda che Gesà amava recarcisi in compagnia dei suoi discepoli: 

In un singolare ricorso della storia sacra, il giardino – quello degli Ulivi – avrebbe riunito in sé la pace e la gioia di insegnare ai discepoli, ma pure il frutto della tentazione che avrebbe consegnato il Messia ai suoi nemici. Gesù non scelse un luogo mondano, dove si vada per farsi vedere, ma un angolo appartato, in disparte, lontano dal rumore della vicina Gerusalemme, per pregare e per rivolgersi al Padre. 

Il vivace contrasto tra l’abitudine piacevole di recarsi in questo luogo amato, luogo di condivisione coi discepoli, e gli istanti tragici che di lì a poco si sarebbero svolti, non può che chiamare in causa il fedele. Luogo di vita e di abbondanza, il giardino più desiderabile può anche trasformarsi in gabbia di angosce, di tradimenti e di violenza, dove le radici del male affondano nel cuore degli uomini. 

Il giardino di delizia 

Il pittore primitivo fiammingo Hieronimus Bosch (1450-1516) ci ha certamente lasciato una delle più belle evocazioni del giardino paradisiaco. Con uno sbalorditivo contrasto, che non ha ancora finito di alimentare le tesi più folli, l’artista ha dipinto in maniera coinvolgente l’evoluzione del Paradiso, dai suoi primi istanti, in giardino dell’Eden (sul pannello di sinistra), fino alla terribile rappresentazione dell’Inferno (su quello di destra) passando dal teatro delle passioni sregolate (nel pannello centrale). 

Questo giardino, chiamato “Giardino di delizia”, appare al contempo come simbolo della Creazione più serena, evocata all’inizio della Genesi, ma anche occasione della più estrema perdizione. Un contrasto singolare, all’epoca in cui quest’opera fu concepita: si era al crocevia tra Medioevo e Rinascimento, ma pure alla vigilia delle guerre di religione… 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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